Anche in Francia “allarme stampaâ€
La media community parigina riflette sulla crisi della stampa nazionale – Poche pagine locali, niente edizione la domenica (il giorno in cui si legge di più) e troppa connivenza col potere – Quanto a internet il problema è che la pubblicità aumenta del 20% all’ anno ma il prezzo dei banner cala sempre di più
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(a.f.) – Parigi – Allarme stampa! Questo il tema dell’ultimo dibattito organizzato al Lagardère Racing Club di Parigi dal club Générations d’idées il 23 settembre scorso. Al centro della discussine l’exception française, ovvero le specificità di un panorama mediatico francese che lamenta la crisi della stampa quotidiana nazionale – “56 lettori per mille abitanti a fronte di 600 per mille nei paesi scandinavi” – ma che sa produrre anche un Lagardère, leader mondiale della stampa magazine.
Ma da dove deriva la crisi dei quotidiani francesi? Ce lo spiega Maurice Szafran, direttore di Marianne, settimanale di attualità che ha fatto del giornalismo di attacco (contro Sarkozy) e di opinione un’arma vincente. Quasi trecentomila le copie vendute ogni settimana. “Partiamo dal 1977: 4 quotidiani socialdemocratici vengono lanciati nello stesso tempo”, esordisce Szafran. “The Guardian e Repubblica vendono oggi 800.000 copie. El Pais un milione. E il francese Le Matin? E’ scomparso”. Come spiegare questa peculiarità? Adriano Farano, direttore della rivista europea online Cafebabel.com punta il dito contro l’assenza di uscite la domenica – “il giorno in cui si ha più tempo per leggere” – ma anche contro la mancanza di pagine locali – “che in Italia spesso superano il totale di pagine di un Libération”– a fronte di un’offerta massiccia sui mercati italiano o spagnolo.
Ma Szafran rincara la dose: “C’è una crisi dell’offerta non della domanda. La maggior parte delle testate di informazione generale ha fatto la scelta della connivenza col potere. I titoli che, invece, il potere lo attaccano, fanno breccia nel pubblico”. Il riferimento è allo stesso Marianne, “unico giornale d’opposizione”, chiosa Nathalie Brion, moderatrice del dibattito. “Oggi chiunque volesse lanciare un quotidiano di informazione anti-Sarkozy avrebbe un grande successo. Bisogna ascoltare il pubblico”.
“Il problema”, ribatte Farano, “è che in Francia non esiste la nozione di marketing editoriale. I media sono un prodotto. Un prodotto peculiare, certo. Ma che sempre deve dirigersi a una domanda”. “Esatto”, conferma Jean-Michel Arnaud, direttore della free press Metro:“I quotidiani gratuiti hanno risposto alla domanda derivante da un pubblico composto essenzialmente da giovani attivi, urbani e soprattutto donne, che non si riconoscevano nella stampa quotidiana di informazione”.
Eppure chi figura spesso come il capro espiatorio della crisi della stampa è Internet, accusato di aver rubato dei lettori ai media tradizionali. “Balle”, taglia corto Brion, “il calo delle vendite dei quotidiani inizia nell’82 quando il Web non esisteva e si stabilizza nel 2000”. “Certo che Internet non è il colpevole”, conferma Pascal Riché, responsabile della redazione del magazine online Rue89, ed ex di Libération. “Anzi. Internet è una scoperta tanto importante quanto la scoperta della stampa. Ma attenzione. Alcuni hanno pensato che fosse possibile fare giornalismo senza giornalisti. Penso ad Agoravox in Francia (ora lanciato anche in Italia – leggi). Ma presto tutti si sono accorti che non era possibile. Noi abbiamo pensato di poter fare giornalismo in modo diverso. C’è una domanda di giornalismo meno verticale e più orizzontale, un giornalismo di conversazione che ascolta il lettore. Noi lo abbiamo fatto con l’informazione a tre voci: giornalisti, esperti, internauti. Ma attenzione. I tre non sono sullo stesso piano. E’ la redazione che controlla il prodotto editoriale. Semplicemente ascoltiamo gli internauti. E ci sono tante cose interessanti che risalgono: testimonianze, domande, e tanta esperienza. Ci sono tante persone che sono molto più esperte nel loro ambito di qualsivoglia giornalista specializzato”.
Szafran plaude al “laboratorio” Rue89 ma avverte: “Se rue89 va in fallimento è una tragedia. Internet senza persone come loro o come cafebabel.com è spazzatura. E’ possibile far circolare bufale a volontà”. Dalla sala il popolare blogger Versac non è d’accordo: “Non penso che senza giornalisti Internet sarebbe una spazzatura abominevole. Non è perché delle sciocchezze circolano su Internet che vengono ritenute informazioni affidabili. Si pensi alle tesi cospirazioniste… non vedo cosa potrebbe risolvere l’intervento magico di un giornalista…”. “Anzi”, rincara la dose lo stesso Riché, “Internet spesso serve a smontare le false informazioni. Si pensi a quella su Karadzic blogger. L’AFP aveva battuto la notizia. Ma poi gli internauti l’hanno falsificata. Internet fornisce l’antidoto alle dicerie e alle bufale”.“La verità”, prosegue Riché, “è che Internet è come i ristoranti. Non potete dire che i ristoranti sono cattivi. Esistono delle guide che permettono di sapere quali sono i buoni e quali i cattivi”.
Riché passa poi a spiegare il senso della scelta dei fondatori di Rue89 di creare una testata unicamentre online: “C’è un clivage generazionale. Il giornalismo online è come una lingua straniera. Se la impari tardi, avrai sempre un accento, come un immigrato. Ed è la situazione dei “vecchi” giornalisti. Ci sono i native speakers – che poi sarebbero i giovani – che invece sono a perfetto agio in questo ambito e possono fare un lavoro davvero multimediale. Partire da una redazione esistente per trasformarla in una redazione multimediale è difficilissimo. E tanti stanno fallendo in questo tentativo. Creare una redazione a partire dal nulla è molto più facile ed è quanto stiamo facendo”.
Ma Szafran torna alla carica nel mettere in guardia la media community francese sul modello economico stampa/web che l’allora direttore di Libération, nel 2006, aveva definito del “bi-media”: “Cari signori, oggi tutti i siti internet di informazione generale perdono soldi, tantissimi soldi. Non c’è un solo membro dell’industria mediatica francese capace di dire se il modello economico stampa/web è equilibrato e redditizio da qui a 2-3 anni. Lo so che oggi è chic dire che bisogna avere un sito Internet. Tutto quel che so è che avere un sito Internet a me costa 600.000 euro all’anno. E per me sono una fortuna! Mi dicono che la pubblicità arriverà in forza anche su Internet. Per il momento nessuno può dirlo! I siti di informazione generale che dicono di essere redditizi sanno che è perfettamente falso”.
Arnaud aggiunge che il problema è il prezzo ridicolo degli spazi pubblicitari online: “L’offerta è pletorica. Anch’io sono scettico, almeno sui prossimi mesi e sul prossimo anno, questo è certo”. “Internet è stato il media che ha ridotto il valore delle pubblicità il più velocemente possibile”, aggiunge uno spettatore, esperto di pubblicità per la Orange. “Il valore dei banner stanno scendendo in modo incredibile”.
Ma allora perché Rue89 è online, chiede Szafran? “Neanche noi siamo redditizi. Ma esistiamo da un anno e mezzo. E poi quel di cui siamo sicuri è che lasciamo un settore, quello de quotidiani, che non guadagna e che andiamo verso un settore molto promettente”.
Sui siti di informazione francesi, infatti, la pubblicità aumenta del 20% annuo. “L’internet veloce”, continua Riché, “cresce alla stessa velocità. E quando internet arriverà nel metro’ diverrà concorrente della free press. Aggiungiamo anche che i giovani, oggi, si informano su Internet. Bisogna che l’offerta risponda ai bisogni di questo pubblico”. “Il problema è che le centrali pubblicitarie non fanno bene il loro lavoro”, interviene Farano, “prediligendo il volume di traffico offerto dai portali a scapito della qualità. Ciò costringerà tanti siti ad internalizzare la gestione della pubblicità il che rappresenta un circolo vizioso perché prendere dei commerciali internamente è molto costoso.
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Il video del dibattito può essere visto su http://generations-idees.typepad.com/mon_weblog/2008/10/la-presse-ca-ur.html