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(m.b.b.) – Il futuro del giornalismo è davvero digitale? La risposta norvegese è positiva. Basta navigare su  Na24, sito web targato ‘.noÂ’ nato il 24 maggio 2006: è una sorta di cooperativa di diversi giornali che condividono informazioni e articoli di taglio prevalentemente economico. Si possono trovare informazioni specializzate sia sul lato “business” che “consumer”. Clienti e venditori, oltre ad essere informati su ciò che accade nel mondo, possono leggere le recensioni di diversi prodotti, confrontando prezzi e giudizi di altri consumatori e imprenditori. Gli articoli possono essere molto approfonditi.
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Arild Strommen, che si occupa di cultura e stampa allÂ’ambasciata norvegese negli Stati Uniti, spiega che i servizi possono avere lo stesso taglio investigativo di Bob Woorward e Carl Bernstein, anche se parlano di un tostapane. “E’ un sito cooperativo molto frequentato” dice Strommen, che scrive su diverse testate norvegesi. Na24 è di proprietà di TV2, azienda che si occupa sia di televisione che di carta stampata. La peculiarità di Na24 è che fornisce anche segmenti audiovisivi che trattano di notizie economiche e vengono trasmessi da un canale televisivo aperto di recente.
Insomma, Bloomberg Tv in salsa norvegese? “Non proprio – precisa l’esperto della reale ambasciata – rispetto alle agenzie di stampa specializzate nel settore business, Na24 gestisce una rete più piccola, interna all’azienda TV2 e ai suoi partner”. Strommen spiega che in Norvegia ci sono cinque grandi testate regionali collocate in diverse regioni del Paese. Aprire una redazione economica in ognuno di questi quotidiani o assumere un giornalista sarebbe troppo costoso. Meglio perciò sfruttare la cooperazione di Na24 e pubblicare gli stessi articoli. “Non mi è mai capitato di andare direttamente sul sito di Na24 – racconta l’attaché culturale – ma ci sono arrivato navigando su siti di altre testate”. Il trucco, insomma è farsi conoscere attraverso portali e siti internet molto frequentati. E la strada norvegese al giornalismo telematico sembra proprio quella tracciata dalla cooperazione via web.
“UnÂ’azienda editoriale tradizionale non può reggere ancora a lungo” sostiene Kjell Aamot, responsabile della concorrente di TV2, Schibsted, una delle maggiori società editoriali norvegesi, che ha interessi anche nella vicina Svezia, oltre che in Francia e in Spagna, dove ha cominciato una serie di freepress chiamate 20 minutes e ha puntato su giornali di piccoli annunci che stanno migrando verso Internet.
LÂ’imprenditore ha spiegato al New York Times che lÂ’azienda ha subito puntato ad Internet, ancora agli albori della cosiddetta “era digitale”, reclutando manager della McKinsey che non si facevano molti problemi a cannibalizzare il mercato norvegese, il quale, secondo la World Association of Newspapers, ha la più alta percentuale di lettori del mondo. “Il canale è nuovo, loro vogliono provarci e noi lasciamo che il mercato decida” è la filosofia molto laissez-faire di uno degli uomini della McKinsey, Tor Jakob Ramsoy, che aggiunge: “La cosa principale che hanno fatto è riconoscere che il consumatore è il re”.
E i risultati si vedono: il concorrente di TV2 vende gli spazi pubblicari nella pagina principale di vg.no, la versione online di Verdens Gang, il più venduto tabloid norvegese posseduto da Schibsted, a 34 mila dollari, più di quanto costa unÂ’intera pagina a colori di pubblicità nellÂ’edizione cartacea. D’altra parte il sito è tra i dieci più visitati dellÂ’intera monarchia parlamentare.
Il business funziona e, denaro chiama denaro, sono nati una serie di siti “sperimentali” collegati a VG.NO, come E24, diretto concorrente di Na24 che attrae 450 mila visitatori. Schibsted ha anche cominciato a competere con Google con un motore di ricerca ad hoc.
Il capo dell’azienda spiega che gli annunci online generano minori entrate rispetto alla carta stampata, ma il profitto è ben maggiore visto che pubblicare su Internet, come ben sanno i blogger, non costa praticamente nulla: niente rotative, niente linotype, bastano mouse, tastiera e fantasia. Così banche, aziende di telecomunicazione e inserzionisti hanno percorso la strada norvegese al giornalismo, facendo la fortuna di siti come E24 e Na24, e dell’informazione interconnessa e digitale.