Cedere a Google (che ne sarebbe felice…) quello in cui è già campione sull’ online e concentrarsi invece su quello che i giornali sanno fare meglio, e cioè il giornalismo – I principali siti francesi che si occupano di media raccolgono e rilanciano la “provocazione†di Jeff Jarvis:“Che resterà domani ai giornalisti? L’ investigazione soprattutto. Ma questa costa caro. Da qui l’ interesse a economizzare sul resto, trovando semmai anche qualche mecenate per il giornalismo d’ inchiesta†– Un elenco di quello che si dovrebbe togliere nelle redazioni e di quello su cui bisognerebbe invece investire – L’ importanza delle rubriche
———-
E se si lasciasse a Google la diffusione dei contenuti dei giornali? “Se fosse così i gruppi editoriali potrebbero concentrarsi su quello che sanno fare di più: il giornalismo”.
E’ questo – dice Benoit Raphael in una riflessione sulla “nuova economia” delle redazioni del futuro – il nuovo sasso nella palude lanciato da Jeff Jarvis, il noto giornalista e blogger Usa specializzato in nuovi media e direttore della cattedra di giornalismo interattivo all’ Università della Città di New York (CUNY).
Una ipotesi che Narvic, su Novision, giudica addirittura “una bomba”. Si tratterebbe, puramente e semplicemente per i giornali – afferma, interpretando Jarvis – di lasciare a Google tutto tranne le redazioni. Abbandonare al gigante tutto ciò in cui esso è già campione online, ciò su cui non gli si fà più la concorrenza: la distribuzione, grazie alle sue piattaforme tecnologiche.. e il controllo della pubblicità. E di concentrarsi su quello che Google non sa fare: il giornalismo! E – aggiunge Narvic – se non sarà Google a farlo, sarà un altro.
—–
Di che si tratta? Benoit Raphael spiega:
– Google è avanzatissimo nel campo tecnologico, i giornali no. La cultura industriale è ben radicata: hanno sempre stampato e distribuito i loro giornali. Fanno lo stesso su internet. Ma, dice Jarvis, bisogna che essi escano dalla logica della distribuzione: "Google è già il distributore di contenuti per eccellenza sulla rete”. La diffusione sfugge già dalle mani dei giornali: i loro lettori su internet dioendendono sempre di più dai motori di ricerca e passano sempre di meno dalla sacra “Prima pagina”.
– Poiché conta il contenuto piuttosto che il sito ("se l’ informazione è importante, saprà trovarmi") lasciamo quindi Google, gli aggregatori e le reti sociali ad occuparsi del loro mestiere: la tecnologia e la distribuzione. Logico? Rivoluzionario: “Smettiamola allora di differenziarci per la tecnologia e facciamolo per il contenuto”.
Jarvis si rifà in particolare a un commento di Bob Wyman, che lavora per Google :" Dal momento che Google è in grado di ospitare gratuitamente i cittadini-giornalisti, deve poterlo fare ugualmente gratis per i giornali (…), hanno tutti gli strumenti per farlo”.
"Ecco il mio consiglio, giornali ("papers") : Uscite il più rapidamente possibile dal business della fabbricazione, della distribuzione e della tecnologia. Spegnete le rotative. Esternalizzate l’ editing in India o affidatelo ai vostri lettori. Collaborate col pubblico. E, poi, chiedetevi chi siete. La risposta è veramente centrale”. (J.Jarvis)
"Bisogna scegliere il proprio business, il proprio mestiere", riassume Jarvis. "Il nostro è il giornalismo."
I soldi risparmiati sulla fabbricazionee sulla distribuzione andranno dunque al giornalismo, ma quale giornalismo?
Che cosa preconizza Jarvis? Risponde Raphael:
1- Fate quello che sapete fare bene e mettete dei link verso tutto il resto.
2– I giornalisti devono accompagnare ed educare i lettori e i cittadini per aiutarli a montare i propri reportage, le proprie testimonianze e opinioni.
3– Pagate dei blogger.
4– Che resterà domani ai giornalisti? L’ investigazione soprattutto. Ma essa costa caro. Da qui l’ interesse a economizzare sul resto (editing, breaking news, cronache, tecnologie…). Ma il giornalismo d’ inchiesta è uno dei rari settori dove i media devono poter fare appello ai contributi pubblici, ai mecenati.
Riassumendo: poiché ci saranno meno soldi domain nei media ( meno giornalisti ma non meno informazione), dobbiamo, come suggerisce Jarvis, fare già delle scelte estreme?
E una sola domanda chiave – conclude Raphael -, qual è il vostro mestiere?
—–
Jarvis: cosa eliminare e cosa potenziare nelle redazioni
Qualche giorno fa Jarvis aveva proposto anche un elenco di quello che si dovrebbe togliere nelle redazioni e di quello su cui bisognerebbe invece investire.
Secondo la sintesi che ne ha fatto Eric Scherer sul suo blog, "AFP Mediawatch", Jarvis dà in particolare la priorità alle rubriche, che sarebbero, secondo lui, il cuore del giornalismo di domani.
Jarvis ipotizza una riduzione del 30% dello staff (è una ipotesi – purtroppo confermata dalle tendenze attuali – che comunque fa per lanciare il dibattito).
Sopprimerebbe :
- La ‘copertura’ nazionale e internazionale: è sicuro che saranno i link lo strumento principale per assicurarla, ma probabilmente resteranno le agenzie i fornitori essenziali;
- Gli editorialisti: il web non è certo privo di opinioni!
- Le risorse legate alla produzione del cartaceo perché non ci sarà più la versione a stampa.
Alleggerirebbe:
- Le risorse destinate alle “ultime notizie”: chiedete l’ aiuto dei cittadini: E aggiunge: è roba delle agenzie di stampa, è il loro mestiere.
- L’ editing : I reporter devono saper scriveree, rileggere e ‘passare’ I pezzi. E’ una tendenza in atto già nel Washington Post e nel Wall Street Journal, che stanno sopprimendo dei ruoli di editino per dare più spazio al reportage e al lavoro sul campo.
- La copertura del settore divertimenti, lifestyle e le critiche, che possono essere assicurate dai lettori, dalle comunità e tramite I link.
- L’ esercito sudamericano dei redattori-capo, cai e sottocapi-servizio.
- I fotografi: tutti i giornalisti dovranno fare lavoro fotografico.
Rafforzerebbe:
- Soprattutto le risorse dedicate alle rubriche.
- Il giornalismo sportivo locale.
- Un po’ di giornalismo d’ nchiesta. Jarvis pensa che questo tipo di giornalismo, molto costoso in termini di risorse, verrà assicurato in futuro da Fondazioni e dal non-profit, come il sito ProPublica, i cui fondi sono assicurati da mecenati californiani.
Creerebbe e finanzierebbe:
Una rete di blogger amatoriali ma anche di giornalisti professionisti esperti (eventualmente licenziati) per alimentare la testata e aggiungere degli organizzatori di comunità.
Incoraggerebbe:
Gli editori a dare ai cittadini una formazione sugli elementi di base del giornalismo.
—–
Come nasce la “provocazione”
La provocazione di una sorta di “grande patto” industriale con Google era nata da un post di Jarvis sul suo Buzzmachine: Google come la redazione del futuro. In parole povere la questione era: e se Google un domani proponesse di ospitare, gratuitamente, le redazioni di tutti i giornali sulle proprie piattaforme, come fa con i suoi blog?
Niente di più semplice – commenta Narvic su Novovision (Google è il solo futuro del giornalismo), sottolineando – e questa è la cosa essenziale – che qualcuno a Google ci sta già pensando e lo fa sapere… proprio attraverso il blog di Jeff Jarvis !
Secondo Narvic, “è una bomba. Un progetto dal carattere totalmente rivoluzionario per il giornalismo e nonostante questo di una semplicità che colpisce: all’ insegna del puro Google!”.
Si tratterebbe, puramente e semplicemente, per i giornali, di lasciare a Google tutto tranne le redazioni. Abbandonare al gigante tutto ciò in cui esso è già campione online, ciò su cui non gli si fà più la concorrenza: la distribuzione, grazie alle sue piattaforme tecnologiche.. e il controllo della pubblicità. E di concentrarsi su quello che Google non sa fare: il giornalismo!
E – conclude Narvic – se non sarà Google a farlo, sarà un altro.