Customize Consent Preferences

We use cookies to help you navigate efficiently and perform certain functions. You will find detailed information about all cookies under each consent category below.

The cookies that are categorized as "Necessary" are stored on your browser as they are essential for enabling the basic functionalities of the site. ... 

Always Active

Necessary cookies are required to enable the basic features of this site, such as providing secure log-in or adjusting your consent preferences. These cookies do not store any personally identifiable data.

No cookies to display.

Functional cookies help perform certain functionalities like sharing the content of the website on social media platforms, collecting feedback, and other third-party features.

No cookies to display.

Analytical cookies are used to understand how visitors interact with the website. These cookies help provide information on metrics such as the number of visitors, bounce rate, traffic source, etc.

No cookies to display.

Performance cookies are used to understand and analyze the key performance indexes of the website which helps in delivering a better user experience for the visitors.

No cookies to display.

Advertisement cookies are used to provide visitors with customized advertisements based on the pages you visited previously and to analyze the effectiveness of the ad campaigns.

No cookies to display.

Il “quasi quotidiano” che viene dal web

out-136.jpg Il caso del Christian Science Monitor e la strategia editoriale del “mainly web/little print” – Non più una redazione che ruota attorno al quotidiano a stampa, ma una testata web (sito, blog, newsletter, twitter per la copertura in diretta, ecc) da cui viene realizzato anche un giornale su carta – Anche se, per ora, nessuna testata riesce a superare il 13% dei ricavi dal web

———-

Non è che il Christian Science Monitor abbandoni totalmente la stampa per il web (vedi Lsdi, Un quotidiano Usa lascia la stampa per il web) , ma, piuttosto, è che esso rovescia il modello tradizionale. Non più una redazione che ruota attorno al quotidiano a stampa, ma una testata web (sito, blog, newsletter, twitter per la copertura in diretta, ecc) da cui viene fuori un giornale su carta.

Al di là del ‘rumore’ che la decisione del quotidiano di Boston ha provocato, il dato interessante è che il modello che esso ha adottato, il “mainly web/little print” – come è stato battezzato – si sta profilando come una precisa strategia editoriale.

Prima che si conoscesse la decisione del CSM, ne aveva parlato ampiamente l’ ex redattore capo di Libération Frédéric Filloux, secondo cui “la sopravvivenza della stampa scritta è possibile solo se si abbandonano una serie di tabù, fra cui quello che un giornale debba uscire 365 volte l’ anno” (vedi Lsdi, Un quotidiano che esce ogni 2 o 3 giorni).

E in ogni caso e’ una strategia sempre più studiata dai media americani – spiega Benoit Raphael su ‘Demain tous journalistes’  –, specialmente locali.

Per esempio, Alan Mutter vede l’ edizione su carta come “un mezzo interessante” non solo per “promuovere il sito e la partecipazione degli internauti (che adorano vedere la propria produzione stampata), ma anche per generare maggiori ricavi pubblicitari”.E’ di fatto quello che fa il sito iperlocale e partecipativo Northwest Voice , che gudagna soldi  essenzialmente grazie alla sua edizione settimanale gratuita, aggiunge Raphael.

Il sito web Politico  propone ugualmente una edizione a stampa, più volte alla settimana.

Il "mainly web/little print" (cioè un media "pure web" da cui dipende una edizione su carta) è senza dubbio un modello che vedremo comparire nei prossimi anni: un nocciolo editoriale che si basa su un sito web potente e decomplessato, che mischia scoop, aggregazione e conversazione, e che produce un “quotidiano su carta” diventato… quasi quotidiano, con delle edizioni fisse durante la settimana (gratuite o a pagamento a seconda delle esigenze di distribuzione e il segmento di lettori scelto…).

Sul suo blog – aggiunge Raphael -, Ken Doctor stigmatizza le difficoltà dei giornali nel portare avanti la necessaria (inevitabile) transizione verso questo modello dominante. "Il 95% dei loro ricavi viene dalla carta, nessuno supera il 13% di entrate dal web", constata (colpa delle tariffe pubblicitarie sempre più basse, ma anche dell’ incapacità dei media tradizionali di reinventare il modello pubblicitario).

"I giornali, semplicemente, non sono riusciti a operare in maniera sufficientemente rapida la loro transizione”, riassume Ken Doctor, che considera comunque il  "mainly web/ little print" come il modello esemplare del media moderno.