Twitter: un secondo funerale, no!
Le proteste della redazione del Rocky Mountains News hanno impedito che venisse “coperta†con Twitter la cronaca di un altro funerale, come era accaduto qualche giorno fa con quello di un bambino di 3 anni morto in un incidente stradale – Le polemiche e lo scontro fra conservatori e sperimentatori
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Il direttore aveva già deciso di far “coprire” in diretta con Twitter un secondo funerale dopo quello del bambino di 3 anni morto in un incidente stradale, ma le proteste della redazione lo hanno convinto a desistere.
Al centro di questa vicenda la redazione di un giornale di Denver (Colorado, Usa), il Rocky Mountains News, un cui redattore, Berny Morson, inviato a seguire il funerale di un bambino ucciso da un’ auto piombata in una gelateria della cittadina di Aurora, aveva pensato di ricostruirne le varie fasi live, inviando alla pagina Twitter del giornale un resoconto pressoché in diretta.
Qui sotto la pagina della “cronaca” :
L’ episodio ha provocato una marea di polemiche, che hanno agitato in questi giorni il mondo dei nuovi media, ma la notizia è arrivata anche sulle testate mainstream, come repubblica.it.
Ora si è appreso che la direzione del giornale aveva deciso di far seguire allo stesso modo un altro funerale, quello di una donna morta nello stesso incidente, ma che, di fronte alle proteste della redazione, aveva alla fine aveva preferito lasciar stare.
Dietro le polemiche – quasi tutte centrate sul presunto carattere macabro di quel modo di fare cronaca (secondo il Guardian addirittura quella idea merita di "andare in testa alla classifica dell’uso meno appropriato della tecnologia") e venute a ridosso di una sorta di consacrazione letteraria ricevuta da Twitter (vedi Lsdi, Twitter, la consacrazione letteraria) – si avverte però un po’ di ipocrisia.
Le reazioni indignate (tra l’ altro la pagina twitter su cui la cronaca è stata pubblicata ha soltanto una sessantina di abbonati) nasconderebbero più che altro la tradizionale frattura generazionale all’ interno del giornalismo e il classico scontro fra conservatori e sperimentatori delle potenzialità espressive e informative dei nuovi media.
Ne è convinta, ad esempio, Mirtillangela, giovanissima ricercatrice universitaria, che sul suo blog scrive:
Questi indignati signori che condannano Morson sono rappresentanti di una categoria di professionisti che in azioni di pessimo gusto a caccia dello scoop o dello scandalo, ci sguazzano. Magari sono quegli stessi cronisti che, al funerale del ragazzo morto in un incidente stradale, vanno a caccia delle lacrime dei familiari, delle grida di dolore, e producono domande imbarazzanti quali: Come si sente in questo momento? oppure Che ragazzo era sua figlio?
Diciamo la verità, lor signori si mangiano le mani pechè l’idea della copertura totale della notizia , l’ha avuta Morson e non loro. E con un mezzo pressochè sconosciuto.
Il problema non è twitter, perchè i twit, di norma, spariscono abbastanza in fretta dalla pagina del sito, sostituiti dagli altri twit; non competono con articoli o editoriali nè hanno un tale livello di approfondimento e sono molto più vicini agli sms che a notizie strutturate.
Il problema non è nemmeno l’eticità o meno dell’azione dell’inviato del RMN, perchè se dovessimo parlare di etica professionale, non c’è un giornalista che possa, in coscienza, accusare Morson dall’alto della sua integrità.
Il problema sta nel nuovo modo di comunicare tramite le tecnologie di quel famoso web chiamato 2.0 che molti giornalisti vedono ancora come una minaccia alla loro professionalità, piuttosto che come un’opportunità. Peggio ancora, in molti casi la categoria "snobba" fenomeni come blog o nanopublishing, snobba la portata innovativa di forme di comunicazione fatte tramite strumenti nuovi, probabilmente non consueti, come twitter.
Spesso tendono a non riconoscere al processo informativo così gestito, lo status di vera informazione, ritenendo che il giornalismo abbia dei canoni, delle consuetudini, che ne determinano l’autorevolezza…