Fotografia&informazione chiede alle redazioni dei giornali un atteggiamento di maggiore riflessione professionale prendendo spunto da una foto pubblicata il 2 settembre da Repubblica a illustrazione di un articolo sui deportati di Aushwitz
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Maggiore attenzione nell’ utilizzo delle immagini, dato che, in alcuni casi, una fotografia fuorviante può diventare veicolo di “pericolose falsità ”.
Fotografia&informazione chiede, ancora una volta, un atteggiamento di maggiore riflessione professionale prendendo spunto da una foto pubblicata il 2 settembre da Repubblica a illustrazione di un articolo sui deportati di Aushwitz.
La fotografia (”una stazione ferroviaria francese, come si evince chiaramente dalle uniformi dei poliziotti, con un treno passeggeri in sosta, con facce sorridenti e ammiccanti dai finestrini, con viaggiatori in giacca e cravatta e con passeggeri a terra con aria serena e tranquilla”) – spiega un lettore che era stato deportato ad Aushwitz, in una lettera pubblicata dal giornale – ”può far credere che: le deportazioni degli ebrei verso i Campi di Sterminio si facessero impiegando delle normali vetture passeggeri; le cravatte, le camicie e gli indumenti dei deportati fossero in ordine; i volti degli uomini fossero rasati e sorridenti; non ci fosse la presenza dura e impietosa degli SS”.
Concordiamo completamente – commenta Marco Capovilla in un articolo intitolato Deportati su treni di lusso – ringraziando lÂ’attento lettore e testimone per questo vigile monitoraggio dell’utilizzo della fotografia sui mezzi di informazione, almeno per quando riguarda i temi a lui più vicini. Aggiungiamo che l’esito involontario di una illustrazione di tipo didascalico come questa, confondendo valigie con vittime, e inopinatamente privilegiando le prime, vuoi per superficialità , vuoi per fretta, è quello di alimentare il revisionismo, che proprio sulle immagini relative alle condizioni dei deportati ha prodotto alcune tra le più vergognose pagine di “riscrittura della storia”.
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