È censura? No, è violazione del diritto d’autore
Sarebbe in errore chi volesse tirare in ballo posizioni da editto bulgaro in tempi di centro-sinistra. E soprattutto di Internet. Eppure accade che la violazione di una licenza d’uso apposta a materiali liberamente disponibili e riutilizzabili in rete venga scambiata per una stroncatura politica.
Ecco i fatti. Un blogger, Daw, scarica dal sito di Radio Radicale i contributi audiovideo di un acceso e colorito scambio di opinioni tra Marco Pannella, Daniele Capezzone ed Emma Bonino alla vigilia del recente congresso che ha visto un avvicendamento alla segreteria del partito. Il materiale viene rimontato e ne diventa un filmato di satira, Casa Pannella: protagonisti ne sono i tre esponenti politici che vengono inseriti in un contesto di travagliato e irridente menage familiare. Fin qua nulla di male: piaccia o meno il risultato, è legittimo.
Meno legittimo invece il passo successivo: diffondere il video satirico senza citare la licenza originaria, la Creative Commons Attribuzione 2.5, e la fonte, il sito della radio. A questo punto, la vicenda si complica: da Radio Radicale parte prima qualche mail in cui si chiede non la rimozione del video, pubblicato anche su YouTube, ma il ripristino delle condizioni di utilizzo previste dalla licenza d’uso e il link alla registrazione originale. E ne segue la lettera di un legale in cui i toni non sono di certo morbidi, ma la cui sostanza non cambia.
Risultato? Apriti cielo. E la parola più frequentemente scritta inizia a essere censura. Dichiarazioni ufficiali degli esponenti radicali a difesa di Radio Radicale da un lato e commenti di solidarietà a Daw sul suo blog dall’altro non fanno altro che esacerbare gli animi. Ma non toccano il cuore della vicenda: qui la politica non c’entra, c’entra invece il diritto d’autore. E mentre si dimostra che la satira la si può fare attingendo direttamente a materiale originario senza doversi inventare metodologie da addetti ai lavori, dall’altro si evidenzia come l’utilizzo di ciò che viene rilasciato deve farsi più accorto.
Se Daw avesse “licenziato” correttamente il suo Casa Pannella, niente di tutto questo sarebbe successo. E se qualcosa fosse invece successo anche a fronte di un rilascio con i fiocchi, avrebbe avuto ragione a sostenere che qualcuno ce l’aveva con il suo lavoro e che voleva zittirlo. Certo è che se, concludendo, nulla di tutto ciò si fosse verificato, sarebbero stati molti meno gli utenti che sarebbero venuti a conoscenza del dileggio su web. Sul quale la tirata d’orecchi va comunque data principalmente all’informazione mainstream che ancora una volta si è battuta senza troppo riflettere parlando con facilità di tentativo di censura.