Non è un programma ma una macchina autonoma, realizzata in Giappone dai ricercatori dell’ Intelligent Systems Informatic Lab (ISI) alla Tokyo University – Può registrare volontariamente e in maniera indipendente i cambiamenti nell’ ambiente che lo circonda, decidere se essi sono rilevanti e scattare delle fotografie – Può chiedere informazioni alle persone che sono nel suo campo d’ azione e cercare su internet informazioni su una determinate questione. E, se trova delle notizie che gli sembrano interessanti, può farne un breve articolo e pubblicarlo - E qualcuno pensa già di utilizzarlo in aree troppo pericolose per gli umani
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E’ un vero giornalista robot. Si muove, chiede informazioni e scrive.
Non come il widget che pesca fra i tweets di Twitter, i blog e tutti i materiali dei servizi pubblici di una città e pubblica via via le informazioni raccolte (Nozzle Media). O come Stats Monkey, il programma messo a punto a Chicago da Infolab, il laboratorio di intelligenza artificiale della Northwestern University, che “scrive’’ il resoconto di una partita di baseball: raccoglie i risultati, le descrizioni delle principali azioni dell’ incontro, i vari dati statistici, inventa un titolo e allega una foto.
Questa volta è un vero robot, una macchina che ha la sua “individualità †e la sua autonomia.
 Il robot – racconta Knightblog – è stata realizzata in Giappone dai ricercatori dell’  Intelligent Systems Informatics Lab (ISI) alla Tokyo University. Esplora l’ ambiente circostante e “racconta†quello che scopre. Può registrare volontariamente e in maniera indipendente i cambiamenti nell’ ambiente che lo circonda, decidere se essi sono rilevanti e scattare delle fotografie. Può chiedere informazioni alle persone che sono nel suo campo d’ azione e cercare su internet informazioni su una determinate questione. E, se trova delle informazioni che gli sembrano interessanti, può farne un breve articolo e pubblicarlo online.
Questo robot – sostiene SingularityHub, un sito specializzato in genetica, robot e intelligenza artificiale – sposta la materia su un livello completamente diverso. E’ il primo strumento che raccoglie informazioni dirette dalla gente che è nel suo campo di intervento.
“Si tratta di giornalismo reale – commenta Aaron Saenz, l’ autore dell’ articolo -. Se le nostre esperienze con i crowd-navigated robots ci hanno mostrato una cosa,  è che alle persone sembra che piaccia aiutare queste macchine in azioneâ€.
Questi robot, sostiene Saenz, “potrebbero operare in zone troppo pericolose per i cronisti umani (e già nel 2002 il MIT aveva realizzato un robot chiamato Afghan eXplorer per ‘coprire’ la guerra sul terreno). Potremmo costruirne un gran numero, mandarli in aree scoperte dai media attuali e lasciare che essi realizzino una nuova era, quella dell’ informazione fatta dai robot.
Alla gente forse piacerebbe. Anche se, naturalmente, i giornalisti umani continueranno probabilmente ad essere preferiti per i prossimi anni. Dopo tutto i robot non possono capire la nostra cultura di massaâ€.