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Poster di Bowling For ColumbineLa ‘’dogana’’ dell’ informazione.
Come il sistema mediatico, secondo Chomsky, filtra e orienta la realtà imponendo il consenso agli interessi delle élite

Il rapporto tra potere politico e verità, intesa come l’immagine del mondo fornita ai cittadini dal sistema dei media, è al centro di una tesi sul pensiero di Noam Chomsky, che alla questione ha dedicato una parte rilevante delle sue riflessioni e dei suoi interventi.
‘’Potere politico e valore della verità in Noam Chomsky’’ è il titolo della tesi con cui Veronica Bottasini* si è laureata in Filosofia all’ Università Statale di Milano, analizzando come questo rapporto venga concepito nelle moderne democrazie alla luce delle critiche severissime che il linguista americano ha rivolto e continua a rivolgere al sistema mediatico, soprattutto negli Usa.

Nella sua analisi Chomsky critica in particolare due aspetti di questo sistema: da un lato ritiene che i media non siano lo specchio della realtà che descrivono ma piuttosto i portavoce di una particolare visione della realtà rappresentativa delle élite economiche e politiche ai vertici della società; dall’altro critica la filosofia dell’ intrattenimento, base dell’attività dei mass media, considerata da Chomsky come una tecnica per addormentare lo spirito critico degli individui cullandoli in una passività priva di significati.

Chomsky considera i media come gli strumenti  utilizzati,  per costruire il consenso, dalle grandi società di comunicazione, nelle mani dei gruppi al potere. La costruzione di questo consenso, raggiunta attraverso un’azione propagandistica che dà spazio, nella stampa come nelle televisioni, unicamente alla visione del mondo di gruppi al vertice, porta inevitabilmente la popolazione a condividere gli interessi particolari delle élite. Q     uesti interessi, secondo Chomsky, sono formati da una convergenza, nella parte più ‘’alta’’ della società, tra il mondo degli affari e i rappresentanti politici che occupano le poltrone più prestigiose.  Le notizie che appaiono sui media risultano pertanto filtrate attraverso una sorta di dogana dell’informazione che sceglie le priorità da dare e gli argomenti ai quali offrire maggiore visibilità; essi sono assoggettati a criteri di discrezione particolari che non consentono una rappresentazione completa dei punti di vista di tutti i componenti della sfera pubblica. Inoltre, le società di comunicazione che controllano i media si comportano  nei confronti delle leggi di mercato come se fossero normali imprese economiche perseguendo cioè obiettivi prettamente redditizi.

 Queste prime considerazioni – spiega l’ autrice - mostrano come non venga rispettato il postulato democratico secondo il quale i media e la stampa sono organi indipendenti la cui funzione etico-morale è quella di comunicare ai cittadini la verità, soprattutto per quanto riguarda le azioni del potere politico. La popolazione, infatti, non è sempre in possesso degli strumenti necessari per arrivare da sola a questa conoscenza e per poter svolgere un controllo critico sulla sua attendibilità.

L’élite economico-politica – nota Veronica Bottasini - riesce a costruire il consenso nei confronti della sua interpretazione del reale sfruttando la sua autorità che rappresenta una  fonte primaria di credenza popolare; i cittadini infatti non sono sempre nelle condizioni di poter accedere direttamente alla verità dei fatti ed è pertanto portata da un istinto naturale a credere alla versione dei fatti proposta sui mezzi di comunicazione dall’autorità. Essa, grazie a questo privilegio, è in grado di diffondere e far condividere alla popolazione i valori che la rappresentano abituando gli individui ad accettare determinate interpretazioni della realtà esenti da ogni possibile messa in discussione.

Il risultato è ottenuto sui media attraverso un meccanismo di autocensura caratteristico degli intellettuali, soprattutto dei giornalisti, che hanno inglobato, attraverso il sistema educativo, quei valori che l’élite vuole difendere e che essi diffondono fra la popolazione.  Pertanto grazie alla costruzione del consenso l’autorità politica mantiene il potere e lo status quo.
 
I media non si limitano quindi a svolgere una funzione prettamente informativa ma sono per gli uomini un punto di riferimento ontologico sulla realtà che ne guida le esperienze. Questa creazione del consenso è facilitata dal fatto che esiste un vizio di fondo di natura gnoseologica nella teoria democratica consistente nel fatto che le informazioni passate attraverso i media si riferiscono a fatti al di fuori del campo visuale degli individui; non vi è pertanto una corrispondenza diretta fra le immagini e il mondo esterno e questo rende gli individui incapaci di stabilire con certezza la verità o la falsità di molte affermazioni. Questa necessità dell’autorità politica di costruire un consenso attraverso un’azione propagandistica rimanda ad un’altra deformazione della teoria democratica riguardante il modo di considerare la massa: essa non è considerata come attore protagonista del processo politico ma è, al contrario, ritenuta incapace di comprendere i reali interessi comuni e, ridurla a mero spettatore non partecipante, da interpellare solo per esprimere il consenso verso uno dei membri dell’élite, è sentito come uno scopo primario del potere.

Questa necessità di rendere la massa spettatore non partecipante è facilitata dal secondo ruolo fondamentale dei media nella società, che consiste nell’intrattenere il pubblico attraverso una bombardamento informativo che soffoca il nostro spirito critico e ci distoglie dalle questioni più importanti. L’eccesso informativo finalizzato all’intrattenimento del pubblico conduce ad una completa mancanza di certezze in quanto le notizie del giorno fornite attraverso i mezzi di comunicazione sono slegate fra loro, prive di un contesto che fornisca loro un senso e di un quadro teorico all’interno del quale poter svolgere una loro analisi critica.

In questo eccesso di informazione, che altro non è se non disinformazione, siamo disposti a credere a qualsiasi tipo di verità espressa dai media soprattutto se supportata dalla parola dell’autorità o di un esperto nel suo determinato campo di competenza, figura che sempre più sta prendendo il posto di quella dell’intellettuale dissenziente e critico nei confronti del potere. Il mondo è quindi trasformato dai mezzi di comunicazione in un meta-mondo composto di rappresentazioni mediali cucite insieme. Chomsky  ritiene che questo meta mondo rappresenti una secca perdita di razionalità e di libertà e quindi una riduzione della democrazia. Da una parte, infatti, il bombardamento informativo agisce come una sorta di censura poiché rende gli individui incapaci di distinguere il vero dal falso e ciò che è importante da ciò che non lo è, mentre, dall’altra non è garantita a tutti e in egual misura la possibilità di utilizzare i media come strumenti democratici di comunicazione atti a promuovere il dibattito pubblico considerato da Chomsky il motore di ogni democrazia.    

Ciò che Chomsky auspica è un ritorno ai principi democratici originali che prevedono una società in cui la discussione autonoma è diffusa e allargata attraverso i mezzi di comunicazione, il cui onesto utilizzo rappresenta una fonte di legittimità democratica; una società in cui l’autorità è fondata sulla libera discussione di una popolazione all’interno della quale vi siano tante persone che esprimono le loro opinioni quante sono quelle che subiscono quelle altrui e che abbiano a disposizione una comunicazione organizzata in modo tale che sia possibile rispondere immediatamente a qualsiasi pensiero.
Tutte le azioni del potere politico dovrebbero essere note al popolo che ha il diritto di esercitare l’uso della ragione pubblicamente attraverso la conoscenza che una stampa libera e vigile deve fornirgli. Chomsky ritiene tutti gli individui in grado di ricercare da sé la verità se forniti di informazioni attendibili; egli ritiene,infatti, di fondamentale importanza far comprendere ai suoi lettori che non esiste un corpus di dottrine non di pubblico dominio ma riservato unicamente agli esperti, che permetta loro di svolgere una critica competente delle azioni del governo e inattuabile dai comuni membri della popolazione. Ogni persona è secondo Chomsky libera e  in grado di arrivare da sé alla verità delle cose.
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* Veronica Bottasini ha 23 anni. Vive e studia a Milano. ([email protected])

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