L’Italia tagliata fuori dalla conversazione globale online?
Mentre nei giorni della tragedia di Mumbai il sito inglese di Global Voices ha ricevuto circa 23.000 visitatori unici al giorno, in Italia il sito ha raggiunto a fatica i 400 visitatori quotidiani e qualche fugace link – Un appello per l’ edizione italiana di GV
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di Bernardo Parrella
I tragici eventi di Mumbai hanno confermato l’estrema importanza del citizen journalism e della comunicazione orizzontale basata sui new media. Contesto in cui è emersa nuovamente la centralità di Global Voices Online, progetto non-profit lanciato nel 2004 presso il Berkman Center (Harvard University) che mira ad aggregare e amplificare la conversazione globale online gettando luce su luoghi e persone spesso ignorati dagli altri media.
Il primo intervento riguardo Mumbai è apparso su Global Voices alle ore 19:01 UTC/GMT di mercoledì 26 novembre (le 20:01 in Italia, circa un’ora dopo i primi attacchi), rilanciando notizie e riflessioni appena diffusi in particolare da cittadini indiani nella blogosfera, su Twitter, Facebook, comunità online. Non tanto per ‘essere i primi a dare la notizia’, cosa giustamente riservata ai lanci d’agenzia, quanto piuttosto per contestualizzare e dare risalto alle voci dei cittadini-reporter.
Quel primo post, firmato da Neha Viswanathan, indiana residente a Londra, è stato poi seguito a ritmo incalzante da molti altri nelle ore e giorni successivi, fino a creare uno Speciale che alla serata di Sabato 29 novembre ha totalizzato oltre 20 post, una decina di notizie in breve, centinaia di commenti complessivi, innumerevoli link e rilanci su blog, siti e testate intorno al mondo. Tra queste, la CNN ha brevemente intervistato la stessa Neha Viswanathan, segnalandone le note su Twitter e nei report online, e producendo la schermata di Global Voices in diretta TV. Altri stralci da quei post sono apparsi, fra gli altri, su testate quali Reuters, New York Times, e Le Monde e rue89.com in Francia. Come conseguenza, il sito inglese di Global Voices ha ricevuto circa 23.000 visite uniche il 26 novembre e 26.000 il giorno successivo, da Paesi quali (nell’ordine) USA, India, UK, Canada, Australia, Cina e Malesia.
Mentre lo Speciale continua a essere aggiornato regolarmente con post, notizie, commenti.
E in Italia? In questi giorni abbiamo rapidamente tradotto una decina di quei post sui fatti di Mumbai, inoltrato notizie e link a una varietà di contatti, raccogliendo a fatica meno di 400 visitatori unici quotidiani e qualche fugace link nei due giorni critici. Ulteriore riprova di come, contrariamente al resto del mondo, in Italia manchi nettamente l’attenzione del grande pubblico e della grande informazione, che pure ha accennato al ruolo svolto dai citizen media e dal web sociale nella circostanza. A parte lo scambio-link attivo con Agoravox Italia e una veloce menzione sul quotidiano L’Unità, nessun altro ha segnalato il lavoro e i post tradotti dal team di Global Voices in Italiano – tagliando fuori ancora una volta i cittadini e lettori italiani da una conversazione globale e senza filtri che privilegia gli strumenti della Rete.
Come ridurre quest’ennesimo gap partecipativo?
Intanto, i contenuti di Global Voices, inglesi e italiani, vengono pubblicati sotto licenza Creative Commons e quindi sono liberamente riproducibili. Semplice anche implementare collaborazioni o partnership ad hoc con qualsiasi testata interessata. E per chiunque abbia a cuore queste tematiche, l’invito è quello di rilanciarle su siti, blog, mailing list, Facebook, etc., oltre che impegnarsi nel passa-parola online e offline. Ma occorre soprattutto contattare e coinvolgere giornali, radio o TV locali, onde far includere titoli e post di Global Voices nei loro siti d’informazione o avviare iniziative analoghe.
Siamo ancora in tempo per allargare l’area della partecipazione ;)
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