Meno 18,7% in dieci anni – Alla crisi strutturale del settore si aggiungono vicende congiunturali interne all’ Exagone – Un’ analisi di Le Monde
———————-
di Pascale Santi
(http://www.lemonde.fr/web/article/0,1-0@2-3236,36-808241@51-807049,0.html )
Â
La stampa scritta attraversa una crisi congiunturale e strutturale, e alcuni dei suo mali sono specifici della Francia. “La stampa quotidiana francese è in una fase cruciale della sua storia: le tendenze al rallentamento nei paesi industrializzati si coniuga con dei problemi propri del contesto storico, istituzionale ed economico franceseÂ’Â’, sottolinea Jean-Marie Charon, sociologo del CNRS e autore del volume La Presse quotidienne (La Découverte).
La difficile sopravvivenza del France Soir, i problemi di Libération, il cui passivo finanziario cresce mentre diminuiscono i lettori, così come lÂ’ appello al sostegno statale lanciato da L’Humanité forniscono altrettanti esempi recenti di una crisi che incalza da decenni.
Le cifre la illustrano bene. In 20 anni non si contano più i giornali nazionali spariti:  Le Matin de Paris, Le Quotidien de Paris,   Infomatin… E, secondo l’ OJD (Office de justification de diffusion, lÂ’ organismo francese per il controllo della diffusione dei media – http://www.ojd.com/engine/-) la diffusione della stampa quotidiana nazionale è calata del 17,8 % in dieci anni, e dellÂ’ 1,93 % nel solo 2005 ! Il numero dei quotidiani acquistatai per abitanti nel paese è ugualmente calato: da 360 quotidiani per 1 000 abitanti nel 1946 è passato a 140 di oggi, facendo della Francia il fanalino di coda dellÂ’ Europa
“Malgrado i tentativi degli editori di cambiare formula per essere più attraenti, o di aggiungere dei prodotti collaterali (Dvd, libri, ecc.), niente è riuscito ad arrestare la cadutaÂ’Â’, spiega la Direction du développement des médias (Direzione sviluppo dei media, DDM, che fa capo al Ministero della cultura e della comunicazione) nel suo ultimo studio del luglio scorso. Il fatturato della stampa quatidiana nazionale è sceso del 15,7 % dal 1990 (a 875 milioni di euro. I suoi lettori sono ancora 8,125 millions, secondo le stime (2005) dell’ EPIQ (Etude de la presse d’ information quotidienne), che misura il bacino di lettori dei quotidiani, ma il loro numero si rarefà progressivamente. Il declino della diffusione porta con sé l’ abbassamento del fatturato pubblicitario: – 45 % in cin que anni, secondo l’ Istituto di ricerche e studi sulla pubblicità  (IREP), cioè da 569 a 373 milioni di euro nel 2005. A vantaggio dei giornali gratuiti e di Internet.
Vari fattori spiegano questo declino e fra di essi c’ è anche la debolezza della rete di distribuzione. Bisogna fare dei chilometri per trovare il proprio giornale. In dieci anni, dal 1995 al 2005, il numero dei punti di vendita è passato in Francia da 33 540 à 29 274. Un altri migliaio sono stati chiusi nel 2005, contro i 559 che son o stati creati.
“Quanto un’ edicola chiude, il 30% delle vendite dei quotidiani vengono perdute”, rileva il SPQN (Syndicat de la presse quotidienne nationale, nuovo nome del Syndicat de la presse parisienne, che raccoglie gli editori). Per contenere questa tendenza SPQN ha siglato un accordo con le Nouvelles Messageries de la presse parisienne (NMPP) per creare dei punti divendita dei quotidiani nei negozi di prossimità , come le panetterie e gli alimentari. NMPP distribuiscopno in media 2,5 miliardi di copie ogni anno, quasi 550 000 tonnellate di giornali.
Alla debolezza delle prospettive di ricavi provenienti dalla pubblicità e dalle vendite,  si aggiunge una struttura finanziaria molto fragile. “I mezzi propri delle aziende editoriali non supervana mai, nel 1995, il 31 % del totale dei bilanci, mentre questa voce mediamente superava il 40 % nelle aziende di beni di consumo correnmti”, sottolinea la DDM. Un dato che purtroppo non è riuscityo a crescere in seguito, come dimostrano le ricapitalizzazioni a cui sono dovute ricorrere variue testate. Vistio che i quotidiani redditizi sono rari: La Croix, Les Echos o L’Equipe.
Le Monde è rimasto in deficit nel 2005, come La Tribune (gruppo LVMH), che sta preparando una nuovba formula orientata verso il web. Le Figaro, acquisito dal gruppo di Serge Dassault nel giugno 2004, deve il suo equilibrio unicamente al sostegno del gruppo. “Le imprese editoriali c he resistono meglio sono querlle che si basano su nicchie tematiche (come l’ economia o lo sport) oppure fanno capo a gruppi multiindustriali” , rileva uno studio del Centro Syndex realizzato nel 2005 per il comitato d’ azienda di Libération.
Altro parametro della ciris, i costi di stampa. In Francia sono fra i più elevati dÂ’ Europa (23 volte più cari che altrove), secondo SPQN, secondo cui  “i costi sociali nelle imprese penalizzano i costi”. La stampa beneficia da tempo di sovvenzioni , dellÂ’ ordine d 800 milioni di euro allÂ’ anno dal 2001 al 2005 , destinate soprattutto alla modernizzazione delle tipografie e alla copertura dei costi sociali per il licenziamento dei grafici del settore libro.
Ma “le sovvenzioni non hanno consentito di fermare il calo dei lettori né la diminuzione del numero delle testate e la concentrazione del settore, oggi dominato da due gruppi di industriali degli armamentiÂ’Â’, sottolineava nel 2004 un rapporto del senatore Paul Loridant, che si riferiva a Dassault e a Lagardère (Â…)
“LÂ’ era digitale ha creato un nuovo mondo, che sconvolge lÂ’ industria dei media, la sua economia come le sue tradizioniÂ’Â’i, sottolineava nel giugno scorso Serge July. Il tempo consacrato alla lettura dei giornali cala di anno in anno: nel 2005 era di circa 30 minuti al giorno, mentre la televisione totalizzava  3 h 23. E 27 289 milioni di francesi, sopra gli 11 anni, sono internauti – e cioè uno sue due – secondo Médiamétrie.