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Molte testate oggi reinterpretano il motto secolare del New York Times – “All the news that’s fit to print†-, con â€All the news that’s fit to drive views,†(tutte le notizie che possono richiamare un’ occhiata, ndr) perché è proprio questa la pressione che viene esercitata su un numero crescente di giornalisti, racconta su ZDNet Tom Foremsky, ex commentatore del Financial Times ed esperto di Silicon Valley.
Io – racconta Foremsky – vengo pagato sulla base delle pagine viste su ZDNet, ma non mi metto certo a scegliere i temi dei miei articoli pensando alla loro potenziale popolarità . Ma questo non vale per molti altri colleghi, sottoposti a una costante pressione per accrescere il numero di pagine viste.
Sam Whitmore, a cui fa capo il Sam Whitmore’s Media Survey, un servizio di monitoraggio dei media che viene usato da molte agenzie di pubbliche relazioni, fa lezione a molti giornalisti nell’ ambito del suo lavoro.
Foremsky cita alcuni brani tratti dall’ ITMemos di Whitmore:
Attualmente è un lusso per un cronista scrivere un servizio su qualche vicenda importante ma nascosta. Un tempo era un requisito essenziale del buon giornalista. Ora è un rischio per la carriera.
Per esempio: ammettiamo che una interessante startup abbia una idea nuova. Molti reporter ora non l’ affronteranno perché a) l’ articolo potrebbe non generare pagine viste, e b) poche persone fanno ricerche di termini relativi a quella società . La resa potenziale in termini di SEO (Search Engine Optimization) ora è un fattore chiave per scegliere gli argomenti.
Due cronisti di due differenti testate mi hanno questo mese la stessa cosa: se vuoi scrivere un articolo su qualche vicenda interessante ma poco nota, è meglio che scrivi un secondo servizio sull’ iPad o Facebook o qualche altra cosa che porta pagine viste e un buon SEO.
Il ‘giornalismo delle pagine viste’ – osserva Foremsky – è una cattiva idea perché renderà la nostra società tanto più povera quanto meno articoli poco popolari ma importanti verranno scritti e discussi.
Il ‘giornalismo delle pagine viste’ implica anche che le piccole testate verranno buttate ai margini dai concorrenti più grossi. E con l’ attuale tsunami che c’ è nei media, se non vieni visto dai tuoi potenziali clienti, non esisti.
Ma la colpa non è dei giornalisti, è del management. Il management ora non fa altro che seguire quello che accade nell’ economia dell’ online. Il management invece non dovrebbe seguire ma cercare di anticipare i cambiamenti.
Il piccolo segreto ‘sporco’ della fissazione del giornalismo per le pagine viste, poi, è che il valore di ogni pagina vista è in calo perché il valore della pubblicità online sta diminuendo. Questo significa che si tratta di una strategia destinata a fallire. Le aziende giornalistiche hanno bisogno di adottare un modello economico con ricavi misti, quello che io chiamo un modello Heinz 57 (vedi Lsdi, Il citizen journalism un ossimoro o una definizione in codice di ‘contenuti gratis’?).
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In un mondo in cui i giornalisti vengono pagati sempre di più non per la qualità del loro lavoro ma per la quantità di traffico che i loro articoli attirano, tutto questo comporta un enorme rischio.
I giornalisti – conclude Foremsky – saranno tentati sempre di più a lavorare con quelle agenzie che li aiutano a costruire pagine viste. Per fortuna, le aziende di pubbliche relazioni non hanno ancora immaginato come indirizzare in maniera affidabile traffico verso uno specifico articolo se non sottoponendolo a Digg, ecc. Ma tutto questo potrà anche cambiare.