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Ha un’ età media di 37 anni e da oltre sei anni lavora per testate digitali. Prevalentemente in redazione, secondo modalità di lavoro "tradizionali" (56,76%) e solo in seconda in telelavoro (40,54%). Prevale largamente il lavoro al desk (78,38%), mentre solo il 16,22% lavora in esterno. Nei siti online “nazionali” o diretta emanazione di testate tradizionali prevalgono i giornalisti professionisti (57,14%), mentre nelle testate nate direttamente per il web dominano i giornalisti pubblicisti e le figure non iscritte all’Ordine (assieme toccano quota 85,71%).
Per quanto riguarda la produzione di notizie, al top della classifica troviamo la cronaca locale (14,94%) e la cultura (12,67%), seguite da politica (10,49%) ed economia (10,13%).
Infine è da rilevare il non possesso di un blog personale e/o tematico per gran parte dei giornalisti (quasi due terzi ne sono sprovvisti).
E’ l’ identikit – ancora piuttosto abbozzato – del giornalista online che emerge dalla prima fase della Ricerca “Giornalismo online, questo sconosciuto”, curata da Lsdi e presentata ieri mattina nella sede della Federazione nazionale della stampa.
I questionari (due i modelli, uno diretto alle testate e un altro ai redattori/collaboratori) sono stati elaborati da Vittorio Pasteris, della redazione di Lsdi, che ne ha curato la “lettura” e ha preparato un’ analisi dei risultati dividendo le testate che fanno capo all’ Anso (analoghe fra di loro per la vocazione strettamente locale) dalle altre e rendendo quindi più omogenei i dati.
Il lavoro di analisi e di approfondimento proseguirà – ha spiegato Pino Rea, coordinatore di Lsdi -, aggirando la diffidenza delle direzioni delle testate tradizionali, che per ora non hanno fornito alcuna collaborazione, anche attraverso un eventuale intervento delle Associazioni regionali di stampa e dei Comitati di redazione a livello territoriale.
Le due tabelle con le prime valutazioni delle risposte ai questionari sono consultabili qui e qui.
All’ incontro sono intervenuti il presidente della Fnsi, Roberto Natale, il segretario Franco Siddi e Daniela Stigliano, della segreteria.
Tutto l’ incontro è stato ripreso da “Cannocchiale tv”, che, oltre a registrare gli interventi, ha aggiunto anche una serie di interviste. Il materiale è disponibile su: http://lsdi.ilcannocchiale.tv/
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La carta dei diritti e dei doveri del blogger
All’ incontro, Francesco Magnocavallo di Blogo.it ha regalato una primizia, annunciando la presentazione di una Carta dei diritti e dei doveri dei blogger che fanno capo alla piattaforma di Blogo.it.
Ne parla ampiamente Mario Tedeschini Lalli su “Giornalismo d’ altri”, citando la premessa riportata da Vittorio Pasteris (che poi, in serata ne ha pubblicato il testo sul suo blog ).
L’ art. 21 della nostra Costituzione regolamenta il diritto di ogni cittadino della Repubblica Italiana a raccontare un avvenimento o un evento di pubblico interesse, anche se non iscritto agli albi degli Ordini dei Giornalisti.
Però, il diritto di informare non deve ledere il diritto alla privacy proprio di ognuno di noi.
Ecco i punti principali da rispettare:
· Tutela della personalità altrui
· Obbligo inderogabile del rispetto della verità sostanziale dei fatti
· Rispetto degli ideali della lealtà e della buona fede
· Obbligo di rettificare notizie inesatte e a riparare eventuali errori
· Rispetto del segreto professionale sulle fonti delle notizie
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L’ avventura di Robin Good
“Sono Robin Good e sono un piccolo editore online, non ho iniziato questa avventura con spirito imprenditoriale e ne giornalistico, ma solo per un esigenza personale: riuscire a ottenere delle soddisfazioni che il mio precedente lavoro non mi dava o almeno, che io non ritenevo più soddisfacenti in quanto mi è sempre piaciuto condividere con gli altri, dare qualcosa e trovare soddisfazioni nel vedere gli altri beneficiare di questo”.
Robin Good ha cominciato così il suo racconto: la trascrizione e il video sono consultabili qui.
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Giornalisti a prescindere da dove si opera
Mario Tedeschini Lalli su Giornalismo d’ altri segnala anche alcuni passi dell’ intervento del segretario della Fnsi Franco Siddi.
Il suo – dice Tedeschini Lalli – è stato un intervento complessivamente più preoccupato della crisi e delle problematiche sindacali delle tradizionali redazioni “strutturate”, ma con interessanti spunti di apertura verso il mondo dell’informazione non strutturata. In particolare, riprendendo un accenno di Magnocavallo al desiderio di molti blogger di Blogo.it di iscriversi all’Ordine dei giornalisti come pubblicisti, Siddi ha offerto tutto l’appoggio del sindacato ma – specialmente – è sembrato ipotizzare un superamento dell’attuale anacronistica e folle organizzazione ordinistica pronunciando frasi tipo:
“Dobbiamo andare in un passaggio successivo, cioè cercare di verificare tutte le condizioni di sviluppo e dove ci sono condizioni di sviluppo diventare giornalisti tout court, io passerei tranquillamente a un superamento della distinzione pubblicisti-professionisti”.
“Si è giornalisti a prescindere da dove si opera”.
Certo l’impianto è ancora vecchio (stiamo ancora parlando di Ordine!), ma i concetti mi sembrano nuovi.
La registrazione audio dell’intervento di Siddi è linkata sotto il post di Tedeschini Lalli: per ascoltarla basta passarci sopra col mouse.
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Daniela Stigliano (Segreteria Fnsi): abolire l’ allegato N
L’ idea che dovrebbe passare a livello contrattuale – e che noi stiamo cercando di far passare – è che esiste il giornalismo, esiste il giornalista, e poi ci sono i media attraverso cui si esprimono. Il nostro primo obbiettivo è quello di eliminare l’ allegato N, proprio per rendere uguali tutti i giornalisti, prima ancora che tutti i giornalismi.
Quanto alla multimedialità, secondo noi il futuro non può che essere una integrazione completa delle redazioni.
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Roberto Natale (Presidente Fnsi): sempre più bisogno di giornalismo di qualità
Dalla ricerca presentata qualche giorno a Milano dall’ Ordine dei giornalisti (vedi Lsdi, Immagine pessima ma grande bisogno di qualità ), oltre al dato sulla pessima immagine dei girnalisti italiani nell’ opinione pubblica, emergono però altri due elementi molto rilevanti: una forte domanda sociale di giornalismo qualificato e la percezione netta che l’ era delle nuove tecnologie non attenua ma accresce questa domanda.
Lo dico anche perché questo collide in maniera netta con quello che esplicitamente viene detto al tavolo della trattativa contrattuale dagli editori. I rappresentanti della Fieg quando parlano di nuove tecnologie ti fanno un sorrisetto come a dire: ma queste cose vi ammazzano, vi rendono inessenziali, ma di che state parlando?
La motivazione di fondo di questo incontro di oggi è la stessa per cui è tanto difficile intenderci con gli editori. Loro pensano che ci sarà meno giornalismo, meno qualità perché le tecnologie metteranno magicamente a disposizione tutto ciò di cui hanno bisogno per produrre informazione. E invece – e non è per corporativismo – bisogna dire che invece ci sarà più bisogno di qualità, di certificazione, di regole.
Come sindacati siamo tifosi strenui dell’ articolo 21 della Costituzione. Il punto non è il diritto di parola, ma se debba esserci giornalismo professionale anche nell’ era di internet, se, appunto, ci sia bisogno di qualità, formazione, regole della professione. Quindi nessun bavaglio, ma semplicemente la necessità di portare anche nell’ era di internet domande di competenza e deontologia. Questo è un po’ il nodo intorno a cui ruota la discussione con editori.
E con loro comunque nn ci si intende bene nemmeno sulle parole: noi parliamo di multimedialità a riprova che nella discussione sulla modernizzazione necessaria siamo in una posizione di forte consapevolezza. Per loro invece la cosa principale è la classica, ottocentesca manovra di taglio del costo del lavoro.
L’ impressione è che gran parte dell’ arretratezza è proprio degli editori, che tirano verso il passato. Se abbiamo di fronte degli interlocutori per cui il miglior giornalista è il non giornalista, perché sono convinti che a colpi di mouse i contenuti si recuperano, non ci si può accordare: sarebbe la cancellazione dell’ idea stessa di giornalismo, perché di questo rischiamo di dover parlare se accogliessimo alcuni dei principi degli edfitori.