In questi giorni le redazioni dei giornali sono percorse dallo tsunami della crisi in atto. La parola d’ordine è tagliare costi. E’ l’ unica opportunità possibile ? Probabilmente sì, ma tagliando e basta e su tutto si rischia di gettare l’acqua dal catino … con il bimbo dentro.
Mantenere i ricavi o addirittura accrescerli pare una mission impossible. La pubblicità come temuto dopo le festività sta scendendo in verticale: avete dato una occhiata attenta alle ultime edizioni di quotidiani, inserti o magazine? La foliazione si sta erodendo a vista d’occhio perché stampare meno pagine costa meno e perché mancano investitori pubblicitari. Per questo i giornali perdono anche un 30% delle pagine, si creano buchi, anzi voragini, alla voce ricavi pubblicitari.
Allora cerchiamo di aumentare il prezzo di copertina dei giornali. Non è una operazione così semplice dato che i lettori hanno sempre meno denaro da spendere e sbagliare l’aumento esagerando potrebbe voler dire fare harakiri perdendo per strada e per sempre importanti fette di mercato, regalandolo alla freepress o perdendo la battaglia di suscitare l’attenzione di quanti comprano più quotidiani o magazine e devono ridurre il budget per informarsi.
Qualche editore sostiene la tesi che “ne abbiamo già superate tante di crisi, ce la faremo anche questa volta”. Questa volta la situazione è diversa. La congiuntura economica sfavorevole è figlia degli sprofondamenti finanziari iniziati nell’autunno 2008 che l’ottimismo della volontà vorrebbe essersi conclusi. Il pessimismo della ragione impone però la conclusione che ci saranno ancora dei caduti fra banche e finanziarie.
Ma è oramai chiaro che la congiuntura economica ha solo dilatato tempi e modi di una crisi che si è fatta strutturale e sistemica e che sta creando panico da tracollo o da slavina infinita.
Questa paura del dissesto sta facendo dimenticare che non ci troviamo di fronte a un crollo del sistema dell’informazione, ma di davanti a una trasformazione epocale. E’ come quando i costruttori di carrozze si sono accorti che la carrozza stava diventando obsoleta: o hanno deciso che occorreva pensare a una cosa detta automobile: oggi siamo alla fase successiva: dal motore a scoppio al motore elettrico, ma sempre di mezzi di locomozione si tratta.
Invece lo sfascismo di chi pensa che siamo alla “fine dell’informazione” del tipo “crepi Sansone con tutti i Filistei” sta cercando di nascondere gli errori di valutazione di quelli che della rivoluzione digitale si sono voluti disinteressare per lungo tempo pensando che le rendite di posizione fossero infinite. E invece pare che stiano finendo in un sistema dell’informazione integrato e connesso attraverso la Rete.
Quindi è meglio che questi attori dell’informazione abbiano il coraggio di leggere le cose che stanno accadendo per quello che effettivamente vogliono rappresentare: una trasofrmazione oramai imprescindibile.
Guardando con onestà che cosa sta accadendo con realismo e senza paraocchi può aiutare a dare energie e investimenti per tuffarsi velocemente nel futuro dell’informazione digitale. Che è da tempo un oggi.