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Summit Tunisi: (non-)risultati e prospettive

. Un bilancio piuttosto deludente nellÂ’ esperienza della società civile italiana – I non-risultati di Tunisi, in sostanza, confermano la tendenza generale che vede un decremento cospicuo degli impegni finanziari dei Paesi più avanzati nei confronti delle iniziative di Cooperazione allo Sviluppo in generale, rafforzando l’inclinazione ad elaborare nei grandi Summit obiettivi teorici (come gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio), senza poi provvedere agli strumenti che rendano tali obiettivi concretizzabili.

 (a cura di Jason Nardi)
 
1) Il Summit nel suo insieme
 
Sui risultati del Summit concordiamo con le valutazioni fatte dalle centinaia di associazioni di societa\’ civile internazionale, che hanno rilasciato un comunicato elaborato collettivamente. Pur riconoscendo alcuni risultati positivi, la valutazione complessiva dellÂ’evento è tuttÂ’altro che positiva, se si considerano gli obiettivi con cui la società civile era entrata nel processo preparatorio: lÂ’adozione di meccanismi di finanziamento per ridurre gli squilibri mondiali nel campo delle tecnologie e dellÂ’informazione; la costruzione di una visione della società dellÂ’informazione centrata sulle persone, in un contesto di giustizia sociale e di sviluppo inclusivo; giungere ad una sostanziale trasformazione dei meccanismi di partecipazione politica con lÂ’inclusione delle organizzazioni della società civile a tutti i livelli di governance.
 
Riteniamo che si potesse giungere a risultati assai migliori di quelli negoziati a Tunisi, in particolare per quanto riguarda i meccanismi di finanziamento (ovvero lÂ’impegno da parte dei paesi del Nord a sostenere i processi di sviluppo del Sud, anche attraverso un serio investimento pubblico, non solo nelle infrastrutture ma anche nello sviluppo dei contenuti e della costruzione di capacità locali). Non si è giunti, invece, a riconoscere che questo tema del finanziamento è una delle principali sfide per il futuro e che richiederà nuovi modelli e meccanismi. Gli investimenti privati hanno già dimostrato che il mercato non è in grado di allocare risorse in maniera trasparente ed efficace, verso la realizzazione di società dellÂ’informazione e della conoscenza inclusive e non discriminanti. I non- risultati di Tunisi, in sostanza, confermano la tendenza generale che vede un decremento cospicuo degli impegni finanziari dei Paesi più avanzati nei confronti delle iniziative di Cooperazione allo Sviluppo in generale, rafforzando l\’inclinazione ad elaborare nei grandi Summit obiettivi teorici (come gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio), senza poi provvedere agli strumenti che rendano tali obiettivi concretizzabili.
 
In materia di diritti umani e della loro centralità in una visione complessiva delle società del futuro, né Ginevra né Tunisi hanno affrontato in maniera esaustiva la sfida: oltre all’articolo 19 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, una serie di altri diritti fondamentali devono essere promossi e rafforzati nelle società della conoscenza. In particolare il diritto alla libertà di espressione, alla privacy, alla diversità culturale, all’accesso a tecnologie e contenuti appropriati. Quell’insieme dei “diritti di comunicazione” che richiedono nuove garanzie nel contesto digitale. Diamo il benvenuto dunque, all’iniziativa sostenuta anche da esponenti del mondo politico italiano, per l’elaborazione di una Carta dei diritti per Internet, alla cui stesura intendiamo contribuire in maniera fattiva.
 
Nel campo della governance di Internet, accogliamo con soddisfazione la proposta di costituzione di un forum multi-stakeholder per la discussione delle diverse questioni che emergono in relazione al funzionamento della Rete. Auspichiamo che l’apertura presente nei documenti di Tunisi non costituisca solo l’esito di una negoziazione caratterizzata dalla pressione di raggiungere un accordo; ma che esso venga invece realmente sostenuto da tutte le forze, politiche, economiche e sociali, anche come un nuovo modello di relazione e dialogo costruttivo fra cittadini nella società della conoscenza.
 
Riteniamo che diverse questioni siano rimaste aperte o non abbiano ricevuto la dovuta attenzione. Fra queste la dimensione di genere del divario digitale, anche in relazione ad altri divari; il riconoscimento che la cultura e la conoscenza non possono divenire oggetto di appropriazione, in quanto beni comuni dell’umanità; il ruolo centrale dell’educazione e della ricerca nello sviluppo delle società della conoscenza; la centralità unita alla responsabilità dei media, tradizionali e nuovi, nel trasformare il contesto comunicativo in cui viviamo; il rispetto della diversità culturale come precondizione per processi di sviluppo equi e per relazioni pacifiche fra le comunità del mondo.
 
Così come le strutture della società civile attive nel WSIS continueranno a seguire il processo, anche in Italia si sta operando per dare continuità all’esperienza e rafforzare i legami di collaborazione costruiti in questi anni, estendendo il dialogo sulle prospettive future a tutte le forze e le realtà che operano nei settori dell’informazione, della comunicazione e della cultura. Questo consentirà di seguire costantemente gli sviluppi del WSIS, in relazione alle dinamiche internazionali, e di verificare quanto il governo italiano sarà capace di rispondere agli impegni assunti. Ma consentirà anche di rafforzare la presenza delle organizzazioni di società civile italiane come interlocutori nella definizione di politiche e strategie nazionali in materia di ICT e, in generale, di comunicazione.
 
 
2) Libertà, diritti umani e sicurezza
 
Nel clima generale di altissima sicurezza, con migliaia di poliziotti in borghese in città e all\’interno del Palexpo Kram (sede del Summit), si sono verificati una serie di eventi che gettano forti ombre su un evento internazionale organizzato dalle Nazioni Unite, ma ospitato da un governo repressivo dei diritti umani fondamentali.
I giorni preparatori al Summit hanno visto una situazione di tensione, intimidazione e sistematica proibizione dei diritti di associazione e di comunicazione non solo nei confronti di cittadini e associazioni tunisine dell\’opposizione al governo di Ben Ali, ma anche verso giornalisti e delegati internazionali, inclusi alcuni italiani. Lunedì 14 Novembre, presso l\’Istituto tedesco di cultura (Goethe Institute), doveva svolgersi un incontro preparatorio al Citizens\’ Summit on the Information Society, un evento parallelo al Summit ufficiale organizzato dalle associazioni di diritti umani escluse dal governo tunisino. L\’incontro è stato vietato e i partecipanti (tra cui vari giornalisti stranieri) allontanati con la forza dalla polizia, sempre in borghese, come è stato vietato anche l\’incontro parallelo (www.citizen-summit.org). Altri incontri, presso le sedi di associazioni dei diritti umani riconosciute (come il Consiglio Nazionale delle Libertà), sono stati impediti allo stesso modo, persino negli alberghi, dove i servizi di sicurezza vietavano anche di fare riprese filmate.
 
Fuori dal Summit, nei pochi PubliNet (internet caffé) è esplicitamente vietato “navigare nei siti proibiti”, con tanto di cartello, che però non specifica quali; all\’interno del Summit, con l\’eccezione del Centro Stampa, lo era altrettanto: i siti critici del governo tunisino erano misteriosamente inaccessibili – inclusi quelli di molte organizzazioni italiane presenti, tra cui Amisnet, Lettera22 e Cris-italia. Solo negli ultimi giorni del Summit alcuni incontri e conferenze stampa sono stati possibili, grazie alla mobilitazione e alla solidarietà delle organizzazioni internazionali a sostegno dei diritti fondamentali, e allÂ’intervento diplomatico dei paesi dellÂ’Unione Europea, i quali però non hanno fatto dichiarazioni esplicite negli spazi ufficiali.
 
Di fronte a questa situazione ci associamo al comunicato predisposto dalle organizzazioni promotrici del Summit del cittadini e delle iniziative di monitoraggio sui diritti umani in Tunisia, nell’affermare “Mai più un Summit delle Nazioni Unite si dovrà svolgere in un paese che non rispetta gli impegni assunti a livello internazionale in materia di diritti umani e libertà di espressione”. E sosteniamo la richiesta da questi fatta perché una seria investigazione venga realizzata da parte delle Nazioni Unite sulle violazioni della libertà di espressione che hanno accompagnato questo Summit.
 
 
3) L\’Italia al Summit
 
L\’esperienza di relazione con la delegazione ufficiale, fra i cui componenti ci sono anche esponenti della società civile con cui abbiamo condiviso il lungo percorso che ha portato fino a Tunisi, ha confermato le perplessità emerse in questi anni di preparazione per la fase finale del Summit:
– le istituzioni italiane scontano una evidente difficoltà a rapportarsi con la pluralità delle organizzazioni italiane e degli individui che sono stati attivi nel Summit in questi anni, e che non possono essere riassunte nella presenza formale di singoli rappresentanti nella delegazione. Questo non ha consentito di valorizzare, fra lÂ’altro, la molteplicità di iniziative di informazione realizzate in Italia per far conoscere il Summit, nel tentativo di supplire allo scarso impegno in questo senso da parte del governo italiano.
– Si è manifestato per lÂ’ennesima volta un basso livello di comprensione e di sostegno effettivo dell\’elemento di novità che il WSIS ha introdotto e sostenuto, ossia la partecipazione dei diversi attori inclusa la società civile (approccio multi-stakeholder) nella riflessione sui contenuti del Summit. Questo è stato dimostrato dallo scarso interesse manifestato nei confronti di iniziative di rilievo, anche internazionale, organizzate dalla societa civile nello spazio espositivo italiano o dal non aver fatto alcuno sforzo per consolidare il dialogo con la società civile in occasione di Tunisi.
 
– Si è manifestata una mancanza di prospettiva di lungo periodo su come sostenere in futuro il pur minimo livello di dialogo che si è instaurato in questi anni – in particolare in riferimento al cosiddetto Tavolo di consultazione con la Società civile istituito dopo Ginevra
– Si è manifestata anche una sostanziale indifferenza riguardo allÂ’attualità della situazione di violazione dei diritti umani e della libertà di espressione, centrali nel contesto tunisino. Al contrario, il ministro Stanca si è lasciato andare a dichiarazioni poco felici – “dobbiamo aiutare gli amici che sbagliano” – riferendosi al caso del presidente di Reporter sans Frontiers, cui è stato negato l\’ingresso in Tunisia per il Summit (vedi agenzia AGI).
 
Denunciamo anche il silenzio mediatico con cui il Summit, per l’ennesima volta, è stato accolto in Italia, a parte alcune sporadiche eccezioni. Questo nonostante il cospicuo numero di giornalisti invitati e ospitati sul volo di stato che ha portato in Tunisia la delegazione italiana. La presenza e l’investimento fatto avrebbero potuto, a nostro avviso, produrre risultati molto più significativi, nel tentativo di informare il pubblico italiano su una vicenda assai più rilevante per il futuro sviluppo del paese e della comunità internazionale nel suo insieme, di quanto emerga dall’atteggiamento della maggior parte dei media italiani.
 
Apprezzamento invece va riconosciuto nei confronti dei parlamentari presenti nella delegazione, che hanno partecipato e sostenuto gli incontri della società civile con le organizzazioni dei diritti umani tunisine. Tra questi, l\’On. Gentiloni e l\’Assessore della prov. di Roma Vincenzo Vita, oltre al Sen. Fiorello Cortiana, che durante un\’affollatissima conferenza stampa svoltasi mercoledì 16 novembre presso la sede della Lega Tunisina dei Diritti Umani (affiliata alla FIDH), ha affermato che al suo ritorno richiederà che la Commissione giustiza del Parlamento italiano invii una missione di monitoraggio in Tunisia sulla base dei rapporti presentati da varie organizzazioni e reti indipendenti (Amnesty International, Human Rights Watch, IFEX, FIDH, ecc.). Ci auguriamo che questa proposta abbia seguito e trovi sostegno da parte delle diverse forze politiche italiane.
 
 
4) Per concludere
 
Complessivamente si è avuta conferma che lÂ’interesse del governo italiano, nel partecipare al Summit, rimane centrato sulle opportunità di investimento per le imprese private e sullÂ’espensione degli impegni in materia di cooperazione internazionale nellÂ’area dellÂ’e-government, senza alcun interesse per gli obiettivi più ampi e sostanziali per i quali il Summit è stato indetto: costruire una visione condivisa della società dellÂ’informazione; collegare la riflessione sulle tecnologie di informazione e comunicazione agli obbiettivi del Millennio delle Nazioni Unite e alle strategie per lo sviluppo, verso una sostanziale riduzione dei divari fra paesi del Nord e del Sud; affrontare la sfida posta dalla società della conoscenza in materia di processi decisionali e di necessario coinvolgimento dei diversi soggetti che abitano tale società. Durante l\’incontro dell\’Associazione delle Ong su ICT e MDGs, il Ministero Affari Esteri – attraverso il Ministro Deodato – si è impegnato ad incontrare le Ong e la società civile italiana su questo fronte in tempi brevi.
 
Riteniamo che la partecipazione delle organizzazioni della società civile all’ideazione, alla definizione e alla realizzazione delle strategie per lo sviluppo delle società della conoscenza, non possa realizzarsi attraverso limitate concessioni e impressionistiche aperture al “dialogo”. Tale partecipazione rappresenta in realtà una delle sfide per il futuro e sarà responsabilità prima delle forze politiche, insieme alle organizzazioni della società civile e del settore privato, trovare modalità e meccanismi per realizzare una reale partecipazione nel percorso che da Tunisi porterà alla realizzazione degli impegni assunti.
 
Ci impegnamo, quindi, a seguire gli sviluppi futuri del WSIS, attraverso attività di monitoraggio di quanto il governo italiano farà per rispondere a tali impegni, e contribuendo a mantenere desta l’attenzione da parte del pubblico italiano attraverso informazioni, rapporti, approfondimenti. E lo faremo basando la nostra attività anche sul collegamento con le varie realtà della società civile europea ed internazionale con le quali in questi anni si sono consolidate collaborazioni e si sono progettate iniziative comuni. E auspichiamo che le forze politiche, oltre a dimostrare una maggiore sensibilità per le questioni e le sfide poste dal nuovo ambiente sociale e culturale costituito dalle tecnologie della comunicazione, tradizionali e nuove, dimostrino anche una maggiore disponibilità al dialogo costruttivo e alla cooperazione con quelle realtà della società civile che negli anni hanno costruito competenze ed esperienze preziose per lo sviluppo del nostro paese e perché l’Italia porti un contributo di sostanza allo sviluppo di relazioni pacifiche fra i popoli del mondo.
 
 
Piattaforma italiana della società civile sulla società dell\’informazione
 

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