———-
A metà giugno sarà online la versione beta di Agoravox Italia, il sito di giornalismo partecipativo creato in Francia da Carlo Revelli con la collaborazione di Joel de Rosnay, che dopo tre anni di atttività conta ora un milione di visitatori al mese, 35.000 « reporter » e 1.000 moderatori che filtrano e « passano » per la pubblicazione ogni mese circa 700 dei 1.100 articoli che arrivano alla redazione.
L’annuncio della versione italiana è sul sito http://www.agoravox.it, dove viene spiegato soltanto che Agoravox Italia comincerà in beta (versione sperimentale). Non vengono forniti altri particolari.
Un’anticipazione della notizia è stata data durante il Premio Luigi Barzini che ha visto Carlo Revelli ospite alla conferenza sul tema : « Inviato speciale in Internet. La professionalità del giornalista di fronte alla sfida delle nuove tecnologie ». Oltre a presentare Agoravox Francia, Revelli ha illustrato, insieme a Francesco Piccinini – project manager della versione italiana -, come sarà Agoravox Italia. Per ora non ci sono immagini o preview e l’attesa da parte del popolo della rete inizia a crescere.
Revelli annuncia intanto la nascita imminente di una Fondazione, come aveva anticipato Lsdi nel gennaio scorso – vedi Una Fondazione (forse in Italia) per Agoravox .
La Fondazione avrà sede in Belgio, spiega Revelli, con cui abbiamo tracciato un bilancio di questa esperienza di giornalismo partecipativo. L’ intervista – realizzata prima che la notizia della versione italiana di Agoravox divenisse ufficiale – allarga lo sguardo anche ai problemi delle nuove forme di editoria giornalistica: i problemi del mercato, del nuovo mecenatismo, delle Fondazioni, insomma la questione dei modelli economico-industriali che dovrebbero sostenere la nuova editoria.
Risposta – Siamo in dirittura d’arrivo. La Fondazione nascerà in Belgio perché avrà una connotazione europea e internazionale.
D – Perché una Fondazione?
R – Sarà lo strumento con il quale Agoravox vuole :
– Garantire l’indipendenza editoriale ed economica.
– Restituire il media ai suoi redattori.
– Confermare il nostro impegno in favore della libertà d’espressione.
– Preservare il giornale da qualsiasi pressione o minaccia, sia di natura politica che economica.
– Resistere alle « sirene » degli investitori e del « profitto a qualsiasi costo ».
E’ una scelta chiara di autonomia ed indipendenza per preservarci dalle derive che ci potrebbero spingere verso un’informazione che non risponde alle richieste del lettore ma a quelle dell’editore (rivelato o meno).
D – Sono passati tre anni dalla nascita di Agoravox…
R – Sono passati tre anni ma è tutto il panorama partecipativo che si è trasformato. Agoravox è stato il pioniere europeo di questa esperienza che non si limita, solo, ad una nuova forma di trasmissione della notizia ma che contribuisce alla sua costruzione e, in senso più ampio, allarga le forme di partecipazione alla vita pubblica.
D – I risultati rispetto a quando partisti?
R – Oggi Agoravox conta un milione di visitatori al mese. Ha 35.000 reporters e 1000 moderatori che verificano gli articoli. Ogni mese pubblichiamo circa 700 articoli dei 1100 ricevuti.
Oltre alle tre edizioni nazionali (Francia, Belgio e Uk), abbiamo cinque portali tematici dedicati a: sviluppo sostenibile(Naturavox), salute (Carevox), sport (Sportvox), moda (Orserie) e un portale video (Agoravox TV). Il lancio in Italia è imminente…
D – La differenza rispetto ad altre esperienze, tipo Rue89?
R – Rue89 nasce come una esperienza di un gruppo di giornalisti di Libération, Agoravox nasce da un’assoluta indipendenza editoriale e politico-partitica, in cui le opinioni più distanti contriubuiscono al confronto ed alla diffusione delle notizie.
Io non voglio privilegiare un punto di vista, un’ inquadratura, per dirla in termini cinematografici, della realtà, voglio che più punti di vista mi facciano capire quello che succede. Non voglio un’ informazione di parte ma parti che costruiscano un’ informazione.
D – Ma perché partisti? Che volevi fare?
R – Volevo che l’informazione diventasse « democratica ». Volevo fare emergere la « versione reale » e non quella « ufficiale ». Volevo che l’ informazione non fosse più « profetica », top-down ma che portasse il contributo di chi ha visto e vissuto quello che spesso è narrato a posteriori e non in diretta.
D – Dopo 300 anni i giornali stanno finendo? Finiranno?
R – I giornali stanno cambiando, non finiranno. La necessità di sapere e di essere informati, la necessità di informare non scema con gli anni. Cambia non finisce.
D – E i mecenati – come qualcuno pensa o auspica – possono davvero tornare sulla scena?
R – Il punto é capire chi sono i mecenati oggi. Fortunatamente, soprattuto nel Web 2.0, stanno nascendo nuove forme di mecenatismo in relazione a progetti come Linux, Ubuntu, Firefox, Wikipedia perché sono legati ad una necessità di tutela e preservazione di esperienze che hanno cambiato quelli che sembravano sistemi consolidati.
Linux ha messo in crisi Microsoft (oggi i computer Dell hanno una versione con OS Linux e una con OS Windows), Firefox ha scalfito il monopolio IE, Wikipedia ha rivoluzionato il concetto di enciclopedia.
D – Parallelamente al mercato? O lentamente sostituendolo?
R – L’obiettivo é differente. Una Fondazione nasce per preservare un know-how specifico, renderlo disponibile al pubblico e continuare le ricerche in un determinato settore senza snaturare la mission che ti ha fatto accumulare il bagaglio di conoscenze
D – E la Fondazione rispetto al mercato che posizione avrebbe?
R – La Fondazione sarebbe « fuori mercato », è uno strumento che serve a catalizzare organizzazioni, istituzioni, investitori che vogliono contribuire al progetto Agoravox senza la pretesa di ottenere alcun lucro.
D – Citizen journalism, giornalismo partecipativo… Noi di Lsdi preferiamo chiamarlo giornalismo diffuso. Che ne dici? E il giornalismo professionale?
R – Sono d’accordo. Giornalismo diffuso é il termine che meglio ritrae questa forma di giornalismo che non é in contrasto con il giornalismo professionale. Un cittadino che con la sua telecamera riprende quanto accade sotto il suo palazzo non é in « competizione » con il giornalista che quotidianamente cerca notizie e lavora fino a notte tarda in redazione ; cosi’ come un cittadino che evita un furto non é in competizione con la polizia. Noi vogliamo far collaborare giornalisti professionisti e giornalisti «cittadini» per realizzare vere e proprie inchieste partecipative.
D – E i giornalisti? Sempre di meno e pagati molto e bene, o sempre di più e pagati, mediamente, meno?
R – I giornalisti in Italia sono circa 30.000, di cui solo 12.000 hanno un regolare contratto credo. Ricorderei, pero’, che tra i 18.000 senza contratto ci sono molti « giornalisti » che non esercitano la professione. Ma una cifra che pende verso il precariato significa che é complicato fare informazione di qualità. Per citare l’ex Presidente della Repubblica Ciampi :
« I giornalisti devono tenere la schiena dritta », ma come si puo’ denunciare se si è sotto lo schiaffo continuo di un licenziamento?
D – E l’ editore-industriale? Deva cambiare ‘’cultura’’, farsene una nuova….?
R – L’editore deve fornire notizie. Il giornale dovrebbe fornire informazioni al pubblico, il pubblico compra il giornale e la pubblicità puo’ essere interessata agli spazi pubblicitari sul giornale perché accede al suo pubblico. Purtroppo, sempre più spesso, questa logica é sovvertita e si rincorre la pubblicità.
D – Non è assurdo e pericoloso affidare tutte le risorse alla pubblicità? Come sostituire abbonamento/vendite? Si può?
R – Si può se si fa informazione di qualità, informazione che dà un valore aggiunto. Il pubblico è interessato a leggere e sapere ma non è interessato a rileggere ciò che gli viene ripetuto con le stesse parole, senza aggiungere nulla.
D – Il rapporto materiale con la carta? Kindl?-sì vabene-ma non è la stessa cosa…..
R – La carta si conserva, è vero, ma non riesce però a stare dietro alla velocità delle notizie che giungono. Ma la carta, internet, sono un supporto, quello che conta è la notizia, chi la dà e qual è il valore aggiunto che ha il lettore nel leggerla.