Tutti giornalisti?
IL BLOGGER (USA) CHE FA INFORMAZIONE HA DIRITTO A NON RIVELARE LE FONTI
Una sentenza della Corte d’ appello della California allarga ai responsabili di due siti web le tutele riservate dal Primo emendamento ai giornalisti professionali – ‘’Tra il diritto al segreto industriale di una multinazionale e quello di una collettività alla salvaguardia della libera espressione prevale il secondo’’ – Sono 48 milioni i cittadini Usa che fino al marzo scorso avevano inserito materiale informativo su internet – Le due notizie rilanciano la domanda ‘’Tutti giornalisti?’’, al centro dell’ incontro organizzato da Lsdi e Fnsi a Roma
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Il blogger che fa informazione ha il diritto di non rivelare le fonti delle sue notizie.
Il principio è stato stabilito nei giorni scorsi dalla Corte d’ appello della California in una causa intentata dalla Apple contro due siti web che avevano divulgato in anticipo informazioni su alcune novità tecnologiche dell’ azienda di Steve Jobs. La società californiana sosteneva che gli autori delle rivelazioni non erano dei giornalisti e non potevano quindi rivendicare il diritto al riserbo sulle proprie fonti e in primo grado un tribunale le aveva dato ragione.
Il 26 maggio scorso, invece, la corte d’ appello di Santa Clara ha ribaltato quella sentenza, spiegando che ‘’i due blogger non sono tenuti a rivelare la fonte dei loro articoli’’ ed ‘’equiparandone difatto la tutela a quella dei giornalisti’’, rileva su IT-News Vito Lops (http://www.itnews.it/news/2006,851,itnl6529,0529,,,163134.html).
Ne parla ampiamente (‘’Primo emendamento anche per i blogger’’) Vittorio Zambardino sul suo blog (http://vittoriozambardino.blog.kataweb.it/zetavu/2006/05/primo_emendamen.html) e la vicenda naturalmente è al centro di numerosi articoli di giornali e siti web Usa, fra cui un intervento di Steven Cischke su Metropolitan News-Enterprise– Appeals Court Upholds Journalistic Rights of Internet News Publishers – (qui http://www.metnews.com/articles/2006/appl053006.htm).
– Sulla notizia il manifesto ha pubblicato giovedì nella sezione Chips&salsa un ampio articolo di Raffaele Mastrolonardo (vedi:
http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/01-Giugno-2006/art65.html, che allarga il punto di vista alle modificazioni del campo semantico della parola ‘’giornalismo’’. <Se anche questo è ‘’giornalismo’’, oggi> (questo il titolo dell’ articolo) sottolinea, tra l’ altro, che con questa sentenza
‘’tra il diritto al segreto industriale di una multinazionale e il diritto di una collettività alla salvaguardia della libera espressione, vince il secondo. Che merita così di essere salvaguardato attraverso una condizione fondamentale per la libera ricerca delle informazioni quale è la protezione delle fonti. Una tutela che, vista sotto questa luce, non è solo una garanzia tecnica a supporto degli strumenti investigativi del New York Times o di un piccolo sito web. Ma un privilegio garantito in vista di un bene superiore: il libero confronto e i vantaggi, collettivi, che questo comporta’’.
Mastrolonardo riferisce anche di una recente ricerca del Pew Internet & American Life Project, secondo cui
‘’48 milioni di statunitensi al marzo scorso avevano inserito contenuti su Internet. E’ presumibile che molti di questi lo abbiano fatto con un fine che in qualche modo possiamo definire «informativo»: per comunicare al mondo un evento ritenuto meritevole di menzione, o per esprimere un punto di vista considerato originale su un fatto. Sono costoro «tutti giornalisti»? Forse – rileva Mastrolonardo -, ma solo se accettiamo il consiglio del tribunale californiano e partiamo dalla fine, dal modello di società che desideriamo.
Un modello dove non conta se si scrive sull’autorevole Corriere della sera o su uno screditato sito web. Importa invece che si produca qualcosa di potenzialmente utile alla discussione che va in scena nella sfera pubblica.
E importa che questa preziosissima attività – la si chiami «giornalismo» oppure no, poco interessa a questo punto – riceva tutte, ma proprio tutte, le protezioni del caso. Indipendentemente da chi, di volta in volta, la svolga’’.
– Nell’ articolo, tra l’ altro, si fa un ampio riferimento al dibattito – proprio su questi temi – organizzato il 26 maggio a Roma da Lsdi e Fnsi, dal titolo ‘’Tutti giornalisti?’’ (vedi il Dossier: https://www.lsdi.it/dossier/giornalismo/index.html ).
‘’Le parole, dopo tutto, sono importanti; plasmano la realtà almeno quanto ne sono influenzate ed è logico che intorno ad esse si indugi: per il piacere della discussione e per il potere di influenza sul mondo che le definizioni hanno. C’è chi ne parla intorno a un tavolo, come alcuni esponenti della blogosfera e dell’informazione tradizionale che la settimana scorsa hanno partecipato a un convegno organizzato a Roma dalla Fnsi intitolato «Siamo tutti giornalisti?».
E c’è chi lo fa nei tribunali, come Apple, che nel nuovo, anarchico, ecosistema mediatico cerca di mettere un po’ di ordine giocando anch’essa la carta semantica’’.
– Sul dibattito romano ha riferito ampiamente su apogeonline Antonio Sofi, con un articolo dal titolo
’’Un nuovo lettore si aggira per il web’’ (Qui: http://www.apogeonline.com/webzine/2006/05/29/01/2006052901489) .
– E molto stimolanti, come al solito, sono le riflessioni che Massimo Mantellini, uno dei relatori, ha dedicato all’ incontro nel suo blog (http://www.mantellini.it/convegnofnsi.htm)
Il giornalismo di domani sara’ , per merito di Internet, un giornalismo vivo e vegeto – scrive tra l’ altro Mantellini – , migliore di quello di oggi. Certo molte cose dovranno cambiare. Per esempio la percezione dei professionisti dell’informazione di chi sia e come sia cambiato il lettore di oggi e quello di domani. I giornalisti sembrano oggi occuparsi pochissimo di questo, pensano molto ai loro contratti, molto ai loro budget, ai condizionamenti degli inserzionisti e della politica, alla concorrenza, alla miopia degli editori: nel frattempo il mondo, sotto i loro occhi, cambia velocemente. La nuova opinione pubblica e’ da un lato una evidenza inevitabile (come Internet del resto) ma anche una risorsa importante che non puo’ piu’ essere rinchiusa in un forum on line come fanno i siti web dei grandi quotidiani italiani. I contributi informativi dei cittadini, quando esistono e quando sono significativi non possono essere tacciati di inconsistenza fino a prova contraria (tranne poi implorarne l’invio dai luoghi in cui avvengono le grandi emergenze informative riempiendoci poi allegramente la prima pagina).
E collegata a tutto cio’ – osserva ancora Mantellini – c’e’ la faccenda della autorevolezza.
L’autorevolezza come la conoscono e ce la raccontano i giornalisti oggi e’ un gadget morto e sepolto. Nessun nuovo lettore si accontenta della autorevolezza del grande editore o si fida ciecamente del filtro giornalistico e del controllo delle fonti di un singolo grande giornale. Potremmo dire che cio’ accade perche’ talvolta tali meccanismi mostrano la corda (accade in effetti) ma invece sono convinto che non sia tanto per questo. La ragnatela sociale di contatti che e’ oggi possibile costituirsi in rete amplia di molto le nostre opzioni di scelta, raffina il vecchio concetto di autorevolezza aggiungendo connotazioni di interazione e conoscenza personale che i media per ovvie ragioni non consentono. Ma soprattutto consente di costruire per ciascuno di noi un ambiente informativo molto disomogeneo, fatto di fonti differenti, dai grandi media agli altri siti web, ai blog di chi si e’ guadagnato la nostra personale stima o ha saputo per qualche ragione costruire attorno a se’ una reputazione alla quale intendiamo dare fiducia. L’ecosistema cosi’ costruito, come sanno perfettamente tutti coloro che usano “anche” i blog ed un aggregatore per informarsi, e’ infinitamente migliore e piu preciso per ciascuno di noi rispetto alle proposte di deontologia e serieta’ che continuano ad arrivarci dai media. Appena anche i giornalisti si accorgeranno che questa idea di “reputazione” nella propria clientela e’ mutata (e non e’ un caso che i primi ad essersene accorti siano proprio i giornalisti che hanno un blog) allora trasparenza e partecipazione entreranno di diritto dentro l’informazione professionale. La strada sara’ questa o nessun’altra. A lettori piu’ informati e partecipi corrispondera’ miglior stampa e migliori giornalisti. Con buona pace del business, dei blogger e pure di Beppe Grillo alle crociate’’.
– Molto istruttivi, per capire che aria tira nella blogosfera, i commenti all’ articolo.