Customize Consent Preferences

We use cookies to help you navigate efficiently and perform certain functions. You will find detailed information about all cookies under each consent category below.

The cookies that are categorized as "Necessary" are stored on your browser as they are essential for enabling the basic functionalities of the site. ... 

Always Active

Necessary cookies are required to enable the basic features of this site, such as providing secure log-in or adjusting your consent preferences. These cookies do not store any personally identifiable data.

No cookies to display.

Functional cookies help perform certain functionalities like sharing the content of the website on social media platforms, collecting feedback, and other third-party features.

No cookies to display.

Analytical cookies are used to understand how visitors interact with the website. These cookies help provide information on metrics such as the number of visitors, bounce rate, traffic source, etc.

No cookies to display.

Performance cookies are used to understand and analyze the key performance indexes of the website which helps in delivering a better user experience for the visitors.

No cookies to display.

Advertisement cookies are used to provide visitors with customized advertisements based on the pages you visited previously and to analyze the effectiveness of the ad campaigns.

No cookies to display.

Nazionalizzare Facebook, ‘’per evitare la sua scomparsa’’

Maltrattata dai mercati, che l’ hanno punita al momento del suo arrivo in borsa, attaccata dai suoi utenti, che l’ accusano di violare la loro vita privata, Facebook  sembra oggi in isolamento. Mentre  2 anni fa il suo fondatore, Mark Zuckerberg, era stato l’ eroe di un film hollywoodiano, oggi qualcuno ipotizza addirittura la scomparsa pura e semplice della più importante delle reti sociali.   Questa amara costazione è stata condivisa in particolare, in un intervento pubblicato da Slate, da Philip N. Howard, professore di Comunicazione e informazione all’ Universtà di Washington e membro del Center for Information Technology Policy di Princeton.   Di fronte a queste minacce, Howard afferma di possedere una soluzione radicale: la nationalizzazione.

Facebook  “si è comportata molto male”

Il suo ragionamento – racconta Jérôme Hourdeaux sul Nouvel Observateur– parte dal principio che ‘’nel corso degli ultimo anni Facebook è diventato un bene pubblico e una risorsa sociale importante’’ e che quindi è dovere degli Stati assicurare la sua sopravvivenza. Perché Philip N. Howard è particolarmente severo sulla gestione di Mark Zuckerberg : “si è comportato molto male e questo potrebbe costargli caro’’.       In effetti, per Hourdeaux, Facebook avrebbe perso la fiducia dei suoi utenti. Secondo una recente ricerca – aggiunge NO – la metà degli americani si  immagina una scomparsa pura e semplice della rete. E una delle principali ragioni di questa disaffezione sarebbero le accuse di violazione della privacy che vengono continuamente rivolte nei confronti della società. E a cui l’ azienda ha raramente risposto in maniera convincente.       E la situazione non è più brillante sul versante finanziario.       Incensato da parte della stampa finanziaria e dagli investitori per tanti anni, Mark Zuckerberg si è beccato una fortissima umiliazione quando ha messo in borsa la sua società.  Da allora Facebook continua ad accumulare cattive notizie, con una cifra d’ affari più bassa del previsto e la rivelazione che una parte significativa dei suoi profili sono falsi.       Ma, eccoci, secondo Howard la rete sociale è insostituibile. Con l’ 80% del mercato, Facebook è di fatto in una situazione di monopolio. L’ unica soluzione quindi è prendere il controllo della società, anche temporaneamente. ‘’Quando la nazionalizzazione avrà ricostituito la fiducia del pubblico, la partecipazione pubblica potrà essere ridotta’’, osserva il ricercatore.

 

Il ruolo sociale di Facebook

Questa nazionalizazione – continua l’ articolo – permetterebbe di regolare una volta per tutte le questioni della protezione della privacy. E poi offrirebbe a Facebook la possibilità di giocare pienamente il suo ruolo sociale, proteggendo per esempio i suoi utenti che vivono in paesi dittatoriali. Infine, i dati accumulati dalla rete costituirebbero una vera miniera di informazioni per i ricercatori e permetterebbe di realizzare degli studi sociali o nel campo della salute pubblica.       Philip N. Howard, comunque non si fa illusioni e sa che il suo appello è votato alla sconfitta.       Il senso della sua sua iniziativa è soprattutto quello di sollevare la questione e costringere Facebook a rispondere. Perché, secondo lui, non c’ è nessun dubbio: ‘’Facebook è già una infrastruttura pubblica e dovrebbe essere già trattata come tale’’.