E intanto vola l’ e-commerce grazie alla censura: gli internauti cinesi sarebbero invogliati ad acquistare on line dalla percezione di ”sicurezza’ della rete. Dopo un’ ondata di misure repressive contro giornali e blog riformisti, la censura cinese si è abbattuta ora contro due siti web legati alla corrente ”conservatrice” del Partito Comunista Cinese, che si rifà dichiaratamente al maoismo.
I due siti, Lavoratori Cinesi (Zhongguo Gongren) e Partito dei Comunisti (Gongchan Dangren), hanno criticato la politica di riforme economiche e di
apertura all’ estero, affermando che essa avrebbe causato i problemi che affliggono oggi il Paese a dispetto della sua forte crescita
economica: corruzione, squilibri sociali, disoccupazione.
“L’ufficio per la propaganda online della città di Pechino”, fanno sapere i gestori dei due siti oscurati, “ci ha ordinato di sospendere ogni attività “.
Le autorità del paese non hanno rilasciato alcuna spiegazione aggiuntiva ed hanno velocemente bloccato ogni accesso ai forum pubblici offerti dalle due organizzazioni politiche. Le due fazioni, dedite ad una feroce critica dell’amministrazione statale cinese, accusano Pechino di aver abbandonato i dettami di Mao Zedong per un insolito regime economico liberista, che ha precipitato il paese nella corruzione dilagante.
Tra dicembre e gennaio sono stati i mezzi d’ informazioni piu’ favorevoli alla riforme ad essere messi a tacere: giornalisti riformisti come i direttori di Notizie di Pechino, del Quotidiano Metropolitano del Sud e del Tempo dell’Interesse Pubblico sono stati licenziati; le autorita’ hanno inoltre chiesto e ottenuto dalla Microsoft americana, che lo ospitava sul suo portale, la chiusura del blog Internet di Michael Anti, un collaboratore cinese del new York Times; infine e’ stato chiuso il popolare supplemento settimanale del Quotidiano della Gioventu’ di Pechino, ”Punto di Congelamento” (il giornale tornera’ nelle edicole la prossima settimana ma senza il suo direttore Li Datong ed il suo reporter di punta Lu Yuegang).
Ma spaventa il governo cinese ,quasi quanto ogni piccolo focolaio di democrazia, anche il radicalismo neo-maoista, che si starebbe sviluppando anche in seguito all’ acuirsi delle disparità fra ceti urbani e rurali.
Intanto, secondo una ricerca di Assolaw – un network internazionale di servizi economici molto attivo in Asia (qui)– la Cina sarebbe in procinto di diventare la patria dellÂ’ e-commerce. Il 70% degli internauti (che oggi sarebbero 110 milioni) fa acquisti on line.
A favorire tale crescita – rileva ITnews –
– sarebbero anche i controlli su Internet, ”e paradossalmente anche le azioni di censura”, che contribuiscono ad incrementare la percezione di sicurezza dell’internauta cinese ”che interpreta il luogo virtuale come luogo vigilato” dove poter effettuare in tranquillita’ i propri acquisti.