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Giornalismo iperlocale: AOL investe 50 mln di dollari ma i risultati sono deludenti

Lavoro massacrante per i giornalisti e scarsissimi ricavi da parte della pubblicità – Nonostante l’ intervento di grossi gruppi editoriali, le iniziative di informazione iperlocale negli Usa, secondo un’analisi di Themediatrend, non hanno ancora trovato un modello economicamente sostenibile –Il caso di Patch.com e il crollo di diversi redattori, fra cui una giornalista che ha scritto a Den Kennedy, docente di Giornalismo alla  Norstheastern University, di non poter più lavorare così – “Le settimane di lavoro sono di 70 ore. Sì, 70 ore e più. E’ una start up, con tutto quello che segue, e lo sapevo che sarebbe stato un lavoro duro. Ma è inquietante il fatto che io non possa avere una pausa. Da più di 20 anni sono nel giornalismo, come cronista, redattore online, segretaria di redazione in un settimanale, ma non ho mai lavorato tanto nella mia vita”

 

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L’ informazione locale ha un futuro? Marc Mentre, su Themediatrend.com, compie una interessante analisi di quello che sta accadendo negli Stati Uniti e scopre che i risultati degli investimenti, anche massicci, sono fino ad ora molto deludenti.

Trende parte dalle iniziative – non più solo sperimentali – avviate anche da grossi gruppi, come EveryBlock (MSNBC), Patch.com (AOL), Outside.in, ecc, approfittando dello spazio liberato dalla scomparsa di numerosi giornali di informazione locale e regionale (o dalla soppressione delle loro edizioni locali) e basandosi sullo sviluppo dell’ informazione sul ‘mobile’, per misurare fino a qual punto siano cresciuti i siti di informazione locale e cita un articolo sul Boston Globe in cui si prende ad esempio la scelta offerta a un abitante di Harlington, una cittadina di 45.000 abitanti nel Massachusetts.

Il lettore di Harlington può consultare:

Tutti questi siti sono ad accesso gratuito, nessuno di loro ha abbracciato il modello a pagamento. E l’ equilibrio finanziario – schematicamente – va dunque trovato fra i costi di produzione dei contenuti e di sviluppo del sito (costi tecnici, marketing, ecc.) da un lato e le risorse pubblicitarie (locali ma anche nazionali), la vendita di servizi e la rivendita di contenuti dall’ altro lato.

Il gioco consiste dunque prima di tutto nell’ abbassare il più possibile i costi di produzione. Per questo, i siti di questa catene (compreso l’ Your Town del Boston Globe) sono dei cloni [clusters] costruiti su uno stesso modello, una stessa struttura grafica. Un sito locale di Patch.com della costa degli Stati Uniti sarà del tuttimile (contenuti a parte) a un altro della California o del Texas.

Ci sono comunque diversi modelli di informazione iperfocale. Ecco i principali.

1. Estensione e arricchimento di un sito già esistente

Ad esempio quello del Boston Globe, con Your Town. Il modello somiglia a quello della rete francese Maville, con la differenza che nel caso di Your Town ogni sito è una entità propria realizzata da un gruppo redazionale specifico, composto da un cronista e un redattore/segretario di redazione multimediale incaricato di animare la rete di corrispondenti. Questi siti beneficiano del vantaggio considerevole di avere il marchio Boston Globe, il quotidiano locale di riferimento, e di essere accessibili partendo dal sito principale di questo mezzo, che di fatto diventa un portale. Questi mini siti consentono al sito del giornale di aumentare il suo traffico (4,2 milioni di pagine viste in un mese nel giugno 2010 per l’ insieme del sito, e 200.000 pagine viste mensili per il 25 siti Your Town online) e le sue risorse pubblicitarie, perché ciascuno di essi ne generano di proprie.

Il modello dei siti Wicked Local gli è abbastanza vicino, con la diffrenze che questi ultimi vengono alimentati dai giornali [un centinaio nel solo Massachussetts !] che fanno capo al gruppo GateHouse Media [l’ elenco delle pubblicazioni del gruppo è  qui].

2. Aggregazione di contenuti

Quello di Outside.in. Il sito è un aggregatore di contenuti prodotti da altri, che si tratti di siti di giornali locali (e dunque quelli di concorrenti come Your Town o equivalenti), di televisioni locali, di blogger locali, di informazioni municipali, di informazioni immobiliari ma anche di reti sociali o di Twitter.

Secondo il suo pdg, Mark Josephson, Outside.in aggrega piùdi 40.000 fonti diverse. Questi contenuti aggregate vengono ridistribuiti a livello locale in maniera automatic. Un sistema per essere realmente iperfocali, visto che Outside.in afferma di alimentare più di 57.000 siti.

 

Outside.in non si considera come un “concorrente” dei media tradizionali, perché lavora insieme ad essi, offrendo i suoi servizi per migliorare la loro copertura locale. Un modo per questi ultimi di contenere i costi di produzione. Già un centinaio di essi, come il New York Post di Murdoch, il gruppo Tribune, che pubblica il Los Angeles Time, o delle emittenti tv come CBS, NBC o Fox sono entrati nell’ accordo. [fonte: Gigaom – Outside.in to AOL’s Patch: Bring it On]

Esistono altri aggregatori, come Topix, che aggiunge la geolocalizzazione, o Placebloggers, che, come dice il nome, aggrega i materiali dei blogger.

Questo sistema di ridistribuzione dell’ informazione a larga scala, molto vicino a quello che fa Google News, ma su scala iperfocale, sembra un modello molto più promettente, che si sposa perfettamente con l’ informazione su telefonia mobile (o sui tablet stile iPad), in cui la geolocalizzazione ha una importanza fondamentale.

3. Patch.com

La rete Patch.com è stata sviluppata da AOL. Questa società si è separata da Time Warner nel 2009, ed è stata ripresa da Tim Armstrong, che si è precipitato a raccogliere due start up che giudicava promettenti:

-      Going, con sede a Boston, che realizza dei siti locali dedicati alle cose da fare e agli avvenimenti della zona [ne sono in servizio 30 e coprono i principali appuntamenti  degli Stati Uniti]

-      Patch.com, di cui era uno dei principali investitori.

Con questi due investimenti Tim Armstrong intende ri-orientare AOL nella direzione dei contenuti soprattutto locali.  « Il locale, spiega in una mail ai dipendenti, resta il più grande degli spazi vergini. » Il progetto che lui propone è quello di « impadronirsi di quello che attualmente è più disperso sul web e di fare in modo che gli utenti possano trovare facilmente e in modo veramente rapido l’ informazione locale di cui hanno bisogno ». [Il testo completo della mail è  qui, su Techcrunch].

Come sostiene Johnny Diaz, l’ autore dell’ articolo, si tratta di una strategia rischiosa, perché “AOL entra nel settore dell’ informazione locale senza possedere le energie giornalistiche [reporting muscle] di un grande gruppo editoriale”. Per riuscirsci, Tim Armstrong ha investito massicciamente, circa 50 milioni di dollari (38 milioni di euro), cosa che diovrebbe permettergli di aprire rapidamente un centinaio di siti Patch.com.

Questi siti funzionano, di fatto, come dei blog. Ognuno di essi impiegaun giornalista, il cui compito è notevole, perché deve assicurare il lavoro di un reporter multimediale (copertura dell’ attualità locale con testi, foto e video, gestione dell’ agenza…), essere il suo segretario di redazione ed essere anche un redattore capo (e un direttore delle relazioni umane) perché deve coordinare e dirigere i giornalisti collaboratori che assume e pagarli. E dovrà anche alimentare il flusso di Twitter del sito. Oltre a svolgere anche delle funzioni di marketing.

Inutile dire che le giornate sono lunghe e pesanti. Andrew Kersey, che cura  Manhattanbeach.patch.com, confessa, a 35 anni, di “non aver mai lavorato tanto in vita sua”. Alcuni crollano, come quella giornalista che ha scritto a Den Kennedy, docente di Giornalismo alla  Norstheastern University, di non poter più lavorare 70 ore alla settimana.

“Praticamente, è un lavoro 24h/24, 7 giorni su 7, con poche possibilità di avere del tempo libero – notti, fine settimana, ferie, che sono previste nel contratto AOL (alcuni redattori capo regionali cercano di aiutarci, ma altri no). Il problema del tempo libero è diventato la preoccupazione maggiore per i redattori locali. Le settimane di lavoro sono di 70 ore. Sì, 70 ore e più. E’ una start up con tutto quello che segue, e lo sapevo che sarebbe stato un lavoro duro. Ma è inquietante il fatto che io non possa avere una pausa. Ho lavorato per più di 20 anni nel giornalismo, come cronista, redattore online, segretaria di redazione in un settimanale, ma non ho mai lavorato tanto nella mia vita”. (il testo completo della mail è  qui]

Il modello,si capisce, pone vari problemi (a parte quello del carico di lavoro imposto ai giornalisti), in particolare quello della sostenibilità economica. Business Insider ha pubblicato uno studio di Mike Fourcher, l’ editore di un sito di informazione iperfocale,  CenterSquareJournal.com, ‘appoggiato’ su Manhattanbeach.patch.com.

 

Dal lato dei costi, dice, il giornalista a tempo pieno di Patch.com viene pagato fra i 38 e i 45.000 dollari all’ anno [da 28 a 34.000 euro], a cui bisogna aggiungere le collaborazioni, e cioè circa 50 dollari (38 euro) ad articolo: si può calcolare in media una collaborazione al giorno. A questo bisogna aggiungere altre spese come le tasse, la sicurezza sociale, le spese di benzxina, ecc.

 

Dal lato delle entrate, Patch.com fa pagare 15 dollari  [11 euro] il CPM [costo per mille visite]. Mike Fourcher ha calcolato sei inserzioni pubblicitarie su ogni pagina del sito [Quattro banner di inserzionisti regionali o nazionali, e due spazi “self service” nel basso della pagina]. E aggiunge che Manhattan Beach conta 40.000 abitanti, ma Patch.com ha vari concorrenti, come il Los Angeles Times e Outside.in.  Come che sia, conta generosamente 20.000 pagine viste per il primo mese, risultato che dovrebbe migliorare e attestarsi attorno alle 60.000 dopo sei mesi di vita del sito.

Non resta che fare i calcoli [usando i dati inferiori della forchetta dei salari]. Risultato: il primo mese il sito è in deficit di 4.000 dollari [3.000 euro] e registra un ‘formidabile’ attivo di… 33 dollari [25 euro] al sesto mese.

In breve, il modello economico di Patch.com sembra molto fragile, anche se l’ affluenza non sembra essere arrivata al tetto massimo prevedibile. Secondo Nielsen, nel giugno scorso la frequenza sull’ insieme dei siti di Patch.com era di 210.000 visitatori unici per mese. Cifre da rivedere naturalmente quando la rete sarà totalmente dispiegata. A questo punto bisogna sperare che ci siano altre risorse oltre alla sola pubblicità, a meno di non dover basarsi sull’ energia e su investimento personale di ciascuno dei giornalisti che animano questi micro-siti.

A lungo termine, questo sistema low cost non sembra sostenibile. Come dice più crudamente Mike Fourcher « il modello economico di AOL–Patch non ha senso » [AOL’s Patch revenue model make no sense].

La caduta del reddito di AOL

L’ economista specialista di media Ken Doctor difende sul sito Seeking Alpha il modello di informazione iperlocale scelto da Patch.comrimestre).

Il grafico qui sopra mostra la caduta del giro d’ affari di AOL fra il 2007 (ultimo trimestre) e 2010 (primo trimestre). Una curva che forse spiega perché Tim Armstrong ha cominciato a spostarsi verso la direzione dei contenuti.

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