Google: algoritmi segreti, neutralità in dubbio

Google

Impossibile sapere se una posizione in classifica sul motore di ricerca possa essere determinata sulla base di criteri che tengono conto degli interessi commerciali di Google poiché l’ algoritmo di classificazione è segreto almeno quanto la formula della Coca-Cola – Come la neutralità della Rete condiziona il dispiegamento concreto della libertà di espressione, così la neutralità del motore di ricerca diventa una grossa questione di ordine politico, osserva Numerama.com – In Cina ad esempio, se Google favorisse i siti governativi, ritenendoli più credibili (o per altri motivi di ‘diplomazia’ internazionale e commerciale, aggiungiamo noi) e li piazzasse ai primi posti nelle classifiche, giocherebbe un ruolo politico essenziale, appoggiando di fatto la comunicazione ufficiale rispetto alle opinioni divergenti – Nuove inchieste su Mountain View

———-

Google ha confermato sul suo blog dedicato agli affari istituzionali di essere al centro di una inchiesta aperta dalla procura del Texas relativa alle pratiche di classificazione dei risultati nelle pagine proposte agli utenti. Cosa che, se l’ inchiesta andrà avanti, dovrebbe sollevare nuovamente il problema, sempre più pressante, della neutralità dei motori di ricerca. Una questione di grande rilevanza visto che numerose aziende dipendono in grandissima parte dal loro posizionamento su Google&c. per realizzare i loro fatturati.

L’ inchiesta – spiega  Numerama.com– è stata aperta dal procuratore del Texas, Greg Abott, dopo aver ricevuto le denuncie di tre aziende, che, secondo Google, sarebbero indirettamente legate a Microsoft,  sia sul piano finanziario sia perché condividono lo stesso avvocato, specializzato in materia antitrust. Si tratta di Foundem e MyTriggers (due siti specializzati nel confronto dei prezzi) e SourceTool (un annuario di aziende), che lamentano di essere state ingiustamente declassate nei risultati del motore di ricerca.

Ovviamente, Google ha accolto le denunce con tranquillità, scaricando le responsabilità all’ esterno e cercando di dimostrare che quelli non sono capaci nell’ ottimizzazione dei riferimenti,  quegli altri hanno dei contenuti privi di interesse, e gli altri ancora hanno perso traffico solo perché i loro server sono ‘collassati’.

Noi concentriamo la nostra attenzione sugli utenti, non sui siti. Visto che i siti non possono essere tutti ai primi posti nei risultati o apparire sulla prima pagina delle ricerche, non deve meravigliare che alcuni siti meno pertinenti e di qualità inferiore si lamentino della loro classifica”, sorride Google.

Il procedimento texano arriva a distanza di pochi mesi dall’ apertura da parte anche della Commissione Europea di una inchiesta preliminare contro Google, per sospette pratiche contrarie alla concorrenza.

Il problema – osserva Numerama – non è tanto sapere se un sito compaia o meno in una posizione inferiore a quella che risulta con gli altri motori di ricerca, cosa che è per definizione inevitabile. Quanto piuttosto sapere se quella posizione in classifica possa essere determinata sulla base di criteri che non tengono conto degli interessi commerciali di Google nel favorire i propri siti o quelli dei suoi partner. Ora, è molto difficile – se non impossibile – rispondere alla domanda, poiché l’ algoritmo di classificazione è segreto almeno quanto la formula della Coca-Cola.

Per difendersi Google ribadisce con estremo vigore di essere trasparente, ampliando sempre di più la sua comunicazione verso i webmaster e gli esperti di indicizzazione ma tacendo invece sulle questioni legate agli algoritmi (fra cui ad esempio il fatto che il suo algoritmo ignorava i tag delle parole chiave). Ma tutto si basa sulla fiducia accordata al marchio e l’ informazione resta assai incompleta.

D’ altra parte il lavoro di ottimizzazione dei motori di ricerca (SEO) oggi è ancora un’ arte piuttosto che una scienza e si basa sull’ esperienza acquisita da ciascun professionista, che impara a tentoni le modifiche che possono avere un effetto positivo e quelle che invece hanno un effetto negativo. Senza mai avere la minima certezza di starsi muovendo lungo la buona strada né di poter usare – e scoprire – delle soluzioni definitive.

L’ unica soluzione possibile per cancellare queste preoccupazioni sarebbe che Google rivelasse realmente il suo segreto, cosa che è però altamente improbabile visto che si tratta per l’ azienda di un vantaggio concorrenziale enorme. Tuttavia se Google desidera mantenere segreto il suo algoritmo, sarebbe meglio allora evitare i conflitti di interessi che alimentano i sospetti.

Quando Google era solo un motore di ricerca, con l’ unica funzione di classificare tutta l’ informazione e di renderla accessibile a tutti, il problema della sua neutralità non si poneva. Ma la casa di Mountain View si è evoluta trasformandosi sempre più in un editore di servizi online, concorrenti di quelli che lei stessa indicizza col suo motore di ricerca.

Abbiamo notato questa tendenza – rileva ancora Numerama – dall’ inizio del 2008 con Google Movies, un servizio di aggregazione di recensioni di film che è in concorrenza di altri srvizi analoghi, come per esempio, in Francia, Allociné. Il problema in seguito è diventato molto più frequente, ad esempio con You Tube, che è sempre in testa nelle classifiche dei risultati sui videocottenuti con Google, oppure con le notizie della France Presse ospitate sulle pagine di Google, con le mappe di Google Maps messe in cima quando si cerca una città, i libri con Google Books, e così via.

Non è sicuro, intanto, che la separazione del motore di ricerca e dei servizi di offerta di contenuti di Google, come è successo prima con il distacco da Windows di Internet Explorer, basti e sia pienamente sufficiente.

In realtà, come la neutralità della Rete condiziona il dispiegamento concreto della libertà di espressione, così la neutralità del motore di ricerca diventa una grossa questione di ordine politico.

Nel suo saggio Egocratie versus Démocratie (éditions Fyp, in uscita il 4 ottobre), Alban Martin spiega come i motori di ricerca abbiano un peso crescente nel funzionamento della democrazia. Lo si vede bene in Cina, dove le autorità vogliono un loro motore di ricerca. Su Internet, le opinioni ‘marginali’ o eccentriche, che non passerebbero mai il filtro della stampa tradizionale, possono in effetti guadagnare una esposizione mediatica e quindi una certa influenza se vengono ben indicizzate.

Ora, se Google favorisse per esempio i siti governativi, perché li ritenesse più credibili (o per altri motivi di ‘diplomazia’ internazionale e commerciale, aggiungiamo noi, ndr) e li piazzasse ai primi posti nelle classifiche, giocherebbe un ruolo politico essenziale, appoggiando di fatto la comunicazione ufficiale rispetto alle opinioni divergenti.

Il problema – conclude Numerama – è altrettanto importante in Francia (e lo stesso vale per gli altri paesi europei, ndr) dove Google rappresenta circa il 90% del mercato dei motori di ricerca.