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Poco meno di un anno di vita, 45.000 dollari raccolti da centinaia di persone nella sola San Francisco, 40 inchieste portate a termine’’. E’ il bilancio dei primi mesi di attività di Spot.us, il sito di giornalismo investigativo finanziato direttamente dai lettori. (vedi Lsdi, Giornalismo investigativo: un esperimento di nuova committenza).
In un articolo su Cafèbabel.it, dal titolo Spot.us, l’ anarco-informazione che salverà il giornalismo, Marco Valerio Lo Prete fa il punto sull’ attività del sito fondato dodici mesi fa da David Cohn.
Il meccanismo è semplice – spiega Lo Prete -: gli utenti si confrontano e decidono online quale argomento vorrebbero vedere sviscerato da un gruppo di giornalisti coinvolti nel progetto; i giornalisti fanno una stima di quanto potrebbe costare l’inchiesta e solo quando la cifra preventivata è raggiunta a colpi di piccoli finanziamenti (in media 20 dollari) si mettono al lavoro.
«Possiamo paragonare Spot.us a un mercato – spiega David Cohn, il suo ideatore – mentre nelle altre realtà il giornalista o l’editore possono agire come venditori che di punto in bianco decidono di non offrire più un dato prodotto, da noi è la domanda dei clienti a determinare quando e come si forma l’offerta di notizie. In poco meno di 12 mesi di vita – continua – abbiamo raccolto circa 45 mila dollari da centinaia di persone nella sola San Francisco, portando a termine 40 inchieste».
L’avventura di Spot.us, sostenuta anche dai finanziamenti della Knight Foundation, ha costruito le sue basi nella baia di San Francisco, con un taglio giornalistico locale e fortemente radicato sui bisogni delle persone’’.
In Europa ancora non esiste qualcosa di simile al principio del “Crowdfunding journalismâ€, letteralmente del giornalismo che trova i suoi fondi tra i cittadini e, naturalmente, non mancano i dubbi sulla sua tenuta: «E’ vero – concede Stefano Cingolani, editorialista del quotidiano italiano ‘Il Foglio’ – molti bisogni ed esperienze nascono dal basso, ma il giornalismo non può essere solo ‘di prossimità ’. Io credo – continua Cingolani – nella funzione delle élite, nella loro capacità di dare un senso a fatti e notizie altrimenti slegati, credo nella loro capacità di fornire prospettive visionarie che possano far riflettere e smuovere le masse. Ciò che forse manca – conclude – è un vero pluralismo di queste élite».
Ma l’idea di Cohn sta proprio dal lato opposto: «Noi ci muoviamo all’interno di uno Stato minimo più vicino all’anarchia che all’autoritarismo dell’editoria classica». Come contraddirlo? Decisioni diffuse, zero editori, zero pubblicità , zero pressioni indebite: se non è anarchia questa.