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di Jeff Jarvis
(The press becomes the press-sphere,
Buzzmachine.com,
traduzione di Maria Itri)
Uno dei problemi che recentemente ho notato in molte discussioni sul futuro dell’informazione è che sono spesso troppo “stampa-centriche”. Si concentrano sui giornali come se questi fossero il centro del mondo, come se la stessa informazione, le notizie dipendessero da questo, come se risolvere i problemi della stampa significasse risolvere quelli dell’informazione.
Questo non è l’ecosistema dell’informazione oggi. Siamo di fronte ad una nuova importante strutturazione dei media e ci sono molti modi differenti di analizzarla. E fino a quando non lo capiremo, non credo che inizieremo a creare nuovi modelli per l’informazione.
Questi disegni semplicistici qui sotto sono un tentativo per iniziare a illustrare il nuovo ecosistema dell’informazione e dei media.
Iniziamo, ovviamente, con la situazione di partenza: le notizie attraverso il filtro della stampa arrivano a noi con poche altre alternative:
Questo modello è sostituito oggi da una sfera dell’informazione in cui una qualsiasi di numerose fonti può, grazie ai link, aggiungere elementi ad un articolo e soddisfare il bisogno o il desiderio di notizie e informazioni. La stampa può essere coinvolta direttamente e può creare una servizio. Ma noi potremmo averlo trovato anche grazie ad una segnalazione (“se la notizia è importante, mi troverà”). In entrambi in casi si potrebbe avere fatto riferimento alla fonte materiale di un’azienda o di un sito governativo – che oggi giocano un ruolo informativo nel raccontare il complesso del servizio giornalistico. I testimoni possono avere un ruolo diretto nel processo. Il contesto potrebbe arrivare attraverso i link agli archivi. Le cronache degli osservatori potrebbero aggiungere nuove prospettive. Tutti questi elementi arricchiscono l’informazione.
Se invece mettiamo la sfera pubblica al centro dell’universo – che è come dovrebbero essere disegnati questi grafici e come il mondo dovrebbe essere visto, come ognuno di noi lo vede – vediamo quante scelte abbiamo davanti: la stampa, certo, ma anche i nostri pari, gli altri media, le fonti originali, i link, le aziende, il governo. Queste sono tutte informazioni e noi interagiamo con esse con gli strumenti che abbiamo a disposizione.
E, ancora, la stampa si pone in una relazione diversa con il mondo attorno.
Questo cambia il giudizio su un determinato servizio. L’ idea che entrino le informazioni ed esca un articolo – foto e testo entrano e il giornale esce – nasce dal fatto che c’ è effettivamente un risultato materiale della produzione e della distribuzione, ovviamente. Una storia però ora non inizia e non finisce mai. Ma ad un certo punto dello svolgimento di una vicenda, un giornalista (che lavora in posto qualsiasi) può avere l’ idea e mettere in moto qualsiasi genere di nuovo input. Ma la storia stessa – in qualsiasi mezzo di informazione – è soltanto un frammento di una linea, un passaggio dell’ intero processo, e quel processo continuerà anche dopo la pubblicazione.
Mentre stavo parlando con i colleghi del Guardian della loro nuova redazione, ho visto una scritta sull’informazione in rilievo: nella stampa, il processo porta al prodotto, in Rete il processo è il prodotto. Questo ha un impatto su come i giornalisti vedono loro stessi e le loro relazioni con il pubblico. Questo mette in discussione l’organizzazione principale delle redazioni. Solitamente sono organizzate in sezioni – cronaca, economia, sport etc.- o funzioni – redattore, inviato, grafico etc. Anche dopo l’arrivo della rete siamo stati organizzati attorno ai media-cartaceo, online, ecc.
Ma in questa nuova ecologia, penso che le redazioni avranno bisogno di essere organizzate attorno ad argomenti o storie perché la nozione di sezione è sorpassata come il Sistema decimale Dewey . Le storie e gli argomenti diventano molecole che attraggono atomi: giornalisti, testimoni, commentatori e così via aggiungendo differenti elementi per una comprensione maggiore. Chi li fa avvicinare? Non è quasi mai il giornalista. Per ora è il lettore.
Certo, questi non sono gli unici cambiamenti nell’architettura dell’informazione.
La settimana scorsa ho partecipato ad una discussione su questi cambiamenti all’Università di New York, che includeva queste idee:
* La separazione del contenuto dalla presentazione delle pagine Internet significa che il design, la navigazione, il brand e il medium può cambiare e non è necessariamente controllato da un grafico.
* Anche i feed hanno un impatto – e posso possono ridurre l’importanza – sul packaging e sulla scala di piorità
* I reportage dei testimoni riducono a loro volta le possibilità di confezionare le informazioni
* I links traformano i nostri lettori nei nostri distributori
* Gli aggregatori e i links diventano le nostre nuove edicole
* L’ottimizzazione dei motori di ricerca ci motiva a creare archivi e rendere i servizi giornalistici più permanenti
* I motori di ricerca riducono il potere delle testate
* Noi ci consideriamo non come proprietari di un contenuto o distributori ma come membri di una rete
(…)
Questi sono i cambiamenti fondamentali sui quali è costruita l’informazione e il mondo che ruota intorno a questa. Per questo parlare dei giornali come se questi rappresentassero tutta l’informazione è limitare la discussione. È una questione molto più complessa. È molto più significativo il processo del prodotto. Non ha limiti di fonti, distributori, commentatori e prospettive.
Quando ripenseremo a questa ecologia dell’informazione, saremo in una posizione migliore per programmare il futuro.