Tempi di austerity per il New York Times
L’ editore ha deciso di tagliare nei settori moda, viaggi e approfondimenti locali – Tagli notevoli anche ai budget destinati ai free lance – L’ azienda dovrebbe vendere anche la sua quota nella squadra di baseball dei Red Socks (nella foto)
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di Matteo Bosco Bortolaso
Tempi di austerity per il New York Times, che ha deciso di tagliare su moda, viaggi e approfondimenti locali. Da maggio, la sezione del venerdì "Escapes", dedicata alle vacanze all’ interno degli Stati Uniti, sparirà.
Non verranno pubblicati più nemmeno i bei fascicoli locali della domenica: City, New Jersey, Long Island, Westchester e Connecticut, che erano una sorta di settimanale delle storie più vicine ai lettori. Dal 24 maggio ci sarà un’unica nuova sezione che raccoglierà tutte le notizie locali: quelle di cronaca, al momento dopo le sezioni internazionale e nazionale, assieme agli approfondimenti che andavano nel "settimanale".
Moriranno pure le pagine dedicate alla moda della rivista pubblicata ogni domenica con il New York Times (paragonabile al Venerdì di Repubblica o al Corriere della Sera Magazine). I fanatici del fashion – che nella Grande Mela non mancano – dovranno accontentarsi della Rivista "T", che appare di tanto in tanto, ogni due o tre settimane, e delle apposite sezioni del quotidiano, pubblicate di giovedì e di domenica.
Per colpa della crisi si taglierà anche sulle pagine che fanno da sommario al quotidiano. Adesso, le pagine due e tre ospitano un breve riassunto delle storie di maggior rilievo, mentre la quarta presenta i contenuti online.
Le (tristi) novità sono state annunciate alla redazione dal direttore Bill Keller un mese fa. Allora, i vertici del giornale – che non aderiscono ai sindacati – avevano subìto un taglio del 5% per il resto dell’anno. Il giornale ha chiesto ai cronisti sindacalizzati, iscritti alla Newspapaer Guild, di accettare simili riduzioni di stipendio. Richiesta che ha provocato non pochi mugugni, visto che l’anno scorso la top manager della società, Janet Robinson, avrebbe preso un bonus da 5,8 milioni di dollari, uno in più del 2007.
Più di recente, il direttore ha nuovamente scritto alla redazione. "La speranza e le aspettative – ha spiegato – rimane che i tagli nelle paghe e nelle spese ci facciano attraversare quest’anno senza il bisogno di altre significative riduzioni".
Chi se la passa peggio? I numerosi freelance: i fondi destinati a loro scenderanno del 10%, o forse addirittura del 15%. Non a caso le sezioni tagliate dipendono fortemente da collaboratori esterni. Non dovrebbero essere toccati, almeno non per il momento, i redattori che lavorano a tempo pieno nel grattacielo di Renzo Piano.
"Creare meno sezioni può ridurre significativamente i costi di stampa, a prescindere dal materiale stampato e dal numero di pagine", spiega Richard Perez Pena sullo stesso quotidiano.
Il giornalista, esperto del mondo dei media, sottolinea che "dopo due anni di profondi tagli, quest’ anno i giornali americani devono comunque fronteggiare un calo netto della pubblicità, che li ha spinti ad un’ondata di tagli addizionali e affrettati negli ultimi mesi".
La stessa casa editrice del New York Times ha detto che, senza pesanti concessioni da parte dei sindacati, il controllato Boston Globe, grande giornale del Massachusetts, rischia la chiusura.
La società, inoltre, dovrebbe vendere la quota nella squadra di baseball dei Red Socks. E potrebbe pure mettere a pagamento i contenuti, allineandosi ad una nuova linea di pensiero tra gli editori. "Continuiamo ad esplorare i modelli di pagamento", ha detto di recente la Robinson, sottolineando che per il momento il modello attuale, basato sulla sola pubblicità, "sembra il più vantaggioso".
Come per le riviste e altri quotidiani, il primo trimestre del 2009 non ha sorriso al quotidiano della Grande Mela: in cassa sono rimasti 294 milioni di dollari, che si riducono a 34 una volta sottratti i 260 in uscita per saldare gli interessi di un debito che maturerà nel marzo 2010. Nei primi tre mesi dell’anno i profitti sono calati del 19%, mentre gli incassi pubblicitari sono precipitati del 27%. E’ perciò tempo di austerity, eccetto forse per la Robinson.