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Una giovane giornalista freelance, Lindsey Hoshaw, sta cercando di ottenere dei fondi attraverso il sito Spot.Us per un servizio che dovrebbe finire sulle pagine del New York Times. Lo racconta Emma Heald su Editorsweblog, spiegando che Hoshaw ha parlato con il NYT del suo progetto di indagine sul Great Pacific Garbage Patch – l’ isola di rifiuti, grande più del Texas, che si è formata nel Pacifico a causa delle correnti – e sugli effetti degli altissimi livelli di tossine sulla vita nell’ oceano. E ora sta cercando di trovare dei fondi per finanziare il progetto.
Spot.Us, una struttura che sostiene economicamente il giornalismo dal basso, di solito riceve richieste di finanziamento che non prevedono specificamente la pubblicazione su una determinata testata, e in questo caso gli interessati, soprattutto il New York Times, hanno messo in chiaro che non si tratta di una vera collaborazione.
Il viaggio che Hoshaw progetta di fare percoprire la vicenda dovrebbe costare 10.000 dollari. La somma comprende l’ imbarco per circa un mese su una imbarcazione che dovrebbe battere la zna del Garbage Patch per studiare i livelli di tossine presenti nei tessuti dei pesci.
Al di là del progetto Garbage Patch, il quotidiano newyorkese sta considerando comunque la possibilità di ottenere dalle Fondazioni sostegno finanziario per progetti di inchieste giornalistiche dai costi molto alti, anche se questo non significa che abbia intenzione di diventare una azienda nonprofit. Ne parla sempre Emma Heald su Editorsweblog, citando un articolo di Bill Mitchell su Poynter. Mitchell ne ha parlato con Craig Whitney, vicedirettore editoriale del Times, secondo cui ‘’per ora non abbiamo raggiunto nessuna conclusione e non abbiamo contattato nessuna Fondazione’’, ma ‘’abbiamo cominciato a chiederci se sarebbe possibile ottenere quel tipo di sostegno che ad esempio NPR (National Public Radio) riceve dalle Fondazioni per il suo lavoro giornalistico’’. I vertici del quotidiano hanno cominciato a porsi la questione l’ anno scorso, in occasione del lancio di ProPublica, ma il problema è diventato di attualità quest’ anno.
Secondo NPR, la home page del blog del Times Dot Earth ha già ottenuto un sostegno da parte della John Simon Guggenheim Memorial Foundation. Sembra probabile che se il giornale sta cercando fondi dal nonprofit, lo starebbe facendo per quelle aree di intervento giornalistico particolare, come il giornalismo investigativo, che si possono qualificare di ‘’pubblico interesse’’.
D’ altra parte, rileva Editorsweblog, il New York Times ha già collaborato con il sito di giornalismo investigativo nonprofit ProPublica in relazione a due grosse inchieste, fra cui un servizio finito in prima pagina. Quindi il giornale ha già avuto esperienza del modo di lavorare del nonprofit e questa esperienza potrà essere utile per valutare se si tratta di una strada da percorrere concretamente.
Il successo di Pro Publica, così come quello di pubblicazioni locali come la VoiceOfSanDiego, sembra aver fortemente stimolato la discussione fra gli editori sulla possibilità di praticare il nonprofit, e nel maggio scorso una audizione al Senato USA ha discusso in maniera approfondita se sarebbe più facile per i giornali approdare al nonprofit. Il NYT è già stato considerato sotto questa luce, tanto che nell’ aprile scorso un docente ha proposto quattro diverse opzioni per ci un NYT nonprofit dovrebbe funzionare. I vantaggi del nonprofit sono chiari: garantire dei fondi per sostenere il giornalismo investigativo e un buon grado di difesa dalle forze del mercato. Ma stanno crescendo, in ogni caso, anche le valutazioni negative, poiché potrebbe essere vista come un business model arretrato e quindi soffocare l’ innovazione, oltre a significare che i giornali dovrebbero smetterla di schierarsi con questo o quel candidato politico.