Una riflessione di Kevin Kelly su The Technology Review con l’ ausilio dei dati sulla “spesa cognitiva†totale su ciascuna tipologia di media – Più Internet continuerà a risucchiare il nostro tempo, più denaro si muoverà verso la rete – E, parallelamente, dato che l’attenzione scorre via dai media più tradizionali, anche i soldi si allontaneranno da loro – Ma nel frattempo editori, etichette musicali e studios cinematografici dovranno reinventarsi trasformandosi in macchine di gestione dell’ attenzione – I media hanno di fronte una grande opportunità : indovinate come gestire l’ attenzione verso YouTube o Twitter e avrete realizzato un grande business
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How Money Follows Attention—Eventually
di Kevin Kelly*
(traduzione di Stefania Cavalletto)
Non c’è mai stato un momento migliore di questo per un lettore, un ascoltatore, o un osservatore della creatività umana. Un esaltante fiume di libri, musica, film, giochi, applicazioni e creazioni mediatiche interattive si affolla davanti a noi. Ogni anno il fiume cresce – per volume, varietà e facilità d’accesso. In tutti i settori, oggi, i media sono ad un abbondante livello di piena.
Ma, mentre i consumatori non sono mai stati ‘serviti’ in maniera migliore, editori, catene televisive e radiofoniche, studios ed etichette musicali che producono questi contenuti temono – e non poco – che per loro si stia avvicinando la fine. Una volta che un capolavoro viene digitalizzato, i bit che lo costituiscono si riversano immediatamente in un fiume di dati a buon mercato che scorre velocemente, annullando la distinzione tra l’originale e la copia e distruggendo la logica del business che è dietro quella creazione. A peggiorare la situazione, questi piccoli segmenti digitalizzati spingono i dilettanti a mettersi in moto e a realizzare, vendere e distribuire ciò che loro stessi vorrebbero consumare.
Nulla fermerà il flusso di bit, naturalmente, ma ci sono buone ragioni per credere che alcuni degli intermediari tradizionali sopravviveranno e trarranno profitto da tutto ciò. I segreti dei nuovi modelli di business possono essere rivelati forse dai dati che mostrano come i soldi seguano l’unica scarsa risorsa che abbiamo: il nostro tempo e la nostra attenzione.
Nel mercato che si sta delineando, quello per cui si pagherà non sarà il contenuto stesso, ma la risposta a questa domanda: a cosa presterò attenzione nel futuro? Noi tutti abbiamo bisogno di un aiuto per destreggiarci nelle zone selvagge del digitale. Qualcuno, o qualcosa, deve scegliere o suggerirci all’orecchio per aiutarci a decidere. Queste entità possono essere filtri collaborativi, macchine di consigli, social networks, o leader di opinione come Rush o Oprah. Una volta rilanciate, le strutture che istituzionalmente curano il flusso dei media – ciò che chiamiamo editori, etichette, studios, reti televisive, magazine e giornali – riusciranno a sopravvivere solo se sapranno capire come unire le forze in quanto nuovi gestori dell’attenzione.
Se l’attenzione è la base della ricchezza in questa economia del digitale, allora i dati economici degli ultimi decenni dovrebbero indicare la presenza dei veri flussi di denaro laddove circola l’attenzione. E infatti è proprio quello che i dati mostrano.
Vediamo come tutto questo accade sulla base dei dati sulle entrate totali annuali di diverse piattaforme mediatiche nel corso del tempo.
GRAFICO 1**: Negli ultimi 15 anni le entrate della tv via cavo e via satellite sono aumentate mentre per gli altri media sono rimasti ‘piatti. I ricavi di Interne hanno registrato un grosso boom, ma negli ultimi anni la concorrenza ha provocato un calo.
Prendiamo ad esempio l’ industria dei quotidiani negli Stati Uniti: nel 1998 aveva un fatturato globale di 46 miliardi di dollari, che è rimasto più o meno uguale fino al 2007. Invece i ricavi del settore televisivo via satellite o via cavo sono saliti da 26 miliardi di dollari nel 1996 a 78 miliardi nel 2007. Durante questo periodo, la maggior parte delle altre piattaforme mediatiche sono rimaste sostanzialmente ‘ferme’. Tranne Internet, che ha registrato un grande boom economico, anche se la crescente competizione negli ultimi anni ha provocato un calo delle entrate.
Per quello che riguarda l’attenzione ho utilizzato i dati tratti dallo U.S. Statistical Abstract per calcolare la “spesa cognitiva†totale su ciascuna tipologia di media. L’americano medio dedica 1010 ore all’anno a guardare la tv via cavo e via satellite; il che significa che gli americani, nel complesso, nel 2007 hanno dato 305 miliardi di ore di attenzione a questi media. La tv via etere raccoglie 204 miliardi di ore – un po’ meno, ma si tratta comunque di un dato significativo. In totale, gli americani dedicano più di mezzo miliardo di ore di attenzione alla tv ogni anno. Salvo la radio, nessun altro mezzo si avvicina a quella cifra. Il tempo totale speso in Internet non è nemmeno paragonabile.
GRAFICO 2: La stragrande maggioranza delle ore di attenzione vanno alla televisione nella sua totalità , anche se il flusso si va spostando verso la tv via cavo e quella satellitare e allontanando dalla tv tradizionale. Ad alto livello anche la radio
Internet è sì uno svago minore rispetto alla tv, ma in veloce crescita, mentre la tv tradizionale sta lentamente calando. Se facciamo una tabella dell’ aumento dell’attenzione dedicata all’ online e delle entrate derivanti dall’ accesso al web, si vede che un andamento segue l’ altro (grafico 3). Allo stesso modo, il tracciato dell’attenzione dedicata ai quotidiani si riflette nel tracciato dei soldi ricavati da quella stessa industria.
GRAFICO 3: Soffermandosi su Internet e sui quotidiani, si nota che per entrambi questi media gli introiti sono correlati all’attenzione ricevuta.
Generalmente, in un dato canale mediatico, il denaro, alla fine, segue sicuramente l’attenzione. E questo suggerisce che più Internet continuerà a risucchiare il nostro tempo, più denaro si muoverà verso di esso. Ciò suggerisce anche che dato che l’attenzione scorre via dai media più tradizionali, i soldi infine si allontanano da loro. Ma nel frattempo editori, etichette musicali e studios cinematografici dovranno reinventarsi, muovendosi verso il crescente regno di Internet, e trovare un modo per generare e gestire l’attenzione.
Analizzando gli stessi dati in una prospettiva leggermente diversa si osserva però qualcosa d’ altro: non tutta l’ attenzione ha gli stessi effetti economici, una parte di essa diventa più economica. Mentre mezzo trilione di ore sono dedicate alla TV, questo medium realizza, in media, solo 20 centesimi di dollaro per ogni ora di visione. I quotidiani occupano una piccola fetta della nostra attenzione ma generano entrate maggiori per ogni ora spesa. E Internet sta aumentando in maniera rilevante le entrate totali che genera per ogni ora d’attenzione.
GRAFICO 4: La tv è il meno costoso tra i media in termini di reddito per ora di consumo. I media più costosi sono i libri e i quotidiani.
Mentre l’attenzione è l’unica cosa che abbiamo veramente da dare agli altri e l’unica limitata risorsa sulla quale abbiamo personalmente il controllo, in generale è un bene relativamente economico. L’attenzione è in parte poco costosa perché dobbiamo dispensarla ogni giorno. Non possiamo risparmiarla. Dobbiamo farne a meno attimo dopo attimo, in tempo reale. Dato che l’attenzione è tipicamente stimata meno di un dollaro all’ora, è necessario muoverne molta per fare soldi. Fortunatamente trilioni di ore di attenzione sottovalutata rimangono inutilizzate. Pensate al numero di ore che, nel mondo, vengono dedicate a YouTube, che ci ha messo degli anni prima di iniziare a produrre guadagni pubblicitari abbastanza grandi. E vogliamo parlare dell’impennata nel numero di ore che in un anno la gente spende su Twitter?
Ci sono solo pochi esempi di grandi bacini d’attenzione che non sono ancora stati monetizzati fino in fondo, almeno sino ad ora. Quindi, i media hanno di fronte una grande opportunità . Indovinate come gestire l’ attenzione verso YouTube o Twitter e avrete realizzato un grande business. Google è riuscita a creare una delle più colossali valorizzazioni di mercato canalizzando l’ attenzione sul web. L’unico interrogativo è su chi riuscirà a fare la stessa cosa per le altre nuove forme di media. Più intensamente la capacità di attenzione umana verrà scavata, raccolta, liberata, diversificata, e maggiore sarà la domanda di un modo interessante, intelligente o intuitivo per navigare in questa sovrabbondanza. Non c’è fine alle possibilità creative con cui l’attenzione può esser catturata, e non c’è fine alla ricchezza che può esser generata da coloro che la seguono.
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*Kevin Kelly è un collaboratore esterno di Wired e ha pubblicato il mese scorso, con Viking, What Technology Wants.
** Le immagini sono tratte dall’ articolo originale