di Massimo Mantellini
Credo che le ragioni siano molte. La prima è certamente una ragione competitiva. Nel momento in cui l’informazione, il rimando a notizie raccolte in rete, il parere di esperti delle materie più varie che hanno un blog, salta il filtro solito dell’editoria professionale i suoi rappresentati vivono questo affronto – giustamente – come una pericolosa invasione di campo. Oggi per molti utenti evoluti dell’informazione i blog sono diventati una fonte quotidiana di spunti, collegamenti commenti e quant’altro e lo sono diventati a scapito di altre fonti, prime fra tutti quelle autorevoli e dotate di direttore responsabile. Si cerca così di contestare questa evidenza (in Italia ancora non accade ma in USA per esempio il potere di indirizzo di certi blogger molto letti è ormai simile a quello di un quotidiano) nella maniera più semplice fra le tante disponibili: denigrando ciò che spessisimo non si ha la possibilità di essere. Liberi, velocissimi, ascoltati. Il sogno infranto di gran parte dei professionisti dell’informazione del belpaese.
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Liberi, velicissimi e ascoltati. I blogger talvolta lo sono e lo saranno sempre di piu’, hanno la possibilita’ di esserlo ed anche solo questa potenzialita’ sembra un affronto da lavare nel sangue.
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Da quando esistono i sistemi di personal publishing, da quando abbiamo tecnologie per aggregare simili contenuti e per tenerne traccia, il cammino del lettore dalle 4 fonti sul web che era solito leggere ad una moltitudine di siti informativi articolata e varia (siti di news, weblog, e-zine, mailing list ecc) da consultare ogni giorno e’ iniziato. Se si vuole fare la figura dei fessi si puo’ provare ad opporsi. Cosi’ accade curiosamente che per i giornalisti i blog non siano informazione mentre per gli scrittori non sono letteratura, per i poeti probabilmente i blog non saranno nemmeno poesia.
Esistono altre ragioni meno importanti per cui i giornalisti odiano i blog. Intanto i blog sono diventati in tutto il mondo un centro di filtro del loro lavoro. Tu scrivi una stupidaggine e nel giro di poche ore troverai decine di blog che la riportano, la analizzano e la sbeffeggiano. E’ una forma di giudizio popolare (spesso piuttosto primitivo e grossolano) al quale la stampa non e’ abituata. Usa, come se non bastasse, i suoi stessi linguaggi e le sue stesse modalita’ espressive. La rubrica lettere al direttore, una volta unico spiraglio di un feedback edulcorato e benevolo oggi ha occupato spazi inimmaginabili, fino ad assediare i giornali stessi.
Cosi’ il re e’ nudo e lo e’ in mille pose differenti. I giornalisti – tocca dirlo – come noi, spessissimo, copiano. Prendono un articolo dalla stampa internazionale lo traducono alla bellemeglio e lo spacciano come farina del loro sacco. Da quando esiste Internet e tutti hanno accesso alle fonti che una volta erano riserva di caccia dei professionisti dell’informazione il giochetto e’ diventato molto piu’ pericoloso. Ecco un’altra ottima ragione per odiare i blogger, i cani da guardia dell’informazione. Non basta?
Attorno ai blog, alle formidabili innovazioni tecnologiche ad essi legati si stanno coagulando energie ed intelligenze. Persone che comprendono potenzialita’ e freschezza di simili forme di comunicazione e che decidono di studiarle e seguirle, che provengono esse stesse dal mondo del giornalismo e della cultura (penso a Telco di Franco Carlini, al Barbiere della Sera a Nazione Indiana), liberati dal giogo di mendicare una collaborazione saltuaria che non arrivera’, un editore che il tuo libro non distribuira’ a dovere, uno spazi minimo e malpagato su un quotidiano che vende a malapena 3000 copie. Un castello di piccoli e grandi privilegi che inizia a crollare perche’ nasce una alternativa certamente non economicamente significativa ma almeno soddisfacente dal punto di vista personale.
E allora per finire magari un po’ scherzando.
I giornalisti (non tutti i giornalisti per carita’) odiano i blog perche’ talvolta pensano che il foglio di carta che hanno faticosamente raccimolato, l’iscrizione all’ordine professionale li debba in qualche maniera garantire dalla marea di "fancazzisti" che si affacciano oggi in rete ad imitarne le gesta. I giornalisti (certi giornalisti per carita’) odiano i blog perche’ il mondo editoriale italiano ha in questi anni selezionato spesso per clientele (come tutti gli ambiti professionali con un qualche peso) e insomma del cognome che portano si dovra’ pur tenerne conto. I giornalisti (solo alcuni, i peggiori) odiano i blog perche’ vogliono ancora continuare a scrivere che c’e’ gente in giro che fa crescere i gatti in bottiglia e gli scoccia che qualcuno gli faccia notare che si tratta di una balla (e loro, poveri che ci hanno creduto). I giornalisti odiano i blog perche’ non sanno cosa siano e non hanno nessuna voglia di informarsi. I giornalisti (solo alcuni i piu’ zucconi) odiano i blog perché pensano che per comunicare con gli altri si debba frequentare una scuola apposita se no poi gli altri (che sono zucconi) non ti capiscono. I giornalisti (molti, non tutti, ma molti si’) odiano i blog perche’ odiavano Internet prima e gran parte del lavoro era gia’ fatto e allora fatto 30 facciamo 31. I giornalisti odiano i blog perche’ e’ come in quel gioco nel quale ad ogni stop della musica si toglie una sedia. E insomma, loro, con rispetto parlando, hanno paura alla fine di rimanere in piedi. A guardarsi la punta delle scarpe pensando a tutta la fatica sprecata per non essere poi proprietari di un bel niente. Esattamente come un blogger.
Il testo integrale dell’ articolo http://www.mantellini.it/giornalisti.htm
Chi è Massimo Mantellini http://www.mantellini.it/about.htm
Per saperne di più sui blog: http://www.bookcafe.net/blog/blog.cfm?id=146
E, più in particolare, teorie sulla ”blogosfera":
http://www.bookcafe.net/blog/archivio.cfm?categoria=Teoria%20dei%20blog