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Prison Valley, un nuovo giornalismo è già in azione

Da ieri in rete un webdocumentario sull’ industria delle carceri in Usa realizzato da due ex giornalisti di Libération, che hanno trascorso più di un anno a indagare sulla vita nelle 13 prigioni di una piccola contea del Colorado, dove il 16% della popolazione è costituita da detenuti – Un grande esempio di “slow journalism”: interviste approfondite, narrazione ricca, multimediale e interattiva, una inchiesta coraggiosa, accattivante e informativa, lo definisce Eric Scherer, di Mediawatch

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“Slow journalism”, interviste approfondite, narrazione ricca, multimediale e interattiva, inchiesta coraggiosa, accattivante e informativa. Un nuovo giornalismo è già in azione.

E’ così che Eric Scherer, su Mediawatch, accoglie la ‘pubblicazione’ sul web di  “Prison Valley”, un web documentario sull’ industria della reclusione realizzato da David Dufresne e Philippe Brault per  il gruppo televisivo Arte e per Upian, un importante studio multimediale parigino..

Atteso da mesi (ne avevano già parlato a febbraio scorso Magzine.it e persino, con grande attenzione, il sito internet della Polizia penitenziaria), il web documentario è disponibile da ieri sulla Rete.

Al di là dei suoi contenuti, Prison Valley viene salutato da Scherer soprattutto per le sue grandissime potenzialità sul piano del nuovo giornalismo, “il giornalismo di domani, quello che bisogna aiutare, difendere e promuovere”.

Assolutamente non tradizionale nella sua narrazione, il suo design e la sua interattività, questa inchiesta sull’ industria del carcere in un angolo sperduto del Colorado, – osserva Scherer – è nello stesso tempo documentario, giornalismo e grande reportage.

“E’ allo stesso tempo un roadmovie participatvo e un webdocumentario o un progetto audio-visuale”, sintetizza Joël Ronez, responsabile del settore web di Arte France.

Gli autori sono due ex di Libération: David Dufresne e Philippe Brault (fotografo) hanno trascorso più di un anno a indagare sui protagonisti della vita nelle 13 prigioni di una piccola contea, dove il 16% della popolazione è costituita da detenuti.

Descrizione terribile di “SuperMax”, l’ Alcatraz delle Montagne Rocciose, dove sono rinchiusi, e con forti privazioni anche sensoriali, i prigionieri ritenuti i più pericolosi degli Stati Unit.

Il format web

La versione web di questo carnet di viaggio – continua Scherer – non è una declinazione della versione tv con degli ‘extra’, ma è stata affrontata come un mezzo a sé stante, dotato della sua specifica identità editoriale, combinando sequenze lineari e nuovi usi della Rete (link, condivisione, interattività), permettendo di assegnare all’ internauta un ruolo centrale.

Essa comprende un’ ora di racconto e un’ ora di contenuti addizionali, i cui codici grafici provengono spesso dai videogiochi.   Prison Valley è disponibile in inglese, francese e tedesco.

“E’ un esempio di un modo diverso e non più lineare di consumo dell’ informazione: l’ informazione non si legge o non si guarda più come prima” (David Dufresne)

Condivisione e interattività

Alcuni moduli del programma sono condivisi attraverso le reti sociali o per email. Una mezza dozzina di forum diversi sono stati organizzati e saranno moderati, fino alla fine di giugno, dagli autori sui vari temi evocati: la privazione sensoriale, la privatizzazione delle prigioni…

Altra novità: ogni giovedì, ad una determinata ora, è possibile per gli internauti contattare i protagonisti del documentario ed è tutta da verificare la reazione degli americani di Prison Valley.

Un blog è stato creato per l’ occasione, così come un  account Twitter , una pagina Facebook e una applicazione iPhone in inglese, gratuita.

Gli autori e i produttori sperano che Prison Valley si arricchirà col tempo con i commenti e i dibattiti che riuscirà a suscitare. Arte conta su 400.000 visite sul sito e un milione di video visti.


Il format TV? È un “reverse broadcasting!”

E’ un prodotto derivato dal format web! Un documentario di 59 minuti sarà diffuso il 12 giugno su Arte France.

Il format libro

Un volume ricavato dal questa esperienza sarà stampato e diffuso a settembre.

Costi e finanziamenti

Budget web : 230.000 €, di cui 70 K€ investiti da Arte, 70 K€  dallo studio multimediale parigino Upian e 90 K€ dal Centre National du Cinéma (CNC).

Il filmato tv di 59 mn è stato acquistato per  100 K€ 20 K€ da Arte, che spera di cedere i diritti a delle catene straniere.

Altri partner in Francia, Libération, Yahoo! e France Inter che ne diffonderanno dei brani.

Da segnalare anche che sarà un formidabile oggetto di consumo per l’iPad !

Il compenso per i giornalisti

Circa 30.000 € Ciascuno per quasi un anno e mezzo di lavoro.

Naturalmente, in futuro diritti d’ autore per la tv e il libro.

Il materiale

Un Canon EOS 5D e una camera leggera Panasonic. Sono state scattate e utilizzate migliaia e migliaia di foto.

Produrre delle emozioni sullo schermo di un computer

“Grazie al web abbiamo tanto spazio, molto tempo a disposizione e riusciamo ad ottenere più informazioni” (David Dufresne). “In 5 anni questo tipo di produzione sarà diffusa e quindi più facile da finanziare, soprattutto grazie ad accordi internazionali” (Joël Ronez).

“Il  web documentario è raccontare delle storie e produrre delle emozioni sullo schermo di un computer”, spiega Alexandre Brachet, il titolare di Upian. “E’ un lavoro lungo, che richiede un po’ di distacco e un punto di vista da autore, utilizzando tutti i nuovi strumenti del web. Bisogna saper impostare un sito, raccontare una storia e inventare dei processi”.

Upian e Arte avevano già firmato, alla fine del 2008, il web documentario Gaza Sderot, dando la parola alle comunità palestinesi e israeliane dale due parti del confine, qualche giorno prima dell’ offensiva su Gaza. Da quel web documentario, come ora, erano nati anche un libro e una versione per la televisione.

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