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di Amedeo Vergani, presidente Gsgiv dell’Alg
Sono più di tremila i fotoreporter scesi sul piede di guerrain Germania contro la decisione dell’editore Thomas Ganske proprietario della "Jahreszeiten Verlag" di Amburgo che da marzo ha deciso di dare incarichi di lavoro solo a chi sottoscrive un contratto per la cessione totale dello sfruttamento dei diritti economici di tutte le foto realizzate per conto delle testate che fanno capo a questa azienda.
In sostanza, come purtroppo da anni avviene sempre più spesso per chi collabora a riviste e giornali italiani, la "Jahreszeiten Verlag" mira ad acquisire la proprietà di tutte le foto prodotte per suo conto in modo da poterle poi riutilizzare gratis sulle proprie testate e pure rivenderle ad altri giornali e sul mercato internazionale delle foto di stock.
La "Jahreszeiten Verlag" è una delle principali case editrici tedesche di periodici e fa parte di "Ganske Verlagsgruppe", potentissimo gruppo editoriale di cui è proprietario Thomas Ganske discendente di una dinastia di editori fondata da suo nonno più di cent’anni fa, nel 1907 . Le più importanti delle sue testate sono una decina e comprendono riviste prestigiose come “Für Sie”, “Petra”, “Selber machen”, “Der Feinschmecker”, “Architektur und Wohnen” e anche "Merian", il mensile monografico di viaggio al quale da vent’anni si ispira l’italiano "Meridiani".
L’azione contro l’iniziativa dell’importante editore di Amburgo è condotta principalmente dall’associazione sindacale "Freelens" che, grazie ai suoi 1.850 soci, aggrega la maggior parte dei fotogiornalisti tedeschi. In particolare Freelens accusa i dirigenti della "Jahreszeiten Verlag" di essere dei "seppellitori cimiteriali del fotogiornalismo" e denuncia che le condizioni proposte non solo sottraggono ai fotoreporter la possibilità di garantirsi la sopravvivenza con un ulteriore sfruttamento economico del proprio lavoro ma, soprattutto, li privano della sacrosanta libertà di decidere dove e come le loro foto possono essere pubblicate.
Per sostenere la sua azione "Freelens" ha lanciato un appello che per ora è stato sottoscritto da più di tremila fotoreporter ed ha avuto l’adesione di numerose agenzie fotografiche che, senza più le foto d’archivio dei collaboratori della "Jahreszeiten", rischiano di subire pure loro dei gravi danni economici. Molti dei fotoreporter aderenti all’iniziativa hanno pure dato ordine alle fotoagenzie che li rappresentano di non fornire più alle testate di Ganske anche le proprie immagini d’archivio.
Nonostante tutto questo però, almeno sino ad oggi, il braccio di ferro tra fotoreporter e "Jahreszeiten Verlag" continua senza risultati concreti. "Thomas Ganske – dice Lutz Fischmann presidente di Freelens – è fermo sulle proprie posizioni e in uno scambio di missive ci ha risposto solo con delle banalità".
Attualmente le condizioni d’ingaggio dei fotoreporter freelance da parte delle principali testate tedesche, comprese quelle di "Jahreszeiten Verlag", prevede che i diritti di sfruttamento economico delle foto realizzate restano, dopo il loro primo utilizzo, di totale proprietà degli autori che hanno però l’obbligo a non immetterle sul mercato prima che siano trascorsi almeno sei mesi dalla loro produzione e, solo nei casi di particolari accordi, viene lasciata all’editore la possibilità di rivendere il pubblicato ad altri giornali riconoscendo però al fotogiornalista collaboratore circa la metà dei proventi economici ricavati da ogni vendita.
In Italia invece il problema denunciato ora dai colleghi tedeschi è da anni e anni una realtà dominata dalla più totale e caotica deregolazione. Ogni testata, in sostanza, cerca di imporre regole differenti e quasi sempre molto difficilmente accettabili. C’è chi pretende il possesso esclusivo di tutte le foto prodotte, chi richiede la proprietà solo del "pubblicato" e pure chi vuole impossessarsi dei diritti totali persino di foto e reportage realizzati per iniziativa totalmente autonoma dei fotoreporter suoi collaboratori.
Gli sgarri e i "contratti capestro" italiani imperversano soprattutto nel settore dei quotidiani dove sono in netta maggioranza ormai gli editori che, pur pagando pochissimi spiccioli per le foto pubblicate, impongono ai fotoreporter di sottoscrivere patti di cessione in proprietà totale di tutte le foto fornite loro. E purtroppo, per un motivo o per l’altro, sono davvero in troppi a non respingere al mittente anche le proposte più indecenti.