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Internet è un’ arma di classe? Un’ arma che le classi medie, in particolare, stanno imbracciando contro le elite?
Emmanuel Parody, in un lungo articolo dal titolo « Crise de la presse : moins une question de qualité des contenus que de clivages sociaux », ha aperto nei giorni scorsi un dibattito – assolutamente inedito – sul ruolo e il peso delle differenze sociali, e quindi dei conflitti sociali, in Internet, in particolare per quel che riguarda i rapporti degli internauti con i media, in generale, e i ‘’media dominanti’’ (o presunti tali) in particolare, visti come ‘’la voce delle elite’’.
E, acuto e profondo come al solito, Narvic, sul suo Novovision, lo riprende, offrendo una serie di interessanti considerazioni.
Secondo Parody, innanzitutto, la crisi della stampa non è tanto una questione di contenuti quanto di rapporti e differenze sociali.
’Anche se condivido con altri – esordisce – una visione critica sulla qualità dei contenuti, mi sembra utile rilevare alcuni paradossi:
– se si trattava di una crisi di contenuti, perché gli stessi giornali online battono i record di audience? Tra l’ altro in prevalenza con materiali di agenzia riscritti e perfettamente intercambiabili fra un mezzo e gli altri?
– se è un problema di stampa d’ opinione come spiegare che su internet è proprio l’ opinione e la soggettività che trionfano attraverso i blog (e che tutti acclamano)?
– perché tutti criticano la strategia internet delle grandi testate mentre queste ultime in gran parte hanno raggiunto dei livelli di audience del tutto rispettabili?
Le mie conclusioni:
Questione contenuti: più che una questione di fondo è un problema di nuovi usi e di adattamento dei contenuti ai nuovi modi di lettura.
La vera questione di fondo: una lotta per il potere e una frizione fra classi sociali. Internet permette l’ espressione a una comunità che non si sente rappresentate dalle sue elite, dai suoi giornali. La frattura si estende fino al cuore delle redazioni, taglia i partiti politici, ecc.
Internet – prosegue Parody – è lo strumento di rivincita delle classi medie, che vedono allontanarsi le prospettive di avanzamento sociale. E’ il mezzo dei colletti bianchi che si scoprono in via di proletarizzazione e cercano di allearsi naturalmente con le professioni intellettuali sempre più marginalizzate di fronte al potere economico.
Fra di essi, molti sono… giornalisti.
Cosa che spiega perché la frattura passa nel mezzo delle redazioni e perché alcuni abbiano bisogno di mettere in rilievo più del necessario la questione di un contenuto diventato ‘’illegittimo’’ (anche se non dico che questa critica sia totalmente infondata).
In realtà è una battaglia per la presa del potere attorno ad alcune funzioni di intermediazione. E, come in ogni lotta che si ritiene rivoluzionaria, chi la combatte lo fa in nome del popolo e della democrazia per instaurare, alla fine, nient’ altro che un sistema equivalente ma innovato.
La stampa tradizionale, gestita dalle generazioni che precedono l’ era digitale, si aggrappa all’ antico sistema di potere politico e riceve una giusta ricompensa per la sua pena. Un buon salario reso possibile dal fatto che l’ equilibrio economico è ancora a loro favore. Ma la tendenza…
Morale: per arrivare a concludere la rivoluzione digitale nel cuore dell’ industria dei giornali bisogna ottenere l’ appoggio delle forze politiche rappresentative delle aspirazioni delle classi medie (per il momento nessun partito politico risponde però a queste aspirazioni), ma nello stesso tempo costruire dei nuovi circuiti di finanziamento liberati dalle influenze dello Stato e dell’ industria tradizionale.
Siamo ancora lontani dal finale e corriamo il grande rischio di scoprire che da tutto ciò emergerà un ordine economico che in realtà rafforzerà la precarietà dei suoi attori. In gran parte perché i nuovi circuiti di finanziamento sono direttamente al servizio degli interessi commerciali e non offrono all’ industria dell’ informazione nient’ altro che la prospettiva di una economia di sopravvivenza, incoraggiando un modo individualizzato di produzione dell’ informazione. Un modo altamente precario e sottomesso a un rischio giuridico.
Alla fine – conclude Parody – ne verrà fuori una industria che assomiglierà più alla produzione agricola e la cui materia prima servirà essenzialmente a nutrire il potere dei veri nuovi infomediatori, l’ industria delle Telecom, Google e tutti i servizi che nascono dalla distribuzione dei beni digitali. Per il momento comunque, niente è ancora irreversibile.
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Per affrontare queste riflessioni di Emmanuel Parody, Narvic passa prima attraverso le considerazioni di un noto sociologo francese, Louis Chauvel, che in un libro, ‘’molto inquietante’’, dal titolo ‘’Les classes moyennes à la dérive’’ (2006), aveva descritto classi medie ‘’alla deriva’’ e gioventù in rovina.
L’ equilibrio dinamico che si era creato durante il trentennio di crescita economica sostenuta, fra il 1945 e il 1975, provocando la formidabile ascesa delle classi medie, è stato rotto dal trentennio di crescita ‘’molle’’ che è seguito. Questa rottura è portatrice di reali minacce di « destabilizzazione politica » del paese.
Internet o « la rivincita delle classi medie »
Louis Chauvel – osserva Narvic – mette in luce la realtà – e la profondità delle conseguenze che ne derivano – di questo declassamento delle classi medie sottolineato da Parody nel suo post.
Si vede leggendo il libro di Chauvel, che questo declassamento è un fenomeno reale ed è un « fenomeno generazionale » , che in realtà tocca la generazione dei figli di coloro che avevano 20 anni nel 68 e non direttamente i loro genitori.
Questi ragazzi vivono un declassamento di un’ ampiezza tale che li rende la prima generazione dopo la Seconda Guerra mondiale che entra nella vita attiva a un livello sociale nettamente inferiore a quello dei loro genitori alla loro stessa età, e con delle prospettive di avanzamento sociale nell’ ambito della propria carriera professionale molto profondamente compromesse. Anche il livello delle loro pensioni non è assicurato, mentre quello della generazione dei loro genitori continua a migliorare ancora oggi.
I loro genitori vengono comunque toccatri ugualmente, anche se indirettamente, nella misura in cui procedono a dei trasferimenti finanziari massicci verso i loro figli, quando possono, in modo da ammortizzare lo shock di un ingresso nella vita che si presenta sotto un aspetto così poco favorevole.
Si tratta per il sociologo di una « scelta societaria » che è stata operata dalla nostra società, che arriva a sacrificare la gioventù, senza che questa scelta abbia mai dato luogo realmente a un dibattito pubblico, senza che essa sia stata realmente posta dai media « dominanti ».
La grande crescita delle frustrazioni
Questa situazione porta a una notevole crescita delle frustrazioni nella nostra società e non è vietato pensare che il discredito crescente, constatato nei confronti dei media in generale all’ interno della società, sia in rapporto diretto con questo malessere sociale che non vi è realmente espresso per quello che è.
L’ ipotesi di Parody, che internet sia diventato il luogo privilegiato, alternativo ai media « dominanti », di espressione di questo malessere sociale, potrebbe essere tanto più fondata in quanto è proprio un mezzo di espression e privilegiato delle generazioni più giovani. Proprio quelle che sono più colpite dal fenomeno.
Narvic porta quindi diverse integrazioni alle riflessioni di Parody…
La partecipazione on line: è soprattutto roba dei giovani diplomati
La participazione degli internauti on line (nei blog come nei commenti sui siti di informazione o su Facebook) non è un fenomeno generale di democratizzazione del discorso pubblico, contrariamente a quello che alcuni sostengono. L’ ho già spiegato (vedi Lsdi, …., « La participation en ligne ? 0,075% des lecteurs ! »). E il ricercatore Franck Rébillard sottolinea che il livello di questa partecipazione è « un fenomeno socialmente circoscritto » e non maggioritario:
E’ soprattutto in seno alle frange intellettuali della società che si formano principalmente gli individui che formano la minoranza degli internauti produttori di contenuti su internet.
Sono quindi – come sospetta Parody -, le giovani generazioni più scolarizzate che prendono la parola online, e quindi in gran parte i ragazzi delle classi medie (il « caso » degli Skyblogs è probabilmente particolare, visto che rappresenta forse l’ unico raro luogo di espressione della gioventù delle classi popolari. La discriminazione sociale fra i rispettivi pubblici di Facebook e di Skyblogs mi sembra, in ogni caso, evidente).
Sembra così che si produca chiaramente su internet una congiunzione di un doppio fenomeno, sociale e generazionale.
La democratizzazione, o l’ ideologia delle classi medie
Da notare che non è affatto contraddittorio inmaginare come una sorta di marchio specifico, cioè « identitario », delle classi medie, questa potente rivendicazione della libertà di espressione online, di questa uguaglianza di tutti di fronte al « diritto » di accesso al discorso pubblico, questa aspirazione a fare di internet uno strume nto di democratizzazione della società.
Questo è in effetti il discorso che le classe medie portano avanti nella società a partire dal 1945, come sottolinea Chauvel, e che costituisce uno strumento di federazione intorno ad esse dell’ insieme della socvietà. Questa rivendicazione alla democratizzazione, a ben vedere, può essere letta in realtà come una esigenza delle classi medie afficnhé venga loro accordato uno spazio nel discorso pubblico maggiore di qello che aveva prima. Sotto una copertura di universalismo la rivendicazione è forse più di natura categoriale. E non ha portato un vero progresso nell’ espressione delle classi popolari, che restano marginalizzate nel dibattito, senza che si capisca che basterebbe questo solo fatto per rimettere in discussione il carattere realmente « democratico » dell’ operazione.
Spostamento del luogo del dibattito sociale
Chauvel sottolinea anche l’ importanza dell’ attivismo sociale specifico delle classi medie, specialmente nel mondo associativo, e il militantismo in tutti i campi, una « presenza » sociale di gran lunga superiore alla mobilitazione di cui danno prova le classi popolari.
Un aspetto al contrario forse gli sfugge, quando egli vede una « diserzione » dela gioventù dal gioco politico, « un ritirarsi dei giovani dai dibattiti istituzionalizzati sulla società »… Dal dibattito « instituzionnalizzato », fortse, ma semplicemente perché i giovani delle classi medie hanno spostato il luogo della propria espressione su internet, e si tengono al margine di tutto quello che possa somigliuare… a una istituzione!
Un campo riservato, dove per entrare i giornalisti devono avere il permesso
Si è tentati in effetti di interpretare la sfiducia, o meglio l’ aggressività, che si manifestano online verso le elite e coloro che vengono accusati di essere al loro servizio, come i … media « dominanti », come una forma di questa stessa realtà sociale.
L’ aggressività verso « questi vecchi media che sbarcano su internet », queste « star dei media » che aprono dei blog ma « non stanno al gioco » (non sono stato l’ ultimo a fare questo tipo di discorso, ma anche io sono un figlio delle classi medie), può ugualmente essere interpretato come una sorta di rivendicazione di legittimità : questo spazio è nostro, è lo spazio della democratizzazione contro l’ elitismo, e non c’ è posto per voi.
E va rilevato che i siti di informazione fatti da giornalisti che sfuggono a questa critica e riescono a coagulare intorno a loro delle reali comunità di inbternauti, sono proprio quelli che giocano la carta dell’ antielitimo, della democratizzazione della parola, del discorso contro i media "dominanti’’, come Rue89, Mediapart, @si o Lepost.
Slate.fr è, nel campo, in una posizione più delicata! Il pedigree della maggior parte dei suoi fondatori (vecchi del Monde o consiglieri all’ Eliseo) è stata spesso invocata nei commenti come un segno di elitismo e quindi… come una sorta di incongruità su internet.
Il posizionamento politico, non espresso chiaramente per il momento, resta nell’ ambiguità. E’ quasi in ritardo rispetto alle attese degli internauti « che partecipano » (quelli che si esprimono), per la sua mancanza di sfasatura con i media tradizionali…
In ogni caso sembra che la dimensione sociale e politica dei media online non possa essere scartata. Ci sarà bene, là dietro, come sospetta Parody, « una battaglia per la presa del potere attorno a delle funzione di intermediazione » …
E, come in ogni lotta che si ritiene rivoluzionaria, – come sostiene Parody –, chi la combatte lo fa in nome del popolo e della democrazia per instaurare, alla fine, nient’ altro che un sistema equivalente ma innovato.
Non si potrebbe dire meglio…