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Carlo Ruta, lo storico ragusano condannato per ‘stampa clandestina’*, intensificherà il suo impegno “sulla linea della libertà di espressione, perché la situazione nel paese, davvero preoccupante, ci sollecita tutti, operatori della comunicazione e cittadini, a una mobilitazione responsabile”.
Lo dichiara in una lunga intervista concessa a Enrico Natoli, presidente dell’associazione romana “Cuntrastamu”, annunciando anche che entro il 2008 renderà pubblico e fruibile a tutti il proprio archivio personale. Si tratta di circa 20.000 documenti raccolti in quasi 20 anni di lavoro, in massima parte originali, sulla cui base ha affrontato in questi anni una varietà di casi, a partire dalle trame dell’immediato dopoguerra.
Nell’ intervista lo storico/giornalista chiarisce gli sfondi in cui ha operato in questi anni, le ragioni della repressione giudiziaria attuata nei suoi confronti, fino alla recente condanna. Espone quindi le sue considerazioni sulla situazione in Italia in merito al giornalismo e al diritto di espressione.
Il giornalista d’inchiesta, se fa il proprio mestiere con correttezza e dedizione, costituisce, come dicevo prima, un pericolo in sé, a prescindere da tutto – spiega Ruta -. Per quanto mi riguarda ho sempre fatto il possibile per essere sufficientemente razionale, distaccato dalle situazioni che mi sono trovato ad esaminare. Ho sempre cercato di tenermi distante dalle paludi, che pure in Sicilia sono insidiose e pervadenti. Probabilmente, si vuole colpire questo mio modo di essere, che peraltro mi ha permesso di comunicare con tanta gente. Credo che non venga sopportato inoltre il mio scrupolo di documentazione, che mi viene un po’ dall’interesse per i fatti storici. E poi, naturalmente, tutto il resto. Come reagisco a tali atti repressivi? Continuando a studiare il passato e il presente, a documentare, a informare.
Gli ultimi eventi, comunque, hanno fatto maturare in me una decisione. In quasi venti anni di lavoro ho raccolto un archivio personale che si compone di circa ventimila documenti, in massima parte originali. Con tali documenti ho potuto operare con profitto su una varietà di casi, a partire appunto dalle trame dell’immediato dopoguerra. Ecco, ho deciso di rendere pubblico e fruibile a chiunque questo archivio, spero entro l’anno corrente. E ne sto studiando i modi. Sento infine di dover intensificare il mio impegno sulla linea della libertà di espressione, perché la situazione nel paese, davvero preoccupante, ci sollecita tutti, operatori della comunicazione e cittadini, a una mobilitazione responsabile.
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* (Vedi Lsdi, Un appello per la libertà di espressione)