Cercasi killer per omicidio semplice e necessario: far fuori, finalmente, la “Terza pagina”, un tempo monumento del giornalismo italiano, palestra di intellettuali e di critici che facevano cultura e non spettacolo. Farla sopravvivere ancora – racconta nel suo pamphlet Angelo Lorenzo Crespi, direttore de Il Domenicale – si spiega soltanto con un accanimento terapeutico fuori luogo. Perchè? Perchè la Terza pagina non è più autorevole, ma si è piegata a due vizi di fondo: la spettacolarizzazione e l’adozione di modelli giornalisti più propri della cronaca che della cultura. Insomma, non approfondisce, non fa più pensare, non mette in moto idee, ma è diventata un grande calderone dove tutti i libri sono “best seller”, dove gli scoop sono il più delle volte inventati, dove regna l’inciucio del “tu recensisci me, io recensisco te”, dove a dettare legge sono gli uffici stampa delle case editrici legate ai giornali stessi, ma soprattutto dove a farla da padrone è il modello televisivo.
Eppure l’esordio della Terza era stato autorevole (‘Il giornale d’Italia’ di Alberto Bergamini nel 1901), così come il suo sviluppo almeno fino alla fine degli anni sessanta.
Ma allora quando è cominciato questo ”inizio della fine” questa decadenza inarrestabile? Crespi indica due momenti: la nascita di La Repubblica nel 1976 e il ‘mielismo’. Il primo, ha sancito l’avvio del giornalismo post-moderno con l’uso di modelli tipici del linguaggio televisivo: frammentato, rapido, fondamentalmente disattento. Il secondo, ha introdotto, con la direzione del ‘Corsera’ di Paolo Mieli (poi pentitosi), di criteri simili nella Terza pagina e basati sull’ “infotainment” (information e entertainment, informazione e spettacolo).
“La diminuita qualità  dell’informazione – osserva Crespi -…comprime e tende progressivamente ad eliminare l’analisi in profondità sulle origini e le ragioni degli eventi di cui si tratta, riconducendo ai minimi termini la tesi, per dare sempre più spazio al pettegolezzo, alla notizia di spettacolo. Ovvero: il contrario della cultura”.
Da allora un vero e proprio diluvio: la Terza si è uniformata al modello di giornalismo imperante nel quale lo spettacolo predomina sull’approfondimento. Crespi si diverte a fare alcuni esempi, dal divo della tv che monopolizza la pagina della cultura a scapito di uno dei più grandi filosofi viventi, al libro rivelazione sugli eccidi dei partigiani che poi tanto scoop non è, e così via. Al tempo stesso – aggiunge – mancano le idee e gli uomini per incarnarle, visto che l’intellettuale è morto. E come potrebbe essere altrimenti, spiega Crespi, se il suo compito ” comparare con la stessa attenzione Superman e Immanuel Kant, Rita pavone e Martin Heidegger, Topo Gigio e Marcel Proust”. E così il vero nodo è quello della tv, “soprattutto per il peso che essa ha assunto nel panorama culturale italiano”. E ancora: “in questa delirio autoreferenziale di divertimento, intrattenimento, velocità  , immagini, appare definitivamente superata la logica del pensiero che apparteneva all’intellettuale, la logica del discorso culturale che presupponeva tempo, pause, riflessioni”.
Per tutte queste ragioni, a giudizio di Crespi, sia benvenuto il killer che porrà definitivamente termine – e senza tante lacrime – ai giorni della Terza “questa bulimica maitresse vecchia e sconcia che abbindola i giovani con arti vetuste senza poi restituire ai pagatori quanto promette” mischiandosi con l’effimero.
Insomma: tv sbrigati…
(ANSA).