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CITIZEN JOURNALISM/2: PARTIRAÂ’ IN APRILE NEW ASSIGNMENT, TERZA VIA AL GIORNALISMO

Lo ha annunciato il suo creatore, Jay Rosen – Dalla fine dell’ anno cominceranno una serie di test, ma la data di partenza è subordinata alla effettiva raccolta delle risorse




Documento senza titolo

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Partirà il primo aprile 2007 NewAssignment.net, un modello che punta a superare la contrapposizione tra giornalismo professionale e grassroot journalism conservando intatta l’ aspirazione a una informazione di qualità e di spessore. Lo ha annunciato lo stesso creatore, Jay Rosen, spiegando che dalla fine del 2006 cominceranno una serie di test e che comunque la data di partenza ‘’è subordinata alla raccolta delle risorse’’ preventivate.
Oltre a dare lÂ’ annuncio Rosen offre unÂ’ ampia presentazione dellÂ’ iniziativa sul sito di NewAssignment ( http://newassignment.wordpress.com/2006/08/19/welcome-to-newassignmentnet/).

Dell’ iniziativa avevamo già parlato ampiamente il 2 agosto scorso (Giornalismo di qualità finanziato da donazioni, https://www.lsdi.it/versp.php?ID_art=333). Il tentativo di Rosen è sempre al centro dell’ attenzione e ad esso Apogeonline dedica un ampio articolo di Nicola Bruno: ‘’Nasce New Assignment, terza via al giornalismo’’ (qui: http://www.apogeonline.com/webzine/2006/08/29/01/2006082901766).Dopo aver analizzato in profondità i meccanismi alla base del progetto e accennato al dibattito che esso ha sollevato negli Usa, Bruno affronta anche le questioni di carattere economico.   

‘’Naturalmente – spiega – , il progetto di Rosen non rappresenta un modello di business sostenibile per il futuro del giornalismo online. Come ha ben evidenziato David Weinberger, New Assignment non dà alcuna risposta alla domanda «Da dove arriveranno le risorse per finanziare il buon giornalismo in questo selvaggio mondo dei new media che stiamo costruendo?». La domanda che pone è invece unÂ’altra: «Come possono giornalisti e cittadini lavorare insieme, in pubblico?». Di qui Weinberger suggerisce di guardare a New Assignment come a una sorta di marchio di boutique, capace di coprire storie in gran parte ignorate dai media tradizionali e di cui il pubblico avverte una reale esigenza di approfondimento.
Seppur in unÂ’ottica costruttiva, molti altri blogger statunitensi hanno puntualmente richiamato lÂ’attenzione su questioni che restano ancora aperte. Mark Glaser, ad esempio, fa notare che la scelta di retribuire solo gli editor e i reporter potrebbe essere avvertita come ingiusta da parte di quegli utenti che parteciperanno attivamente al progetto. Will Bunch esprime dubbi sulla possibilità di tradurre il modello a livello di news locali, in quanto i finanziamenti non potrebbero essere sufficienti. Chris Anderson invece si chiede se davvero i risultati potranno essere “open” per tutti.
Con modestia e spirito di apertura, Rosen non nasconde le tante difficoltà intrinseche al progetto. Certo è che questo cocktail di smart mobs e reporter ed editor, in cui il grande escluso è proprio lÂ’industria dei media, è destinato a far discutere molto. E perché no, anche a dar fastidio a qualcuno, se davvero – conclude Bruno – riuscirà a far sua quella spinta irriverente che ha caratterizzato il citizen journalism in questi primi anni di vitaÂ’Â’.

 

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