Giornalisti (e giornali) ”comprati”
Un Rapporto realizzato per il Center for International Media Assistance (CIMA) denuncia la sottovalutazione del problema della corruzione nel giornalismo – ‘’ Siamo stati tanto impegnati a difendere i giornalisti da diventare troppo timidi nell’ analisi e nella denuncia di questo aspetto del nostro mestiere”, denuncia la Ricerca e indica una serie di misure per combattere ‘’il lato oscuro della professione’’ – Un ampio paragrafo viene dedicato alla situazione in Europa e Nord-America che risulta altrettanto – se non più - preoccupante rispetto al resto del pianeta.
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In Ghana un giornalista va a una conferenza stampa e nella cartellina trova una busta marrone con dentro un assegno per un valore di 20 dollari. Non si meraviglia, e alla fine dell’ incontro la infila in borsa e torna in redazione a scrivere il pezzo.
In Russia un’ agenzia di pubbliche relazioni manda in giro un falso comunicato relativo a una azienda inesistente. Tredici testate abboccano e si dicono disponibili a pubblicare la nota in forma di articolo, ma solo dietro pagamento di soldi, con richieste che vanno dai 120 ai 2.000 dollari.
Soldi per scrivere (o per non scrivere): è quello che Rosental Alves, direttore del Knight Center for Journalism in the Americas della University of Texas chiama ”il lato oscuro della professione” e che si verifica ogni giorno in ogni parte del mondo.
Il tema è al centro di ”Cash for Coverage:Bribery of Journalists Around the World”, un Rapporto che Bill Ristow, giornalista di Seattle ed esperto in formazione dei giornalisti, ha realizzato per il Center for International Media Assistance (CIMA), un progetto che fa capo al National Endowment for Democracy (NED).
Nell’ introduzione Ristow rileva come Alves sia fra le persone convinte che le organizzazioni dei giornalisti non abbiano fatto abbastanza per combattere la corruzione. ”Non è un tema di cui si occupano in molti – rileva Alves -. Siamo stati tanto impegnati a difendere i giornalisti da diventare troppo timidi nell’ analisi e nella denuncia di questo aspetto del nostro mestiere”.
Non solo i giornalisti e i loro editori accettano bustarelle per fare articoli su materiali truccati, ma spesso entrambi istigano ed estorcono soldi per pubblicare storie favorevoli a qualcuno o non pubblicare articoli che possano danneggiare qualcuno.
Il Rapporto naturalmente sottolinea come la corruzione nel mondo giornalistico non sia diffusa solo nei paesi in via di sviluppo, e un ampio paragrafo viene infatti dedicato alla situazione in Europa e Nord-America che risulta altrettanto – se non più - preoccupante rispetto al resto del pianeta.
Nonostante tutte le campagne organizzate per sostenere lo sviluppo dei media e difendere la libertà di stampa nel mondo, è stato fatto molto poco in maniera concertata per ridurre il problema della corruzione nel giornalismo – e quel poco che è stato fatto proviene da una fonte che piuò sorprendere un giornalista: i professionisti delle Pubbliche relazioni. Le loro associazioni internazionali hanno sponsorizzato le ricerche più approfondite mai fatte sulla questione, e sia in Erropa dell’ est che altrove la gente delle PR hanno cercato di lavorare insieme ai giornalisti per ripulire l’ industria delle notizie.
Alcuni, fra cui anche esperti nel campo della libertà di stampa con molta esperienza, ritengono che i difensori dei giornalisti debbano fronteggiare attacchi che provengono da così tanti lati che si sentono a disagio a criticare tutti gli aspetti dei media stessi, per quanto queste critiche siano ben meritate. Alves, tuttavia, è uno di quelli che sono convinti che puoi difendere la libertà di stampa e chiedere nello stesso tempo degli alti standard. E non è d’ accordo con la comune preoccupazione secondo cui il problema del giornalismo ‘comprato’ è così profondamente radicatol da diventare virtusalmente insolubile. ”Non penso che sia impossibile – dice -. E’ molto difficile, certo, ma i miglioramenti che si sono verificati mostrano che qualcoisa si può fare, basta cominciare ad agire”.
Sulla base di una serie di interviste a persone che hanno lottato contro lo spinoso problema della corruzione, l’ autore del Rapporto delinea le principali raccomandazioni per un’ azione che – afferma – possa fare la differenza nell’ impegno per ridurre questa macchia sulla professione giornalistica.
Le organizzazioni internazionali dei giornalisti dovrebbero:
â—â—Organizzare e sostenere dei vertici sul ‘giornalismo comprato’ chiamando anche rappresentanti delle PR ed esperti del settore.
â—â—Pubblicare regolarmente denunce che documentino come e in quali occasioni i giornalisti abbiano ricevuto-o-estorto soldi, in modo da dare un segno chiaro di coscienzsa di questo lato oscurto della professione
â—â—Fare un grosso lavorto di documentazione per pubblicizzare i livellki di corruzione dei giornalisti nelle varie parti del mondo, cosa che, senza dubbio, può avere un impatto positivo sull’ etica giornalistica.
Le organizzazioni per lo sviluppo dei media dovrebbero:
â—â—Aumentare il loro impegno nella formazione deontologica, riconoscendola come la base del successo buon giornalismo nell’ evoluzione dell’ ambiente mediatico, con un training specifico su come e perché evitare di prendere mazzette per il loro lavoro.
â—â—Sostenere la creazione e il rfforzamento di sistemi di affidabilità dei media, come ombudsmen e altri sistemi per potenziare la trasparenza del lavoro giornalistico.
Gli editori, i manager e i direttori dovrebbero:
â—â—Adottare, pubblocizzare e difendere una politica rigida di tolleranza zero poer ogni forma di ‘corruzione’, dalla semplice bustarella ai reporter al pagamento di pubblicità mascherata da notizie.
â—â—Rivedere le politiche salariali, comprendendo che che il salario può avere un impatto sull’ etica e può contribuire a rimuovere la scusa di bassi salari come causa della corruzione.
â—â—Avviare iniziative per creare un sistema di affidabilità interno, come la nomina di un ombudsman e l’ introduzione di relazioni di maggiore trasparenza con i propri lettori.
Gli addetti alle Pubbliche relazioni e le loro organizzazioni dovrebbero:
â—â—Non aspettare che siano i giornalisti a poroporre degli incontri sul tema. Li possono suggerire loro stessi, basandosi sulle ricerche che hanno sponsorizzato e sul lavoro che i loro membri hanno fatto intorno al mondo.
â—â—Incoraggiare i propri aderenti a praticare la tolleranza zero, evitando le facili scorciatoie di pagare nella speranza di ottenere degli articoli più favorevoli ai propri clienti, e aiutando questi ultimi ad ottenere gli stessi risultati senza nuocere ai loro affari.
Le Ong e le imprese dovrebbero:
â—â—Dire soltanto no! Gli esperti (e le imprese che lo hanno fatto)( confessano che è sorprendentemente facile bloccare la tendenza a pagare tutte queste bustarelle, grandi e piccole – se uno segue appieno questo programma: adottare una politica rigida contro le mazzette, metterlo per iscritto e renderlo pubblico, e attenersi ad essa in tutti i casi.