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Pubblicità inserita a forza nei video pirata

anvato.jpg Anvato, un’ azienda californiana è in grado di filtrare un milione di minuti di video in cinque secondi e di inserire dei banner pubblicitari nei filmati che circolano illegalmente in rete compensando così in parte le presunte perdite delle vittime del pirataggio – La società ha già raccolto capitali per 2 milioni di dollari e si appresta a chiederne altrettanti sul mercato

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Per compensare gli editori e i distruibutori delle perdite eventualmente subite per il ‘pirataggio’ dei loro contenuti su internet, un’ azienda californiana  – Anvato – ha sviluppato una soluzione in grado di identificare i video messi illecitamente sulla rete e di inserirvi un messaggio pubblicitario.

L’ azienda – spiega Atelier, un centro di analisi economica delle tecnologie che fa capo a UBP Paribas – è appena riuscita a raccogliere capitali per 2 milioni di dollari presso alcune società di investimento fra cui  Oxantium Ventures per migliorare questa sua tecnologia. Il capitale ricevuto servirà al lancio di AdMatch, una piattaforma che consente agli editori di inserire della pubblicità contestuale nei video ‘rubati’ e di farlo in maniera non intrusiva. Uno strumento di gestione del consumo permetterà anche ai fornitori di contenuti di controllare l’ utilizzazione che gli internauti faranno del file e se essi cliccano sul banner.

Un programma di analisi computerizzata per individuare i video pirati

L’ azienda ha in programma una seconda campagna di finanziamenti per ottenere altri 2 milioni di dollari.  "Questi primi finanziamenti ci permetteranno di allargarci sul mercato nel momento in cui il video online è in piena crescita e in cui gli editori cercano i mezzi per monetizzare la loro proprietà intellettuale ", sottolinea Alper Turgut, co-fondatore di Anvato. Tecnicamente, il sistema di tracking utilizzato dall’ azienda analizza i video che circolano sulle piattaforme di condivisione (un milione di minuti di video scannerizzati in cinque secondi, spiega la società) attraverso una ‘visione’ dei video da parte dei computer. L’ interesse di questa soluzione – aggiunge Atelier – è che i video non hanno bisogno di essere classificati con dei meta-tag o di essere dotati di filigrana per essere identificati. 

Identificare e poi monetizzare: una iniziativa che si allarga

Nel campo del blocco massiccio dei contenuti e dell’ introduzione di politiche restrittive, la monetizzazione attraverso la pubblicità sembra diventare di colpo una alternativa sempre più interessante per gli editori. La prova? Si moltiplicano le iniziative. Recentemente – prosegue Ateliern – MySpace e il gruppo MTV hanno siglato un accordo con Auditude: quest’ ultimo consentirà loro di realizzare dei  guadagnicompensativi attraverso i suoi sistemi di identificazione dei programmi pirata e l’ inserimento di banner pubblicitari. I ricavi saranno divisi fra le parti.