WeMedia, l’informazione sempre più integrata e condivisa (ma non in Italia)
Bernardo Parrella
Ecco un altro di quegli eventi all’americana che tanto farebbero bene al Bel Paese. Dove si mischiano liberamente imprenditori e giornalisti, attivisti e accademici, nullafacenti ed esperti. Ciascuno ricco di conoscenze ed esperienze tutte proprie, magari maturate in ambiti compartimentati ma pronti a condividerle, dissezionarle, dibatterle. In nome, guarda un po’ che follia, della multidisciplinarietà più schietta, dello sharing a tutto campo. E tenendo un occhio aperto per possibili innovazioni e business per tutti. Si tratta stavolta della We Media – Game Changers Conference in corso di svolgimento presso la University of Miami, in Florida. Dove basta scorrere la lista dei partecipanti per confermare nuovamente come mescolamento e pluralità siano le parole d’ordine del futuro sociale-mediatico, anche per la sopravvivenza degli stessi Big Media. Ma volendo fare un piccolo sforzo in più, si vanno a scoprire una serie di Thinking Papers redatte per l’occasione e davvero stimolanti. Qualche esempio? Un aggiornamento su Social Citizens & Digital fluency, il Web 2.0 in formato business e How to make it work, le sfide che attendono Mr. Obama, The First We President. Senza dimenticare rilanci nei social network e blog, i molti ‘twitterers’ in loco e una variegata community che non poteva non includere il giro di Global Voices Online. Quel che più conta, solo un momento del fluire magmatico che conferma le potenzialità di un approccio interdisciplinare e condiviso – già , proprio all’americana – che tanto bene farebbe al Bel Paese, ma che purtroppo non potrà mai concretizzarsi.