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Una Fondazione (forse in Italia) per Agoravox

Carlo Revelli, creatore e anima di uno dei siti di giornalismo partecipativo più importanti di Francia, annuncia la decisione di ricorrere allo strumento Fondazione per ‘’difendere la sua autonomia e la sua originalità’’ – La necessità di costruire nuovi modelli mediatici e l’ esempio dei ‘’mecenati’’ anglosassoni per lo sviluppo del giornalismo investigativo – Potrebbero essere scelta l’ Italia (o il Belgio) come sede della Fondazione per motivi di praticità giuridica

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Conciliare etica e ricerca di neutralità informativa oggi richiede l’ invenzione di nuovi modelli mediatici.

E’ così che Carlo Revelli*, creatore e anima di Agoravox (il primo e fra i maggiori siti di giornalismo partecipativo in Francia), spiega la decisione di trasformare l’ azienda in una Fondazione, scelta che – aggiunge in un lungo articolo – ”è sembrata la strada più appropriata per preservare l’ indipendenza e il futuro di Agoravox”.

Lanciato nel marzo del 2005 in collaborazione con Joel De Rosnay (con cui tra l’ altro aveva scritto un saggio, « La Révolte du Pronétariat »), il sito è diventato ora una grossa comunità, forte – precisa Revelli – di 30.000 iscritti, 1.000 moderatori potenziali e circa un milione di visitatori al mese.

Crescendo, però, si è posta una questione cruciale: come continuare a sviluppare Agoravox preservando la sua indipendenza e la sua originalità.

Piuttosto che cedere alle pressioni di diversi investitori della sfera del Web 2.0 che – prosegue Revelli – avrebbero voluto investire somme rilevanti nel sito (il cui valore sarebbe grosso modo pari a quello di Libération prima dell’ ultimo aumento di capitale), ma avrebbero conquistato il diritto ad avere voce in capitolo, il fondatore di Agoravox ha scelto la via della Fondazione. Che, tra l’ altro,potrebbe avere la sua sede in Italia o in Belgio.

Ma perché creare una fondazione? Perché non creare semplicemente una nova società commerciale?

‘’Senza voler assumere delle posizioni anticapitalistiche non mi sono proprie – spiega Revelli -, ogni società commerciale ha come finalità intrinseca il profitto degli azionisti e la ricerca del profitto fa parte del Dna di ogni azienda’’. Ma, aggiunge Revelli citando Benoit Raphael (vedi Lsdi qui ), ‘’se il Dna dell’ informazione è cambiato non è solo quello dei giornalisti che deve cambiare, ma soprattutto quello degli editori…’’.

Che cosa è precisamente una fondazione?

Il termine ‘fondazione’, secondo Wikipedia, designa l’ atto attraverso cui uno o più persone fisiche o giuridiche decidono la destinazione irrevocabile di beni, diritti o risorse alla realizzazione di un’ opera di interesse generale e senza scopo di lucro’’. A differenza di una associazione, che nasce dal concorso delle volontà di più persone di lavorare insieme, la Fondazione è prima di tutto ‘’del danaro privato messo a disposizione di una causa pubblica’’.

Anche se non è il caso della Francia, Revelli ricorda che molti dei servizi che si sviluppano nel settore del software libero funzionano sotto forma di Fondazioni, soprattutto nei paesi anglosassoni. Basta ricordare la Wikimedia Foundation, la Fondazione Mozilla per Firefox, la Fondazione Linux, la Fondazione Ubuntu, la Fondation pour le logiciel libre di Richard Stallman o la Electronic Frontier Foundation.

Revelli avrebbe voluto utilizzare la figura giuridica della ‘’fondazione riconosciuta di utilità pubblica’’, ma in Francia occorre almeno un anno per ottenere questo status e quindi Agoravox si è orientata verso l’ estero, individuando l’ Italia o il Belgio come i paesi europei che potrebbero accoglierla ‘’in condizioni rispettabili e garantirne l’ indipendenza’’.

La finalità della fondazione sarà principalmente l’ impegno in favore della libertà di espressione. Può sembrare una banalità – aggiunge Revelli -, ma non lo è affatto, soprattutto in questo periodo. Il punto di riferimento potrebbe essere la celebre Dichiarazione di indipendenza del Cyberespazio che John Perry Barlow (il co-fondatrore della Electronic Frontier Foundation) ebbe il coraggio di leggere a Davos davanti a tutti i capi di stato del pianeta nel 1966.

In questo quadra Revelli annuncia anche che nel quadro della Fondazione verrà lanciato un progetto chiamato AgoraVoices. Che seguirà il modello dell’ open-source e della libertà digitale. Chiunque potrà creare il prpprio media partecipativo secondo dei modelli che verranno definiti e che in alcuni casi permetteranno di generare dei ricavi.

In questa ottica Revelli sta collaborando con Thierry Crouzet al progetto Cozop (ancora in fase sperimentale). Una zona di copperazione, una sorta di club di lettura gigante, una spazio di « social reading ».

In ogni caso, ‘’il nostro obbiettivo – precisa Revelli – è anche di rafforzare e sostenere con ogni mezzo numerose inchieste partecipative in collaborazione con giornalisti investigativi o esperti riconosciuti. Su questo fronte potrebbero essersi diverse novità. Come rileva Libération, è incoraggiante vedere che negli Stati Uniti ci siano dei mecenati che finanziano inchieste indipendenti e delle vere iniziative di giornalismo di investigazione.

E’ chiaro – aggiunge il fondatore di Agoravox – che le competenze e le finanze sono il nerbo della compétences et les finances sont le nerf de la guerra dell’informazione e della disinformazione in cui i media sono immersi da diversi anni.

Quanto al problema della pubblicità (a cui secondo alcuni bisognerebbe rinunciare per mantenere la propria indipendenza), secondo Revelli in teoria sembrerebbe una soluzione ideale, ma, in realtà, risulterebbe ‘’inutile e pericolosa’’. Pericolosa, perché senza pubblicità questo modello sarebbe difficilmente sostenibile, soprattutto all’ inizio, anche se a medio termine i ricavi pubblicitari dovrebbe costituire una parte minoritaria delle risorse della Fondazione. Anche Wikipedia non ce la fa a vivere di soli contributi e donazioni e cerca delle fonti di diversificazione. Naturalmente i paesi anglosassoni hanno una tradizione di donazioni molto più forte della nostra.

‘’Personalmente – sostiene Revelli – non credo troppo alle pressioni degli inserzionisti su internet. In quasi tre anni non ho subito alcuna pressione da parte di uno di loro. Probabilmente per una ragione assai semplice: non abbiamo alcun contatto diretto con gli inserzionisti, che vengono gestiti da aziende pubblicitarie autonome. Non dico che delle pressioni siano impossibili, ma per il momento non ne ho viste al nostro livello. In ogni caso noi ci riserviamo il diritto di vietare questo o quell’ annuncio sul sito e questo sarà valido anche in futuro.

In ogni caso – conclude il fondatore di Agoravox – sappiate che non si tratta di una decisione presa con leggerezza, ma è stata a lungo al centro delle nostre riflessioni e probabilmente è la scelta più difficile che io abbia mai fatto. Ma penso sinceramente che sia la migliore opportunità per garantire il nostro volo. Il funzionamento di Agoravox non può che appartenere a quelli che la fanno vivere tutti i giorni’’.

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* Fondatore di AgoraVox, PDG della société Cybion, creata nel 1996 con Joël de Rosnay, ha lavorato per alcuni anni nel settore degli studi di mercato e dei sondaggi (Sofres e Ifop). E’ nato nel 1969 a Rome e vive a Parigi dal 1993

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