Citizen journalism: il termine è in calo ma la pratica continua a diffondersi
Il “primo vero sito di citizen journalism su internet”. E’ così – senza alcun tentennamento – che si autodefinisce Neaju.com, l’ ultima nata delle iniziative di giornalismo dal basso in Usa.
Lo segnala Bernardo Parrella sul suo blog, come spunto per una rapida ricognizione sulla situazione del CJ, spiegando che se “il termine citizen journalism è in netto calo, non così la pratica diffusa di fare informazione orizzontale via internet. Con tutto il rumore e le imperfezioni annesse, elementi d’altronde non estranei ai più tipici mass media, checché ne dicano costoroâ€.
Nel senso che – prosegue Parrella – “le etichette non rendono mai giustizia a nessuno e invece meglio sarebbe abbandonarle per seguire e partecipare all’onda lunga (o volendo, alla coda lunga) dei molti giornalismi possibiliâ€.
Il dibattito su etichette e contrapposizioni prosegue nei giri Usa, come rivela l’ennesima discussione in corso su Cyberbrains.com. Stavolta la scusa è il recente lancio di Neaju.com, che si autodefinisce “the first true citizen journalism site on the Internetâ€.
A parte le esagerazioni (non mi pare un granchè, ha comunque dei filtri, zeppo di Ads, etc.), ciò dà adito a una serie di commenti decisamente stimolanti sul quadro generale a cavallo tra old & new journalism.
Come anche interessante è la nuova venture di Guy Kawasaki, noto Net entrepreneur – Truemors, filiazione del più ampio Alltop – che già dal nome suggerisce una buona dose di scettiscimo. In una intervista esclusiva su NowPublic, Guy spiega le qualità di questo nuovo aggregatore che fa anche tesoro dei rapidi suggerimenti che girano su Twitter. Il tutto a conferma che il dibattito e e le sperimentazioni sono assai più redditizio delle semplici battute o di capire chi ha ragione e chi torto.
L’importante è coltivare il flusso d’informazione pluralista garantito da internet nelle sue variegate forme – prendendo con un granello di sale ogni fonte, grande, piccola o minuta che sia. Giusto?