Tv: ma anche il giornalismo partecipativo cede al mainstream
La grande “febbre†del giornalismo dal basso ha contagiato anche You Tube (gruppo Google), che ha appena creato Citizen News, una piattaforma per i video degli utenti, ma i criteri di filtraggio rigido che vengono utilizzati sempre più spesso finiscono per portare anche il citizen journalism verso il mainstream – Danis Charter cita in proposito anche il sito della CNN iReport, mettendo in guardia circa la “trappola†che si può nnascondere dietro al fatto che “ognuno possa fare informazioneâ€
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di Andrea Fama
È un’emorragia ‘patecipativa’ inarrestabile, un virus multiforme e contagioso, la febbre gialla dell’informazione ‘dal basso’, ma non fa male. O almeno così pare, finora. Parliamo del citizen journalism, che in questi giorni si è arricchito di una nuova, luccicante vetrina che già ammicca dall’affollato portale di YouTube: si chiama Citizen News ed è la piattaforma di Mountain View dedicata al giornalismo partecipativo.
Già a febbraio la CNN aveva tentato l’ esperimento di un sito alimentato dai contenuti prodotti dai cittadini, i-Report. E la stessa strada era stata seguita anche da Yahoo e Reuters con You Witness News e dalla BBC con Your News.
Non è quindi affatto una sorpresa che un colosso dalla vista lunga come Google abbia messo gli occhi su quello che oggi è forse solo un fenomeno potenzialmente redditizio, ma che alcuni pensano – e moltissimi sperano – possa gettare le basi per un nuovo giornalismo a tratti inteso come spauracchio di quello tradizionale, ormai considerato consunto, oscurantista e parassitario specie dalla comunità dei web-citizen.
Nelle parole di Olivia M., novella News Manager della piattaforma di You Tube, la “mission è quella di rendere il sito una tappa obbligata dell’informazione sul Web”, con un occhio di riguardo ai reportage e ai servizi sulle realtà locali. Non è da escludere che l’ambizioso progetto di YouTube si realizzi, dando una voce internazionale ai contributi degli utenti, che saranno universalmente riconoscibili e raggiungibili grazie alla notorietà del marchio patrocinatore, anziché ‘amorevolmente’ intrappolati in contenitori che, per quanto ammirevoli e precorsivi, non vantano un tale appeal e una tale forza di penetrazione a livello globale (con l’unica eccezione, forse, di Current Tv, che cavalca la scia del traino mediatico del fondatore Al Gore).
Naturalmente, il fatto che YouTube abbia messo le mani su di un mezzo dall’elevato potenziale destabilizzante solleva, oltre che molto interesse, anche molti dubbi, di natura tecnica, etica ed economica. Dan Gillmor, profeta del giornalismo partecipativo e autore della bibbia ‘partecipativa’ We, the Media, sostiene che si tratta di un esperimento meritevole e che attende di “vederne i risultati … Ma nel momento in cui lo monetizzeranno, spero che troveranno il modo di ripagare anche gli autori dei contributi [gratuiti] … e spero anche che daranno agli utenti la possibilità di usare licenze Creative Commons, che sono incentrate sulla condivisione delle informazioni, contrariamente agli attuali, restrittivi termini di utilizzo”.
E a proposito di restrizioni, responsabilità dei contenuti, pubblicazione e rimozione delle news, Danis Chartier avverte dalle colonne di ArsTechnica che il citizen journalism è ormai indirizzato verso il mainstream, e cita in proposito il sito della CNN iReport, mettendo in guardia circa la “trappola” che si nasconde dietro al fatto che “ognuno possa fare informazione” e che, parafrasando Olivia M., “non solo i giornalisti navigati possano scuotere le acque dell’informazione, ma anche i cittadini comuni”. Secondo Chartier, pertanto, è necessario che anche YouTube, come la CNN, investa denaro e risorse per filtrare i contributi degli utenti e dare quindi “maggior valore all’iniziativa Citizen News”.
Alla luce di ciò è più che legittimo chiedersi se un sistema di filtraggio rigido e restrittivo non rappresenti, di fatto, la morte civile del libero giornalismo partecipativo. E la riproposizione pari pari delle logiche del mainstream media.