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Google? “La causa di tutti i mali” per gli editori francesi

Intervenuto a una seduta degli Stati Generali della stampa scritta a Parigi, Josh Cohen, che di Google è News Business Product Manager, è stato accolto da una violenta bordata di accuse da parte dei principali editori di quotidiani e settimanali francesi – ”Non chiediamo pietà, ma una più giusta suddivisione dei ricavi pubblicitari” – Ma c’ è anche chi sostiene che gli editori sono semplicemente incapaci di mettersi in causa e di capire che “la fonte dei ‘loro’ problemi siamo ‘noi’, noi l’ audience, noi i lettori, che li abbandoniamo perché il loro prodotto non è all’ altezza e non vale il prezzo”

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L’ editoria francese ha scatenato negli ultimi giorni una forte campagna contro Google, indicata da molti come fonte di ogni male e principale responsabile della crisi. L’ occasione è venuta dagli Stati generali sulla stampa scritta (di cui abbiamo già ripetutamente parlato, vedi qui e qui) e in particolare dall’ incontro con Josh Cohen, che di Google è News Business Product Manager, arrivato specificamente da New York per spiegare come Google intenda « collaborare alla soluzione del problema », e sottoposto a una virulenta bordata di accuse da parte dei principali editori di quotidiani e settimanali francesi.

Se ne è parlato moltissimo – e a fondo pagina* elenchiamo una serie di interventi sulla questione –. Qui sotto riportiamo intanto la ricostruzione che ne ha fatto Eric Scherer su Afp. Ma prima vale la pena citare, perché fortemente eccentrico rispetto ai commenti che si sono registrati sugli media francesi, l’ intervento di Narvic.

Su Novovision, Narvic ritiene che questo attacco frontale degli editori contro Google sia “semplicemente costernante”. Gli editori della stampa scritta – commenta – sono in realtà incapaci di rimettersi in causa, incapaci di ammettere che la fonte del “loro” problema siamo “noi”,  noi l’ audience, noi i lettori, che li abbandoniamo perché il loro prodotto non è all’ altezza e non vale il loro prezzo, noi che andiamo altrove, nei blog e nei siti alternativi perché l’ erba verde ci piace di più, noi che preferiamo i motori di ricerca e gli aggregatori perché la selezione che loro ci offrono ci sembra meno infelice della loro.

Comunque, al di là dell’ analisi critica di Narvic, a livello congiunturale resta un fortissimo attrito fra editori e Google.

« Per tutti gli editori  qualcosa si è rotto in questi ultimi mesi nella nostra relazione con Google », ha rilevato ad esempio il proprietario di PubliPrint e del Figaro, Pierre Conte, come riporta ad esempio Eric Scherer su Mediawatch.afp.com.  « Ancora sei mesi fa pensavamo di farcela, ma oggi, con la crisi attuale, noi vi consideriamo come il peggiore nemico ».

« Non chiediamo pietà, ma una più giusta divisione dei ricavi*. E’ solo in questi termini che il nostro può essere un rapporto da partner » nel campo della pubblicità online, ha aggiunto Conte, che delle questioni della pubblicità è un veterano.

Julien Billot, Direttore della sezione digitale e new business a Lagardère Active, ha minacciato: « in particolare in tempo di crisi, il vostro modello di business è diventato predatorio. Il modello dei prezzi (della pubblicità online) minaccia attualmente tutti ». Lagardère non ha escluso di portare la questione à Bruxelles, ha aggiunto rivolgendosi ai rappresentanti dei poteri pubblici riuniti nell’ ambito del polo n. 3 (Internet / digitale) degli Stati generali.

Josh Cohen e Mats Carduner (responsabili rispettivamente di Google France e Google Europa meridionale) non erano comunque andati a mani vuote.  Anzi.

Prima dicendo chiaramente di « voler contribuire alla soluzione », riaffermando le recenti prese di posizione di Eric Schmidt,  CEO di Google, che l’ anno scorso aveva evocato  « la necessità imperiosa di aiutrare la stampa ».

Cohen ha comunque ammesso di non essere venuto a Parigi  « con qualche soluzione mracolosa », ma ha tracciato delle linee di collaborazione più ravvicinate promettendo un aiuto:

Cohen ha spiegato che online il traffico dei giornali viene ormai per metà dai siti degli editori e per metà attraverso altre strade (ricerche, segnalazioni, RSS, email…). Con una tendenza di questa seconda parte a crescere.  « Ogni pagina ormai è come una prima pagina ». « Ma dobbiamo riuscire a trovare meglio i vostri contenuti ».

« Ogni mese indirizziamo sui vostri siti traffico per diverse centinaia di milioni di visitari sui vostri siti. Ci stiamo avvicinando al miliardo! ».

Ma – continua la ricostruzione di Scherer – « Google non può risolvere il problema del calo della diffusione dei giornali ». « Nessuno, neanche Google, può invertire questa tendenza. Il vostro business model deve cambiare ».

Gli editori francesi, pur riconoscendo che non è Google all’ origine dei loro problemi, non si sono comunque arresi. « Non basta » hanno risposto. « Gli accordi con voi sono troppo lontani da quello di cui avremmo bisogno ». « Il problema principale è la divisione dei ricavi. Oggi non è leale ». « E ora, con la crisi, in parecchi rischiano di morire. Non facciamo soldi abbastanza per sopravvivere online ».

« Noi ormai consideriamo Google come un pericolo per le nostre aziende », ha incalzato Conte. « I CPM sono crollati, e la crescita di internet è stata intercettata dai motori di ricerca. Noi non sianmo più in grado di pagare i giornalisti professionisti per fare il loro lavoro ».

   « L’ ecosistema delle news sta per morire », ha commentato Bruno Patino, che dirige questo polo degli Stati Generali. « E quello che oggi stiamo sentendo significa che veniamo lasciati in balia di noi stessi, nonostante le assicurazioni di Eric Schmidt. Quindi voi accettate la fine delle news come le abbiamo conosciute ».

« Voi dovete assumere una responsabilità sociale davanti agli organi di stampa. Dovetre prendere questa responsabilità seriamente », ha aggiunto l’ ex presidente di Monde Interactif e nuovo direttore generale di France Culture.

Google, ha risposto Cohen, continua a pensare che « il giornalismo di qualità sia di captale importanza; ma il business model potrebbe non essere più lo stesso in futuro ». Quanto al nuovo protocollo ACAP, raccomandato da molti editori di giornali per poter controllare meglio i propri contenuti su internet, Google continua a non volerne sentir parlare.

Josh Cohen si è rammaricato di non aver potuto giocare un ruolo più attivo partecipando direttamente ai lavori degli Stati generali. « Abbiamo perso una opportunità. Cerchiamo ora di lavorare insieme su dei progetti ».

Ma gli editori hanno denunciato anche la mancanza di trasparenza di Google (« una scatola nera ») contrariamente alle dichiarazioni di buone intenzioni. Hanno reclamato senza successo di poter avere una stima dei ricavi di Google in Francia e delle somme versate ai media francesi. Recentemente avevano calcolato che la cifra d’ affari di Google in Francia potrebbe andare dagli 800 milioni a un miliardo di euro.

Secondo Emmanuel Parody (ecosphère) tutti ormai hanno identificato con precisione la natura del problema che mina la stampa online: l’ impossibilità di monetizzare correttamente l’ informazione. Non sono sicuro che Google sia il solo responsabile su un mercato francese in cui i CPM sono da diverso tempo  molto più bassi rispetto ai vicini (vedi anche  qui). Ma con un Cpm largamente inferiore a 10 euro su Youtube e un Google che comincia a proporre della pubblicità venduta a performance (cpc) nei formati a riquadro o a banner (i tipi che assicurano la parte principale dei ricavi dei media online ), mi sembra naturale poter dire che esso contribuisce attivamente a svuotare il bacino.

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*Alcuni dei principali articoli (in francese) sull’ argomento vengono citati qui sotto (via Novovision):

** L’ 85 % delle sessioni su Internet in Francia, secondo le stime di Aegis Media, includono l’ utilizzazione di Google. La pagina dei risultati delle ricerche con Google produce nel 30 % dei casi un clic sui link AdWords situati sulla colonna di destra. Questo dispositivo, completato dalla vendita in regime di  monopolio dei link di AdSense, permette a Google di captare il 90 % del valore della pubblicità mirata contestuale. Si è venuta a creare nella pratica quindi una posizione dominante che non viene contestata sul mercato.

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