La rete è in pericolo, il giornalismo pure: la ‘’salvezza’’ forse è in una eretica alleanza
Il 2 dicembre esce ‘’Eretici digitali’’, un saggio che Massimo Russo e Vittorio Zambardino, giornalisti ed esperti di rete appassionati, hanno costruito come una conversazione (attorno a un blog e a un manifesto in 10 tesi) – Il nostro obbiettivo, spiegano, è ‘’parlare con una sola lingua. L’abbiamo lanciato la scorsa primavera in dieci tesi riassumibili in un concetto: il digitale è un ‘nuovo universo’ che, appena arrivato, rischia di scomparire. Ingoiato dagli establishment, normato da una politica letteralmente “ignoranteâ€, condizionato e riconquistato da vecchi e soprattutto nuovi padroni e doganieri. Potrebbe salvarsi alleandosi con una vecchia tigre: il giornalismo, inteso non come industria ma come pratica e cultura del Racconto’’
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”Il digitale è un ‘nuovo universo’ che, appena arrivato, rischia di scomparire. Ingoiato dagli establishment, normato da una politica letteralmente ‘ignorante’, condizionato e riconquistato da vecchi e soprattutto nuovi padroni e doganieri. Potrebbe salvarsi alleandosi con una vecchia tigre: il giornalismo, inteso non come industria ma come pratica e cultura del Racconto’’.
Quindi: ‘’una rete libera contro la politica normalizzatrice, una cultura che cambia il giornalismo dal di dentro (e crederci ancora dimostra che la fede è davvero temprata nell’acciaio), la rete che fa crescere soggetti nuovi che sparigliano il tavolo e cambiano i termini del discorso’’.
Sono questi i ‘’fondamenti dell’ eresia’’ alla base di ‘’Eretici digitali’’, il saggio di Massimo Russo e Vittorio Zambardino, che esce mercoledì prossimo, 2 dicembre, per i tipi di Apogeo.
Il libro – titolo completo ‘’ Eretici digitali/La rete è in pericolo, il giornalismo pure. Come salvarsi con un tradimento e 10 tesi’’ – esce in creative commons ( e dunque potrà essere riprodotto senza scopo di lucro a patto di citare la fonte). E i diritti d’ autore saranno devoluti a un premio per un’ inchiesta di giornalismo digitale che sarà attribuito ad aprile a Perugia nel corso del Festival internazionale del giornalismo (il bando uscirà la prossima settimana sul sito in contemporanea all’uscita del libro)
Nonostante la brutta aria che tira, titolo e sottotitolo del libro (l’ eresia è una possibilità praticabile) rinviano a una ‘’visione’’ di speranza, adombrano la possibilità di una ‘’salvezza’’. La realtà certo non è delle migliori: ‘’Per il momento – commentano i due autori nelle conclusioni – l’Italia ha nuovi quotidiani di carta, creature deboli. Ma noi ci speriamo ancora. Rubiamo un buon concetto (a Victor Hugo): ‘Nulla è più forte di una idea il cui tempo sia venuto’ ‘’.
Ecco. Secondo ‘’Eretici digitali’’, ‘’il tempo è maturo perché ogni figura sociale dell’ambiente web tradisca i suoi statuti professionali per salvare la rete da nuovi intermediari e dalla perdita del giornalismo come funzione democratica’’.
‘’I mesi passati tra la concezione del libro, la sua scrittura e la sua pubblicazione – continuano Russo e Zambardino nel capitolo conclusivo – ci hanno confermato nelle tesi centrali del libro e hanno aggravato il clima nel quale viene distribuito’’. Ma, ‘’con ottimismo vediamo in questi avvenimenti il maturare della condizione ‘politica’ presente in questo saggio. In questi mesi – e sarebbe la terza conferma di ciò che abbiamo detto – sono partiti i piani di ristrutturazione all’interno delle grandi aziende giornalistiche e editoriali – e sappiamo sulla nostra pelle di cosa si tratta. Sul mercato stanno arrivando molti professionisti desiderosi di rigenerare e mettere ancora una volta alla prova la propria professionalità dentro il web. Allo stesso tempo, si moltiplicano le iniziative di giornalismo “dal basso†(che brutta dizione), gruppi per lo più di giovani giornalisti che vogliono cominciare a fare sul serio servendosi del web. Le iniziative sono numerose: molte falliranno, qualcuna riuscirà , altre già cercano appoggio e integrazione nel sistema dei media tradizionali’’.
”Troppo poco e forse troppo tardi .- continuano -. Innovazione con il freno a mano nelle aziende editoriali, che per il momento pensano a tagliare e rinviano a un momento successivo la fase di riorganizzazione digitale, che forse alcune di loro pensano proprio di bypassare, ritenendo che il dibattito sui contenuti a pagamento ne abbia mitigato l’urgenza.
Eresia
”I nuovi sono timidi, non hanno un percorso di riferimento, e stentano a trovare un modello economicamente valido. I “reduciâ€, stavamo per scrivere le “vittime†del pogrom generazionale in corso nei giornali italiani, pensano che basti avviare il computer per ritrovare la giovinezza professionale, come se non si trattasse di sposare una mentalità e abitudini professionali abissalmente diverse, come se non si trattasse di cambiare cultura, paese, lingua, di rinnegare madri e padri e affidarsi al nuovo.
Noi abbiamo detto “eresia†perché pensiamo che la rete abbia molto da dare. La rete fragile, coinvolta in questi mesi nella battaglia a tutto campo della politica italiana senza nemmeno capire di che cosa si parli, la rete normata con l’accetta della riduzione al vecchio quadro della responsabilità , come e forse nei peggiori paesi autoritari, la rete, questa larva di libertà economica che ci è rimasta, è ancora il terreno possibile di un grande processo di consapevolezza culturale’’.
Una conversazione
‘’Eretici digitali’’ si è costruito come una conversazione. Attorno a un blog (Eretici digitali , appunto) e a un manifesto, sulla base di una necessità impellente: quella di ‘’parlarsi’’.
‘’Questo è il nostro obiettivo – spiegano Russo e Zambardino -: parlare con una sola lingua. L’abbiamo lanciato la scorsa primavera in dieci tesi che sono il nostro indice (si veda in Appendice) e che sono riassumibili in un concetto: il digitale è un “nuovo universo†che, appena arrivato, rischia di scomparire. Ingoiato dagli establishment, normato da una politica letteralmente “ignoranteâ€, condizionato e riconquistato da vecchi e soprattutto nuovi padroni e doganieri. Potrebbe salvarsi alleandosi con una vecchia tigre: il giornalismo, inteso non come industria ma come pratica e cultura del Racconto’’.