Se i giornalisti fanno lezione ai blogger
Negli Usa la SPJ (Society of professional journalists) ha organizzato dei seminari di formazione al giornalismo destinati ai blogger nell’ ambito di una Accademia del “citizen journalismâ€, riproponendo il problema del futuro del ruolo dei giornalisti – Ma forse, secondo Benoit Raphael, si dovrebbe cominciare a ragionare in un altro modo, “non chiedendosi più se resterà ancora qualcosa del mestiere di giornalista, ma considerando nella sua globalità questo nuovo ambiente dell’ informazione†– E in ogni caso, “più cittadini produrranno informazione e meglio il mondo andrà â€
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Se in Italia è solo da poco che il giornalismo professionale comincia a guardare ai blogger senza tanta puzza sotto al naso, negli Stati Uniti le cose sono andate molto avanti tanto che la Società dei giornalisti professionisti (Society of professional journalists) ha cominciato ad organizzare per 25 dollari al giorno dei seminari di formazione al giornalismo di base destinati proprio ai blogger.
Lo segnala Benoit Raphael suo suo blog Demain tous journaliste? , spiegando che l’ obbiettivo di questi corsi è prima di tutto aiutare i blogger a proteggersi legalmente: se non sono dei professionisi – spiega Raphael – non sono infatti neanche degli editori.
Negli ultimi tre anni – rileva Robert Cox, presidente della "Media Bloggers Association" – sono stati celebrati più di 100 processi contro dei blogger, con multe e risarcmenti per almeno 17 milioni di dollari: il 60% di essi per diffamazione, il 25% per infrazioni al diritto d’ autore e il 10% per violazione della privacy.
Il secondo obbiettivo – dice ancora Raphael – è di sensibilizzarsi sui loro diritti, sulla libertà di informazione, e insegnare loro le tecniche di base del mestiere di giornalista.
Il programma prevede lezioni sull’ etica, la legislazione, l’ individuazione e la scelta delle fonti, le tecniche di base del reportage e le tecnologie da utilizzare.
I corsi vengono svolti nell’ ambito di una Accademia del giornalismo dei cittadini (Citizen Journalism Academy), che punta ad “aiutare chiunque voglia praticare il mestiere di giornalista a farlo in maniera responsabile”.
Qualcuno – commenta Raphael – dirà che questi giornalisti si tirano la zappa sui piedi. Qualcun altro risponderà invece che non si vogliono mettere i paraocchi, cercando di portare qualche pietra al nuovo edificio dell’ informazione.
”Nel momento in cui le grandi redazioni cominciano a licenziare giornalisti dopo aver tagliato quanto più potevano (sindacalmente) fra i poligrafici, e mentre il 40% dei grandi giornali perdono soldi (Jeff Jarvis), e, ancora, mentre si comincia a dire che questa massa crescente di giornalisti che sono finiti per strada non potrà mai essere assorbita da internet, l’ iniziativa della SPJ – secondo Raphael – è particolarmente interessante… e sintomatica del cambiamento profondo, molto profondo, che è in corso nella professione”.
Sullo stesso piano il giornalista francese invita a leggere (e a guardare) anche il programma di formazione online per “citizen journalists” sul sito del Knight Citizens News Network, e il video d’ introduzione di Jeff Jarvis, professore di giornalismo e blogger. Jarvis spiega in sostanza che i blogger devono imparare a proteggersi (“safe”) e soprattutto continuare a pubblicare sempre di più…
Infine, un esempio interessante di giornalismo dei cittadini locale è da scoprire sul sito d’ informazione non commerciale, ChiTown Daily News, dove 77 volontari diffondono l’ informazione iperlocale a Chicago. Il fondatore fa partecipare i suoi collaboratori alle sessioni di formazione della SPJ…
Ma allora, quale ruolo rimane ai giornalisti?
Secondo Raphael, si può già dire che:
- Ci sarà più informazione ma meno giornalisti di prima
- La produzione e la distribuzione delle notizie saranno sempre più divise fra i cittadini e quelli che oggi chiamiamo “media”
- La nozione stessa di media va evolvendo profondamente
- I giornalisti, che non hanno più il monopolio dell’ informazione, probabilmente non avranno più neanche il monopolio della selezione e della verifica
- E perderanno anche il monopolio di questo nuovo ruolo che gli si vuole assegnare, quello di animatore della comunità. La comunità a volte se ne fa carico essa stessa da sola. Degli strumenti come Friendfeed vanno proprio in questa direzione.
Ma se invece – prosegue Raphael – si dovesse ragionare in un altro modo? Non chiedendosi se resa ancora un mestiere di giornalista, ma considerando nella sua globalità questo nuovo ambiente dell’ informazione? E interrogandosi sul modo migliore di farla funzionare in modo che la libertà di informazione ne esca rafforzata?
Una cosa è sicura, sembrano dire Jeff Jarvis e la SPJ: più cittadini produrranno informazione e meglio il mondo andrà. Una volta che però avremo messo le cose così – conclude Raphael -, quali nuove regole, quale nuovo ecosistema bisognerà mettere in atto per impedire che questa libertà si trasformi in nebbia, fonte di tutte le manipolazioni?