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‘’Hasta la vista y gracias’’. Si chiude. Dopo 22 mesi di lavoro sulla rete il sito d’ informazione spagnolo Soitu.es ha chiuso il 27 ottobre, con un ‘’arrivederci e grazie’’. ‘’Anche i siti d’ informazione muoiono’’, commenta con amarezza Benoit Raphael, su Demain tous journalistes, pubblicando e confrontando le foto della redazione di Soitu.es e quelle della redazione del Rocky Moutain News, il quotidiano regionale di Denver, che aveva cessato le proprie pubblicazioni il 27 febbraio scorso.
Stessa afflizione, stessi sguardi persi nel vuoto. Con la differenza, però, spiega Raphael, che il quotidiano di Denver era diventato il simnbolo di una vecchia stampa alla deriva, falciata dalla rivoluzione del web e dalla crisi.
Soitu.es, invece, rappresentava l’ avvenire: l’ informazione sul web, innovatrice, in presa diretta con la sua comunità.
Il terribile, in questa vicenda, è vedere che la rivoluzione che 600 anni dopo Gutenberg si abbatte sul mondo dell’ informazione non fa morti solo dal versante carta. Ma uccide anche iniziative online. E continuerà a farlo. Perché i modelli economici non sono ancora a punto e ci vuole il carburante per resistere in questa indispensabile fase di innovazione.
Proprio quello che è mancato ai colleghi di Soitu.es.
Il sito era finanziato dal gruppo bancario BBVA, anch’ esso colpito dalla crisi, ricorda Pierre Haski su Rue89. Gumersindo Lafuente, direttore di Soitu.es, ha lamentato di non essere riuscito a convincere i vertici della banca dell’ importanza del principio secondo cui « i progetti che nascono in un settore nuovo in momenti di incertezza hanno bisogno di pazienza per trovare il loro posto ».
Ecco – commenta Raphael -. Ci vuole tempo. Dai 3 ai 6 anni per un media online per diventare redditizio. Lanciare progetti. Sperimentare e combinare i modelli economici, sbagliare, correggersi, andare avanti.
E ci vuole anche e soprattutto un po’ di comprensione (stavo per dire una ‘’visione’’) da parte degli azionisti. Ma in questi tempi di crisi la tendenza nei media è verso l’ irrazionale e il ripiegamento su se stessi.
E’ terribile perché dei giornalisti si ritrovano senza lavoro ed è terribile perché il ripiegamento sulla propria testata o sul vecchio modello non fa che ritardare il momento fatidico. E in quel momento, quando le ultime gocce di carburante saranno state succhiate dai gruppi editoriali, non ci sarà nessuna alternativa per prendere il cammino del muovo modo che si delinea.
E’ oggi che bisogna crederci.
Un amico consulente – chiude Raphael – mi ha confidato qualche giorno fa: ‘’Trovo i padroni del giornali terribilmente deprimenti’’.