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L’ Economist, il successo dell’ indipendenza

La vicenda Unità/Angelucci riporta d’ attualità il tema dell’ indipendenza editoriale e l’ esigenza, mai accettata seriamente dall’ impresa del nostro paese, di uno statuto specifico delle aziende editoriali – Una tesi di laurea sull’ Economist (che Lsdi pubblica) analizza i modi con cui nel settimanale inglese i principi dell’ autonomia della redazione si sono concretamente affermati, anche attraverso dei precisi passaggi statutari  

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di Diego Dalla Via*

Successo commerciale, indipendenza, tradizioni culturali ed ideologiche rischiano di rimanere percorsi inconciliabili sulle strade della stampa italiana. Un ritardo di carattere culturale, quello del nostro paese, che si pone come ostacolo aggiuntivo nella già difficile e lunga transizione che la stampa quotidiana deve affrontare in virtù dello sviluppo dei nuovi media elettronici.

La recente fibrillazione attorno alla concreta possibilità che la famiglia Angelucci, già editrice di Libero e Riformista, possa acquisire il controllo dell’Unità è in questo senso significativa.

Rappresenta il sintomo di un clima difficile ma allo stesso tempo l’opportunità per concreti passi in avanti. Il tema dell’indipendenza editoriale infatti, incontra fortune alterne nell’attenzione che gli viene riservata dall’opinione pubblica ed episodi di questo genere possono risultare decisivi.

Qualcosa di simile avvenne nella primavera del 2005 quando la cronaca legò per un certo periodo il nome dell’ immobiliarista Stefano Ricucci a quello del gruppo RCS. Proprio in quella occasione accadeva, non di rado, di sentir parlare di meccanismi di garanzia, di filtri tra proprietà e scelte editoriali e magari di imbattersi in riferimenti più o meno velati all’ Economist. Lo storico settimanale inglese deve infatti parte del suo prestigio e del suo successo, anche economico, ai meccanismi statutari che ne garantiscono l’autonomia editoriale.

Economist è privo di un soggetto proprietario egemone. Le quote sono bipartite al 50% fra un soggetto prettamente commerciale e uno più legato alla tradizione e ispirazione editoriale della testata. Su due dei momenti fondamentali della vita del giornale, la nomina – rimozione del direttore e la cessione di quote proprietarie, pesa il potere di veto di un organo di garanzia indipendente dalla proprietà. Inoltre, la composizione del consiglio di amministrazione è vincolata a istanze in parte estranee a fattori puramente commerciali, numerici. I due soggetti proprietari sono diversamente rappresentati nel consiglio e lo sbilanciamento va a favore del soggetto editoriale, considerato soggetto debole, a scapito del soggetto imprenditoriale.

Questa, schematicamente, la struttura:

* Assenza di un soggetto proprietario egemone

Quote proprietarie bipartite al 50% fra un soggetto prettamente commerciale e uno (anche composito e comprendente membri della redazione stessa) più legato alla tradizione e ispirazione editoriale del giornale.

 

* Potere di veto

Presenza di un organo indipendente dalla proprietà con potere di veto su due momenti fondamentali della vita del giornale. Nomina e rimozione del direttore e cessione di quote proprietarie.

 

* Due porzioni di proprietà in consiglio

La composizione del consiglio di amministrazione è vincolata a istanze in parte estranee a fattori puramente commerciali, numerici. Le due porzioni proprietarie (al 50%) sono diversamente rappresentate nel consiglio, il soggetto "editoriale" (considerato soggetto debole) ha tre rappresentanti contro i due del soggetto "economico". L’organo indipendente di controllo ha un proprio rappresentante nel consiglio di amministrazione.

 

In altre parole un sistema di regole che garantisce ad ognuna delle forze in gioco il proprio spazio di intervento e che riesce a coltivarne le specificità. Dato che ogni pubblicazione, in fondo, ha la propria storia e il proprio dna, la speranza è che quello dell’ Economist smetta di essere un ideale lontano e divenga invece una, fra le molte concretizzazioni possibili di quella necessità imprescindibile della stampa, che è l’indipendenza.

*Diego Dalla Via studia Televisione, cinema e produzione multimediale allo IULM di Milano e si è laureato nel 2005 in Scienze della comunicazione all’ Università di Padova col professor Raffaele Fiengo con una tesi in Teorie e tecniche del linguaggio giornalistico dal titolo “The Economist, il successo dell’indipendenza”.

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