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Come possiamo raccontare una storia in un modo diverso sfruttando la tecnologia che c’è e con la consapevolezza che è arrivato il tempo di farlo? Come mantenere l’energia e il rigore del giornalismo e realizzare qualcosa di diverso, consapevoli del fatto che non ci siano alternative nell’odierna crisi del giornalismo?
E’ partendo da questa domande che due ex giornalisti di Libération, Philippe Brault e David Dufresne hanno realizzato Prison Valley – The Prison Industry, un documentario su Canon City, una cittadina di 36 ila anime in cui ci sono 13 carceri, tra cui il “Supermaxâ€, la nuova Alcatraz d’America (vedi Lsdi, Prison Valley, un nuovo giornalismo è già in azione).
Prison Valley, che ha vinto qualche giorno fa il premio come miglior web documentario al Festival di Perpignan, è il risultato di un lavoro di squadra.
“Tutto ebbe inizio nel dicembre 2008, in un cafè di Parigi – racconta Philippe Brault, uno dei due autori, ad Eliseo Barbà ra in una intervista pubblicata sul suo blog, Not only Photography -, con una prima idea di realizzare un semplice slideshow aggiungendovi del sonoro. Precedentemente al primo viaggio (giugno 2009) abbiamo avuto lunghe e appassionate discussioni sul format interattivo da utilizzare con Alexandre Brachet, il nostro produttore, insieme ai development team della Upian e di Arte (ndr. produttori esecutori di Prison Valley). Siamo stati a Canon City, in Colorado, tra giugno e settembre 2009 e lanciato una versione pilota del sito a ottobre. Il documentario, nel suo formato tradizionale, è stato mostrato all’International Documentary Film Festival di Amsterdam e al Sheffield Festival in Gran Bretagna, a novembre. Qualche mese dopo, l’8 aprile 2010 a Parigi, abbiamo presentato la versione del web documentario alla stampa e il 21 aprile alle 19.17 Prison Valley era finalmente on lineâ€.
Nell’ intervista, in particolare, Brault racconta il cambiamento di punto di vista che ha dovuto adottare per passare dal piano tradizionale del fotogiornalista a quello dell’ autore di web documentario, che, afferma, costituiscono “il nuovo modo di raccontare una storiaâ€.
“Il web è un luogo di grande libertà – aggiunge -. E questo lo rende così eccitante. Tuttavia, non penso che i web documentari, da soli, possano salvare una professione indebolitaâ€.
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