Customize Consent Preferences

We use cookies to help you navigate efficiently and perform certain functions. You will find detailed information about all cookies under each consent category below.

The cookies that are categorized as "Necessary" are stored on your browser as they are essential for enabling the basic functionalities of the site. ... 

Always Active

Necessary cookies are required to enable the basic features of this site, such as providing secure log-in or adjusting your consent preferences. These cookies do not store any personally identifiable data.

No cookies to display.

Functional cookies help perform certain functionalities like sharing the content of the website on social media platforms, collecting feedback, and other third-party features.

No cookies to display.

Analytical cookies are used to understand how visitors interact with the website. These cookies help provide information on metrics such as the number of visitors, bounce rate, traffic source, etc.

No cookies to display.

Performance cookies are used to understand and analyze the key performance indexes of the website which helps in delivering a better user experience for the visitors.

No cookies to display.

Advertisement cookies are used to provide visitors with customized advertisements based on the pages you visited previously and to analyze the effectiveness of the ad campaigns.

No cookies to display.

iPad, il pericolo della “regressione”

iPad2 Su BuzzMachine Jeff Jarvis giudica la nuova creatura di Apple uno strumento “limitato” e pericoloso, perché non solo è privo di interattività ma soprattutto perché “cerca di convertici tutti di nuovo in audience” – Il rischio che possa spingere  “gli editori a sbagliare di nuovo concentrando le loro speranze sul passato invece di guardare al futuro”

—–

Le osservazioni fortemente critiche di Narvic su Novision (vedi Lsdi, L’ iPad, per la stampa la fine di una illusione), vengono confermate da un’ altra voce, molto autorevole, che ridimensiona l’ entusiasmo di questi giorni per l’ iPad. E’ quella di Jeff Jarvis, giornalista e osservatore delle cose del web sul suo seguitissimo blog, BuzzMachine, secondo cui anzi la creatura di Steve Job sarebbe “regressiva” e “limitata”. Non solo  perché non ha interattività, non ha videocamera o porte Usb e si basa soltanto su applicazioni. Ma anche perché spinge gli editori a sbagliare di nuovo concentrando le loro speranze sul passato invece di guardare al futuro.

L’  iPad è regressivo – dice Jarvis in un post dedicato ai “pericoli dell’ iPad” -. Cerca di convertirci di nuovo in una audience. E’ questo il motivo per cui l’ industria dei media e gli inserzionisti lo stanno accogliendo con tanto fervore, perché pensano di poterci riportare tutti ai loro bei vecchi tempi, quando eravano solo consumatori, e non creatori,  quando controllavano la nostra esperienza mediatica e i modelli di commercio, e noi tutti li tenevamo in piedi.

L’ esempio più assurdo, estremo – secondo Jarvis –, è  l’ applicazione di Time Magazine, che di fatto non è altro che un pdf della rivista (con aggiunto uno strambo video). Peggio della pagina web: non possiamo commentare, non possiamo fare remix, non possiamo uscire, non possiamo rientrare, e credono che valga 4,99 dollari alla settimana. Anche se le foto sono buone.

Ecco perché stiamo sentendo tante giustificazioni sui limiti dell’ iPad: è stato pensato per il consumo, ci dicono, non per la creazione. Sentiamo anche dire, come nell’ analisi critica di David Pogue, che è il computer di nostra nonna. Questa cantilena è intrinsecamente snob  e insultante. Dà per scontato che nostra nonna non abbia niente da dire. Mentre dopo 15 anni di internet sappiamo che ne ha tante di cose da dire.

E’ da tempo che vado dicendo che il telecomando, la tv via cavo e i videoregistratori ci hanno dato il controllo del consumo dei media; mentre internet ci ha dato il controllo sulla loro creazione. Pew dice che un terzo di noi crea contenuti per internet. Ma tutti commentiamo i contenuti, con la posta elettronica o se stiamo mangiando un boccone da qualche parte. In un modo o nell’ altro tutti noi diffondiamo, reagiamo, rielaboriamo o creiamo. Però non con l’ iPad.