Tra leggi e diritti, la Rete nella rete / 2
Seconda puntata dell’ analisi (deprimente) di quanto la Politica italiana sta cercando di imporre alla Rete
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di Andrea Fama
Politica e Internet sono due ingredienti che, se messi in contatto su suolo italico, ingenerano deflagrazioni dai risultati sempre più bizzarri, un po’ come nei video tanto popolari su YouTube in cui si mescolano le caramelle Mentos con la Coca-Cola (vedi anche l’ articolo precedente). Un esperimento dagli esiti imprevedibili, a volte divertenti a volte meno, ma che garantisce comunque una ferma certezza: il risultato finale sarà un gran pasticcio.
Ultimamente i punti di contatto tra queste due realtà sono stati molti, forse troppi.
Si è parlato con grande enfasi del fatto che la Camera dei Deputati abbia aperto un proprio canale su YouTube per favorire un rapporto di trasparenza con l’utente-elettore, anche se forse si è parlato meno del fatto che questo prezioso strumento di partecipazione sia stato paradossalmente svuotato proprio dell’elemento partecipativo, in quanto è stata bloccata la possibilità di votare o commentare i contributi caricati sul canale.
Si è parlato, forse con poca enfasi, anche delle diverse manovre tese ad irretire la Rete, dall’Istituzione di un Comitato Tecnico contro la Pirateria Digitale e Multimediale alla proroga della legge Pisanu sull’accesso alla Rete, dalla proposta del Senatore D’Alia integrata al pacchetto sicurezza-intercettazioni fino al DDL promosso da Luca Barbareschi sulla pirateria multimediale, passando per il disegno di legge di un altro personaggio dello spettacolo prestato alla politica, Gabriella Carlucci, la cui proposta aleggiava ufficiosamente sul Web già da settimane.
Ebbene, adesso quel fantomatico DDL si è materializzato in tutta la sua disarmante interezza proprio sul sito dell’On. Carlucci, dal quale la ex soubrette discetta con disinvoltura su temi che spaziano dalla nano-fisica allo spettacolo, trovando anche il tempo, come in questo caso, di interessarsi di pedo-pornografia on-line e sicurezza in Rete.
Personalmente, non ho le competenze giuridiche necessarie per analizzare esaustivamente il disegno di legge, ma fortunatamente ci corre in soccorso il Presidente dell’Istituto per le politiche dell’innovazione Guido Scorza che, in un puntuale intervento apparso su PuntoInformatico, demolisce ogni comma dei quattro articoli che compongono il DDL.
Tuttavia, nonostante la mia traballante preparazione giuridica, vi sono alcuni aspetti impossibili da trascurare anche per chi non è esattamente un maestro di diritto.
Pirateria e pedofilia non sono la stessa cosa. Il DDL, infatti, sembra più che altro volto a tutelare i diritti d’autore piuttosto che quelli ad una navigazione sicura, e non fa nessun riferimento alla pedo-pornografia on-line, fenomeno incommentabile (come incommentabile è il suo uso strumentale) contro il quale esistono già strumenti tecnici e normative efficaci.
L’Unione Europea non starebbe a guardare ed entrerebbe sicuramente nel merito di reati commessi anche solo “per il tramite di apparati informatici e infrastrutture fisicamente presenti nel territorio della Repubblica Italiana” che, però, potrebbero esulare dai confini geografici dell’Italia.
I grandi operatori, e non solo loro, fuggirebbero a gambe levate dal mercato italiano. Se il disegno di legge fosse approvato, infatti, piattaforme come Google o portali come LSDI sarebbero sanzionabili alla stregua di chi immette i contenuti incriminati.
Internet non è la stampa. La tentazione di accollare al Web gli oneri della stampa (trascurando di considerare anche gli onori, che resterebbero appannaggio della carta stampata) è già stata ampiamente discussa e sarebbe già dovuta svanire in seguito ad una letteratura giuridica abbastanza chiara in materia, ma, come risaputo, si può resistere a tutto tranne che alle tentazioni, e così ecco che ci risiamo.
L’unico lumicello ad illuminare la notte lunga e buia dei netizen è tuttora al vaglio del Parlamento. Si tratta della cosiddetta legge “Salvablog”, avanzata dall’On. Cassinelli, che intende separare i contenuti “professionali” da quelli “amatoriali” che compongono il mosaico digitale dell’informazione on-line, ponendo dei paletti più chiari rispetto alle normative attuali (con la Legge 62/2001 sull’editoria che conferma la legge del 1948 sulla stampa), come sempre fumose ed imprecise, ed eliminando il reato di stampa clandestina in cui praticamente tutti, tra siti e blog, incorrerebbero a meno che non si sottoponessero ad interminabili quanto inutili iter burocratici oltre che a oneri economico-penali inconciliabili con un’attività amatoriale.