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Google è il nemico numero uno del giornalismo così come lo conosciamo e lo amiamo. Lo scrive Roben Farzad, giornalista del Business Week in un intervento che in pochi punti – riporta l’ agenzia 9colonne sul sito della Fnsi – illustra quanto di negativo Google possa significare per la società americana e per il mondo dell’informazione.
Convergenza digitale e migrazione verso Internet sono solo belle frasi, secondo il reporter, ma che distruggono il giornalismo.
"L’idea che il costo enorme della ricerca di notizie e informazioni da parte del giornalista possa essere completamente sostenuto tramite la pubblicità display o il modello del revenue-sharing di una finestra di ricerca di Google a lato della pagina, è assurda”, dice Craig Moffett, vice-president e senior analyst della Bernstein Research, intervistato da Farzad. Ma a Google ciò non interessa, sottolinea il giornalista del Business Week: l’anno prossimo, gestirà direttamente o indirettamente 55 miliardi di dollari di pubblicità online a livello mondiale. Soldi che significheranno grandi profitti per Google ma non denaro a sostegno del lavoro, spesso rischioso, dei giornalisti che vanno sul campo a cercare notizie.
L’anno scorso – rileva 9colonne – le redazioni americane hanno subito il numero di licenziamenti più alto degli ultimi trent’anni e le attività online non sono riuscite a riassorbire tutto il personale proveniente dalle redazioni tradizionali. Le entrate pubblicitarie e il valore di mercato di giornali e riviste Usa è eclissato dal valore di Google: basti pensare che l’acquisizione di YouTube da parte di Google per 1,7 miliardi di dollari è costata più della metà del valore della New York Times Co. e il doppio del valore della McClatchy, che possiede 80 giornali. Farzad lo definisce un “insulto”.
Infine – conclude l’ agenzia -, l’ultima critica di Farzad: Google uccide l’innovazione perché promuove la cultura del tutto gratis, che, dice il reporter, è “nichilista”.