Pubblicità : un consorzio italiano per contrastare Google
Rcs MediaGroup ed Editoriale L’ Espresso danno vita a Premium Publisher Network, lo strumento che dovrebbe consentire agli editori italiani di rendersi indipendenti in un segmento di mercato, la pubblicità online, dove operano soggetti ‘’estranei’’ come Google o Yahoo! – Le proteste del sindacato dei giornalisti per il rischio di commistione fra pubblicità e informazione giornalistica
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Un consorzio per contrastare il predominio di Google nella campo della pubblicità online. Così viene giudicata da alcuni osservatori – in particolare Luca Conti su Pandemia – la nascita di Premium Publisher Network, il consorzio appena costituito da Rcs MediaGroup e da Gruppo Editoriale L’ Espresso – gli editori di Gazzetta.it e Corriere.it da una parte e di Repubblica.it e del circuito di testate locali Finegil dall’altra.
L’ inziativa, secondo Pandemia, nasce dall’ esigenza di ‘’rendersi indipendenti in un segmento di mercato in forte crescita per il quale, fino ad oggi, gli editori italiani hanno potuto contare solo su soggetti terzi, come Google e in minima parte Yahoo!’’.
Ma intanto dal fronte del sindacato dei giornalisti nascono allarmi per il rischio di commistione fra pubblicità e informazione e si ricordano le regole del contratto di lavoro ‘’che impongono la netta distinzione fra inserzione e articolo giornalistico e un limite di ingombro ben preciso’’.
Il Consorzio – presidente Giorgio Riva, direttore generale di Rcs Digital, e vicepresidente Claudio Giua, direttore centrale dei contenuti Internet dell’ Editoriale L’ Espresso – è aperto a ‘’tutti gli editori di qualità’’, ha rilevato Riva. ‘’La discriminante – ha aggiunto – sarà qualitativa: saranno ammessi solo editori proprietari di testate affermate sul mercato e in grado di offrire audience qualificate”.
Gli aderenti al Consorzio – spiega la Gazzetta.it – metteranno a disposizione i propri bacini pubblicitari online ‘’contribuendo a costituire un unico grande bacino in forma aggregata di network, al quale gli investitori pubblicitari potranno accedere con una specifica offerta a performance text link, ossia dove gli inserzionisti pagano solo per i clic che i clienti fanno sull’ annuncio. Questa si affianca all’ offerta pubblicitaria classica che continua a essere gestita dalle singole concessionarie degli editori in modo indipendente. “Sono due strumenti diversi e complementari – spiega ancora Riva – che si rivolgono entrambi a un’ audience qualificata, ma con obiettivi di comunicazione diversi”.
L’ iniziativa è assolutamente inedita a livello europeo – prosegue Gazzetta.it – e parte – con i soli due soci fondatori – già con una base di copertura potenziale di oltre il 40% dell’audience online italiana. “Si tratta – conclude Riva – di una iniziativa innovativa non tanto nel formato pubblicitario che offre al mercato, quanto per la selezione mirata di siti editoriali di qualità e di conseguenza per la capacità di offrire agli investitori pubblicitari un’ audience molto interessante”.
Il consorzio sarà operativo nei primi mesi di quest’anno e, dopo aver studiato e preparato i formati pubblicitari, affiderà a una concessionaria terza, che è stata già individuata, la vendita degli spazi al mercato.
Proteste sindacali
Il Comitato di redazione di Repubblica, in particolare, segnala ‘’i rischi di confusione tra contenuti giornalistici e pubblicità e il possibile tentativo da parte degli inserzionisti di condizionare l’ autonomia e l’ indipendenza della testata’’.
E il segretario dell’Associazione Stampa Romana, Paolo Butturini, denuncia la possibile commistione fra pubblicità e informazione.
Oltre alle questioni legate al mancato rispetto del contratto per la mancata consultazione del Comitato di redazione, secondo il leader del sindacato romano, ‘’investe la qualità dell’informazione e la sua credibilità verso i cittadini, il tema del rapporto fra pubblicità e notizie, specie sul web, che è notoriamente frequentato dalla fascia più giovane della popolazione. In assenza di una normativa apposita, che andrà al più presto discussa, devono valere le regole del contratto che impongono la netta distinzione fra inserzione e articolo giornalistico e un limite di ingombro ben preciso. La scorciatoia del riempire le pagine di annunci – aggiunge Butturini – è miope e poco lungimirante: un eccesso di pubblicità non può che allontanare i navigatori e creare disaffezione proprio nel momento in cui c’è bisogno dell’esatto contrario”.