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La pubblicità nascosta si affida anche alla memetica, la ‘’scienza’’ delle epidemie culturali


EÂ’ nata nel 1976 da un parallelismo gene/genetica, meme/memetica – Dove meme sarebbe una sorta di particella elementare della trasmissione culturale, un agente infettivo che diffonde in maniera virale il contagio delle idee – Seminari per gli uomini del marketing – Verrà infettata anche lÂ’ informazione giornalistica?
 
  
Andando a braccetto con il marketing virale e con la teoria degli ‘’small worldsÂ’Â’*** ( traducibile volgarmente con un ‘’come è piccolo il mondoÂ’Â’) http://www2.sif.it/riviste/nsag/nsag-2005-03-04/06.pdf  – la memetica – dicono gli esperti – http://memetica.interfree.it/ - ‘’ci svela i ‘trucchiÂ’ e i segreti della propagazione delle idee, ci indica una ricetta di sicuro successo per realizzare il contagio delle menti, per ingegnerizzare unÂ’ epidemia sociale e un desiderio irresistibile verso un prodotto, un servizio, un brand, unÂ’ idea. Producendo, per così dire in laboratorio, virus mentali particolarmente adatti a scorrazzare ed impiantarsi saldamente nella testa della gente, attraverso tecniche di indagine innovative fondate sul potere dei principi darwinianiÂ’Â’.
 
Un esempio? ‘’Secondo il paradigma memetico è di fondamentale importanza conoscere i passaggi e i meccanismi  dell’ algoritmo evoluzionistico di Darwin (blind variation and selective retention), responsabile, se correttamente interpretato, di una straordinaria ricchezza di esempi e casi di creatività ottenuti con pochissimo dispendio di energie e costi. Un vero motore di novità, attraverso l’esplicazione di una procedura apparentemente semplice. E la teoria dei memi si fonda proprio su un simile programma universale per interpretare operativamente il senso stesso della conoscenza, della cultura, della società’’.
 
 
A queste presunte scienze si affida la sperimentazione di nuove tecniche di pubblicità nascosta, che si avvicina sempre di più anche dalle nostre parti. Tanto che – come informa Itnws ( qui ) – cominciano a svolgersi sull’ argomento dei seminari specifici (anzi degli ‘’one day seminar’’, come si dice in gergo, con ‘’sconti speciali sui pranzi’’). Uno si e’ svolto il 19 a Roma, il prossimo sara’ il 3 dicembre a Milano.
 
 
Ma come funzionerebbe il marketing virtuale? Si basa – osserva Itnews – su una strategia mirata ad ‘’allargare la visibilità di un prodotto diffondendola come se fosse un virus, cioè facendo sì che le persone si passino messaggi pubblicitari spontaneamente, senza quasi rendersene conto. Succede a molti di noi, con le catene di S.Antonio, i tormentoni pubblicitari, i videoclip o videogiochi (advergame) con contenuto pubblicitario inoltrati via mail, i pettegolezzi su star del cinema diffusi prima dellÂ’uscita dei loro film. Dal passaparola tradizionale a quello virtuale: il marketing virale può propagare messaggi promozionali a grandi distanze, velocemente e con costi minimiÂ’Â’, spiega Cristina Bettio di ITnews. Aggiungendo che docente delle due giornate ‘’sarà Stefano Santori (professore universitario, Master Trainer di PNL, consulente ministeriale), fondatore di Metaconsulting e attualmente il maggior esperto italiano di memeticaÂ’Â’.
 
 
Tenendo conto che già nel Luglio 2002 la Federal Trade Commission americana aveva lanciato un allarme sulla pubblicità nascosta (online) e che forti polemiche erano scoppiate nell’ aprile scorso (http://wikilab.net/archivi/2005/04/02/update-sulla-pubblicita-nascosta-di-wordpressorg/) sulla pubblicità nascosta in una piattaforma blog, ci possiamo chiedere: non è che, come per tutte le novità che riguardano la pubblicità, ci sarà qualche uomo di marketing che cercherà di usare i virus memetici anche nell’ informazione giornalistica?
 
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***Il cosiddetto fenomeno dello small world è stato interesse di studio dei sociologi già 40 anni fa. Nel 1967 Steven Milgram effettuò il primo di una serie di esperimenti volti a misurare il numero di passaggi necessari per connettere due persone, scelte a caso, negli Stati Uniti . Milgram  chiese ad un centinaio di persone di Omaha in Nebraska (appartenenti a varie tipologie sociali) di recapitare una lettera ad un individuo target, uno stockbroker di Boston (identificato solo dal nome, dalla professione, e dalla città ) utilizzando una catena di amicizie. Ad ogni partecipante all\’esperimento veniva richiesto di passare la lettera a quello dei suoi amici che lui reputava il più vicino possibile al target, con lo scopo di raggiungere il target con il minore numero di passaggi possibili.
Ci si aspettava che la lettera dovesse compiere centinaia di passaggi prima di raggiungere il target finale. Invece, analizzando il percorso compiuto dalle lettere arrivate a destinazione Milgram misurò una lunghezza media di 6 passaggi e questo risultato fu alla base della famosa nozione popolare dei “sei gradi di separazione\’\’: nonostante la popolazione mondiale stimata nel 2003 sia di circa
6 x109, due persone possono essere connesse tramite una catena lunga solo 6 passi!! ( http://www2.sif.it/riviste/nsag/nsag-2005-03-04/06.pdf ).
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